La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Occupy Central: Hong Kong chiede aiuto. Come rispondiamo?

Scritto da – 6 Novembre 2014 – 18:57Nessun commento

occupy hong kong“Penso che gli studenti delle diverse epoche storiche abbiano la responsabilità di rispondere alla chiamata del loro tempo: stare in prima linea nella battaglia per la democrazia. Se non saranno gli studenti a combattere, chi altri lo farà?” Queste le parole uscite dalla bocca di uno studente di 17 anni di fronte a migliaia di persone, ai piedi della sede del governo di Hong Kong. Si chiama Joshua Wong ed è il fondatore del gruppo studentesco Scholarism e il leader di Occupy Central with Love and Peace, il movimento nato per reclamare a Pechino il riconoscimento dei principali diritti democratici. Il 31 agosto scorso, a seguito di numerose proteste, il governo centrale ha introdotto il suffragio universale in vista delle elezioni del capo dell’amministrazione locale (Chief Executive) previste per il 2017. La riforma, tuttavia, prevede che gli elettori possano scegliere soltanto tra una rosa di candidati imposti dalle autorità governative. Dunque il 22 settembre i giovani universitari e liceali di Hong Kong si sono schierati contro questa insostenibile limitazione democratica, scendendo in tutte le vie principali della metropoli e chiedendo elezioni dirette senza mediazioni. Tra slogan e hashtags, le due parole che meglio riassumono la contestazione sono: “Democracy now”. Dopo un duro scontro con la polizia, il 29 settembre i manifestanti si sono organizzati unendosi in una vera e propria campagna contro il potere centrale. La protesta si è estesa e, pur essendo ostacolata dalla pressante censura delle istituzioni cinesi, la notizia è riuscita a evadere dai confini di Hong Kong.

Alla base di tutto si trova un malcontento comune che fonda le proprie radici in un terreno di miserevoli fattori socio-economici. Il movimento Occupy Central, in questo simile al precedente Occupy Wall Street, è figlio di un Paese in cui un terzo della popolazione vive in estrema povertà. Nel corso di alcune interviste diversi giovani neolaureati hanno parlato di oppressione fiscale, sfruttamento e abbassamento continuo dei salari, per i quali in molti si sono trovati costretti a emigrare all’estero. Conseguenze sociali disastrose dovute alla disfatta delle politiche neoliberiste attuate dal governo vigente. Ronald Coase, premio Nobel per l’economia, disse che “la Cina divenne capitalista cercando di modernizzare il socialismo”, facendo sì che pochi, in particolare banchieri e professionisti della finanza, si arricchissero sulle spalle di molti. La presenza di una criminalità organizzata in continuo aumento e la crescita esponenziale del clientelismo, diffuso in tutti i più importanti poli commerciali dello Stato, non ha certo migliorato la situazione.

Basta un minimo di coscienza storica per riconoscere a quali catastrofi hanno condotto quelle politiche che privilegiano l’accumulo di capitali e la finanza globale piuttosto che gli interessi dei cittadini. Così la classe studentesca cinese ha deciso che è arrivato il momento della svolta: una maggiore democrazia politica porta a una maggiore democrazia economica. Ovvero, senza un reale potere decisionale proveniente dal basso non è possibile conciliare sviluppo economico e garanzia dei diritti umani.
Da una parte i cortei di universitari e liceali esigono le dimissioni del governatore locale Leung Chun-ying, dall’altra continua l’azione violenta della polizia, le minacce, gli accordi tra istituzioni e Triadi, che prontamente scoraggiano le manifestazioni con la violenza.

“We stand united against China!” grida nei suoi discorsi pubblici Joshua Wong, che sta dimostrando un impegno civile fuori dal comune. Dopo un arresto e una detenzione di due giorni, è tornato in prima fila più combattivo di prima. “Lottiamo per quello di cui abbiamo bisogno. Spero che questa sia solo la prima di una lunga serie di azioni, a partire da Occupy Central fino al termine dell’anno.”

Ciò nonostante, malgrado l’occupazione continui, siamo ormai giunti al mese di novembre e la protesta negli ultimi giorni, dopo decine di arresti feriti e pestaggi, sembra essere arrivata a un punto morto. I tentativi di incontro tra i rappresentanti del movimento e gli esponenti del governo locale non hanno portato a una effettiva modifica delle norme elettorali. Forse i giovani studenti si dovranno rassegnare all’ipotesi di non raggiungere del tutto gli obiettivi che si erano stabiliti. E la responsabilità ricade tutta sui dirigenti politici, gli imprenditori, sulla classe medio-borghese che non hanno appoggiato a dovere (se non, addirittura, contrastato) il movimento. Numerose sono state le controproteste di tassisti e commercianti che si sono lamentati dei disordini provocati dai manifestanti e che in fin dei conti sono in linea con le decisioni di Pechino.

La democratizzazione della Cina comunista è un’idea che ancora non appartiene alla gran parte della società civile, assuefatta da un sistema corrotto e di apparente benessere che l’opinione pubblica teme di perdere.  Dopotutto, le rivoluzioni sono scomode.  Ma ci sono ancora speranze che Occupy Central rappresenti un primo passo verso il rinnovamento della Cina continentale? I giovani cinesi si sono rivolti direttamente alla comunità internazionale. La missione che si pongono è ambiziosa: in un video pubblicato su Youtube una ragazza, rivolgendosi a chi guarda dallo schermo, ha affermato: “Da cittadina di Hong Kong che è qui e vi parla, lo chiedo a tutti voi da tutte le parti del mondo: per favore, aiutateci. Siete nati con la possibilità di scegliere, con principi democratici, noi no. Per favore, aiutateci! Ne abbiamo bisogno, abbiamo bisogno di democrazia.”
È una richiesta d’aiuto, ed è rivolta a tutti noi. Nessuno escluso. Naturalmente, è bene sottolinearlo, la stampa italiana ha evitato di diffondere la notizia, fatta eccezione per qualche breve trafiletto qua e là in alcune Testate. Ecco che, ancora una volta, il web dimostra la sua varietà di contenuti e risposte.
Se ci fosse più consapevolezza, se noi studenti del Vecchio Continente coltivassimo una giusta sensibilità, un’informazione più fertile, se riacquistassimo un sincero orgoglio di classe studentesca (al di là delle solite dietrologie storico-politiche che facilmente scadono nella retorica) avremmo risposto da tempo al grido d’aiuto di quella ragazza. Se esistesse una qualche coscienza di gruppo, ora saremmo in piazza a dichiarare solidarietà ai nostri coetanei di Occupy Central, scriveremmo di loro sulle pagine dei nostri social network e sulle lavagne delle nostre aule scolastiche.  Più spesso dovremmo prendere esempio da quel che succede fuori dalle finestre delle nostre case. Informarci e informare riguardo questa realtà è il nostro primo dovere. E abbiamo moltissimo da imparare da quei migliaia di ragazzi che stanno resistendo per i loro diritti fondamentali, per i princìpi di libertà e democrazia che un tempo abbiamo conquistato anche noi, qui in Europa, e di cui sembriamo esserci proprio dimenticati.

Tornando alla voce del giovane diciassettenne Joshua Wong: “La campagna per la riforma elettorale e per la democrazia non appartiene soltanto alle figure politiche e ai partiti, appartiene anche agli studenti, che sono i portatori dei valori di domani, la chiave del futuro.”

Giuseppe Onelia


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