La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Umbrella Revolution: le manifestazioni di Hong Kong

Scritto da – 8 Ottobre 2014 – 15:53Nessun commento

Ombrelli contro manganelli e soprattutto contro i lacrimogeni della polizia: questo è lo scenario che si è profilato ad Hong Kong per oltre una settimana. In piazza soprattutto studenti, che chiedono più democrazia a un governo sordo a tutte queste giovani voci. Un governo i cui vertici sono scelti direttamente da Pechino. Le manifestazioni che scuotono la penisola sono proprio causati da queste imposizioni costanti del governo centrale su di una realtà molto lontana da quella della Cina comunista. Hong Kong in effetti ha una storia a parte. Colonia britannica dal 1846, ottenuta dagli inglesi in seguito alle guerre dell’oppio, è tornata all’agglomerato cinese solo pochi anni fa, nel 1997. Meta di immigrazione massiccia, è tra le regioni più densamente abitate della Cina. Proprio per queste caratteristiche, la regione e la sua città principale sono incredibilmente cosmopolite, con una spinta verso l’occidente che a Pechino fa drizzare le orecchie. Un’economia fiorente, un industria della stampa quasi insuperabile, dove la censura del regime arriva mitigata. Qui, negli ultimi anni, la popolazione ha alzato a più riprese la voce, e sempre in modo pacifico: per lottare contro una legge sulla sedizione che limitava enormemente le possibilità di protesta e più recentemente contro una proposta di tenere nelle scuole corsi di patriottismo cinese. Ma Hong Kong e Pechino hanno mentalità ben lontane tra loro, e proprio per questo la popolazione non vuole più essere retta da emissari della capitale cinese.

Polizia poco indulgente, anche se la folla è disarmata. La necessità di ripararsi dai lacrimogeni ha colorato le strade di ombrelli, trasformati in moderni scudi all’occasione; guardando le immagini, sembra di vedere l’avanzata di un esercito in un bizzarro film sui grandi eserciti del passato.

Nelle strade di Hong Kong gli studenti si affollano per rivendicare a gran voce il diritto di suffragio universale. All’ultima riunione dello Standing Committee of National People’s Congress, il 28 settembre, si è deliberato sulla possibilità di libere votazioni per le elezioni 2017. Il suffragio universale è stato approvato con l’eccezione della carica più alta della Regione amministrativa speciale di Hong Kong quella di Chief executive attualmente occupata da Leung Chung-ying. Il capo di stato continuerà ad essere eletto direttamente da Pechino.

In tutto questo si inserisce il movimento trainante della rivolta pacifica: Occupy Central. Questo movimento si è attivato in occasione della decisione dello Standing Committee. Ma la sua vita inizia nel 2013, quando il professore di legge promette che se la decisione della commissione fosse andata conto la Legge fondamentale (un lascito degli inglesi, che pone come condizioni per la restituzione di Hong Kong alla Cina l’elezione del capo di stato a discrezione della regione e non di Pechino) avrebbe creato un movimento pacifico per manifestare. In attesa della data del 1 ottobre (festa della Repubblica Popolare Cinese), Occupy Central e i movimenti studenteschi hanno organizzato per Hong Kong incontri, dibattiti, spazi di confronto per orientare meglio l’azione dei gruppi e per diffondere le loro idee. Democrazia per avere democrazia. Il movimento ha però iniziato ad agire strade in anticipo, per coordinarsi agli studenti che si sono mobilitati il 28 settembre.

In questa prospettiva il prevenuto capo del Governo Leung Chung-ying già era convinto che le manifestazioni sarebbero sfociate in violenza. Non prendendo in considerazione, già molti mesi prima, alcuna alternativa, anche se nessun movimento (per altro, non ancora esistente) aveva minimamente accennato ad intenzioni bellicose.

In questi giorni le due parti sembrano due muri, ed anche se ciascuno afferma di essere aperto a concessioni, in realtà ad Hong Kong si è ben lontani dal raggiungere un accordo. Migliaia di studenti bloccano ancora le arterie centrali della città. Promettono di lasciare i punti nevralgici se si permetterà di aprire inchieste sulle violenze della scorsa settimana. Vi sono stati incontri con alcuni rappresentanti del governo, ma restano sterili e poco convinti tentativi di contrattazione. Se il governo continuerà a non ascoltare, deve prendere in conto di avere davanti un movimento organizzato e molto determinato nel raggiungere i propri obiettivi e soprattutto che ha dalla sua parte la mancanza di ricorso alla violenza, cosa che sicuramente giocherà a suo favore sul piano internazionale.

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