La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Roma, chiude lo storico “Cinema Metropolitan”

Scritto da – 8 Gennaio 2011 – 06:333 commenti

2010. Si chiude un anno difficile, da cui la cultura esce mortificata, strangolata da una finanziaria che offende e necrotizza dei settori strategici per il futuro del paese. La scure dei tagli si è infatti abbattuta su musei e istituzioni culturali, sulla ricerca e sull’istruzione, imponendo un’attenta riflessione in merito alle risorse, pubbliche e private, da destinare a realtà spesso già penalizzate dalla cinica logica del profitto.
La stessa efferata logica ha fatto sì che lo scorso 29 dicembre si consumasse l’ennesimo triste episodio per il mondo della cultura. Uno dei cinema più antichi della capitale, il “Metropolitan”, ha infatti chiuso i battenti, in anticipo rispetto a quanto annunciato (la chiusura era prevista per il 9 gennaio). “Si informa la gentile clientela che il cinema Metropolitan interrompe la propria attività per finita locazione”: sa di necrologio l’enorme cartello bianco che un macchinista ha affisso fuori dalla sala alle quattro del mattino. Millesima vittima di un anno crudele, macchiatosi già di numerosi delitti.
Proprio quest’anno la storica sala avrebbe festeggiato il suo centenario. Sito all’inizio di via del corso, tra Santa Maria in Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, il cinema Metropolitan nacque infatti nel 1911. Proprietà Furlan e Salomoni, ditta di esercenti fiorentini fondata nel 1907, si chiamava inizialmente “Cinema Teatro Americano”. Da subito ospitò la filiale romana della SIGLA (Società Italiana Gustavo Lombardo Anonima), società fondata a Napoli il 3 dicembre 1910, da Gustavo Lombardo; pioniere dell’industria cinematografica italiana, Lombardo si adoperò nel vano tentativo di consorziare le maggiori case di produzione e di distribuzione dell’Italia centro-meridionale. Prima che venisse battezzato, nel marzo 1948, con il nome “Metropolitan”, il “Teatro Cinema Americano” fu poi chiamato “Cinema Gioia”. Costituiva in effetti una gioia per quanti non potevano permettersi il biglietto per un film in prima visione: detto “pidocchietto”, trasmetteva pellicole in seconda e terza visione, regalando a grandi e piccini sogni lunghi poco più di un’ora.
Con la chiusura del “Metropolitan”, Roma perde dunque una sala ricca di storia e di ricordi. Ma non solo. Il celebre cinema era infatti uno dei pochi con programmazione in lingua originale. Frequentato dai turisti e dagli amanti del cinema tout court, grazie alla presenza dei sottotitoli, permetteva inoltre ai non udenti di godere dei piaceri che solo quest’arte sa dispensare. Da mesi ormai si vociferava in merito alla cessazione dell’attività: le mura sono infatti proprietà della Fininvest Immobiliare, che ha venduto la multisala a una società italiana (a Benetton, secondo alcune voci), per circa trenta milioni di euro. Negli ultimi anni, tra piazza del popolo e piazza Venezia ben quattro sale hanno spento i proiettori: l’“Étoile”, prima “Cinema Corso”, in passato proprietà di Roberto Rossellini, il “Majestic”, il “Capranica” e il “Capranichetta”. Questi spazi immensi e monumentali sono riservati ora a congressi parlamentari, mostre, mercati e spettacoli lirici. Se lo spazio del cinema “Metropolitan” venisse liberalizzato, il locale potrebbe ospitare l’ennesima -e superflua- galleria commerciale, immagine di una città e di una (non)cultura non più disposte a tutelare il patrimonio artistico e territoriale che le ha rese grandi.
Naturalmente non sono mancate le proteste: lo scorso 30 dicembre, a poco più di ventiquattr’ore dall’affissione del gelido cartello, un gruppo di cittadini si è dato appuntamento in via del corso, davanti alle porte sbarrate. “Metropolitan per una notte”, questo il nome dell’evento: un piccolo schermo, un proiettore e qualche sedia hanno ricordato la bellezza e la semplicità di un arte sempre più bistrattata di fronte agli interessi di mercato. Per l’occorrenza, è stata scelta una pellicola d’eccellenza: “I soliti ignoti” di Mario Monicelli, altra grande perdita di questo feroce 2010.
Sanno di profezia le parole pronunciate dal grande maestro nell’ormai lontano 1991, in occasione della consegna del Leone d’Oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia: “Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente”. Parole certamente provocatorie, ricche di amarezza per un paese ormai smarrito.

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3 commenti »

  • cirello ha detto:

    Ieri sera ho finalmente visto Shutter Island e Scorsese – viva Scorsese! – ti fa venire voglia di andare al cinema. E in questi giorni c’è Eastwood, ad esempio. Allora controllo, apro giornale e siti per cercare l’orario, appurarmi – al solito – che sia proiettato in lingua originale e una volta sicuro, per evitare le fregature già sul groppone, di quelle che “si declina ogni responsabilità per variazioni di programmazione e orari non comunicati”, concludere con una telefonata in via del Corso, giusto per fugare ogni dubbio. Perché io e il Metropolitan (al limite insieme a qualche coppia di lingua inglese nelle ultime file) ci siamo voluti bene in quei pomeriggi solitari, quando ci abbracciavamo su quelle calde, comodissime e attraenti poltrone blu notte (superiori a quelle, color ruggine, della sala Volpi di Venezia, che dormite durante de Oliveira!) che guardavano dall’alto l’unicità di quella barra poggia piedi, fedele amica non solo delle mosche da bar. E’ vero che dopo il caffè ci ritrovavamo sempre in pochi, però a volte, almeno di sera, immaginavo, povero illuso, che la cricca di emo appollaiati sugli scalini di Santa Maria dei Miracoli o le moltitudini che affollano Messaggeri Musicali per un autografo di Marco Carta, potessero riempirlo di tanto in tanto. E invece, evidentemente, non accadeva. Ok, ne ero a conoscenza. Avevo firmato quello scudo di carta che sono le petizioni on line ma non pensavo potesse accadere così in fretta. La morte, dico. Così mi accorgo che è successo, lo scorso 29 dicembre. Il Metropolitan non c’è più. O meglio, non respira. Allora scorrono (eccome se scorrono) quei pomeriggi in cui entravi con la luce e ne uscivi col buio, incontrando, con un po’ di fortuna, il sassofonista di Piazza del Popolo, magari con in testa il lascito delirante di Lynch. Scott, Eastwood, Coppola (che trip il redux di Apocalypse) dove vi andrò a scovare adesso? Amaro. Sento parecchio amaro in tutto questo. Violento come lo zucchero. Così, a pensarci, a poter scegliere il sipario della chiusura, verso la quale poco si può con gli scudi di carta di cui sopra, avrei preferito una cosa tipo Blade Runner, Otto e mezzo. O L’Appartamento. E invece il mio addio è stato The Social Network. Bello sì. Ma va beh.

  • de captcher ha detto:

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