La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Fini, accostare o cambiare marcia

Scritto da – 7 Gennaio 2011 – 12:15Un commento

Qualche tempo fa, la presa di coscienza, a livello nazionale, della nascita di una nuova destra liberale, laica e repubblicana iniziava da un dialogo fra Andrea Camilleri, scrittore da sempre impegnato a sinistra, e Fabio Granata, l’allora deputato siciliano del Pdl, ma già appartenente all’area finiana. Camilleri chiedeva, con aria sprezzante: “Trovo apprezzabili molte vostre prese di posizione, ma quale margine di manovra avete davvero? Voi che vi presentate come destra costituzionale state ancora, volenti o nolenti, nello stesso gruppo parlamentare che ad esempio approverà il processo breve, che approverà la legge sulle intercettazioni, che approverà il lodo Alfano-tris, Alfano-quater e tutte queste cose qui. Su queste cose Berlusconi non tratta e non tratterà mai. Voi dite: lavoriamo per una prospettiva futura. Ma questi qui il paese lo stanno distruggendo oggi, non nel futuro.” A questo quesito, con fare sornione, il deputato di Fli rispondeva: “Si vedrà se le approverà… noi voteremo contro, anche se sulle leggi sarà posta la questione di fiducia… fino al punto di far cadere il governo”. Inutile ricordare che senza il diniego del gruppo di Futuro e Libertà sarebbero già legge il processo breve e il ddl sulle intercettazioni. La recente messa in crisi del Governo del fare, inteso come il “fare affari”, è stata opera esclusiva del neonato partito di Fli, che, piaccia o meno, in poco più di due mesi di vita è riuscito a fare quello che il centro-sinistra non ha mai voluto fare in sedici anni, ovvero scombinare quasi tutti i piani di fuga del Cavaliere. Fuga da cosa? Dalla magistratura. Attenzione, diciamo “non ha mai voluto” piuttosto che “non è mai riuscita a fare”, perché “la stupidità della sinistra” (utilizzando un’eloquente espressione di Paolo Flores d’Arcais) non ha limiti. Intendiamoci, non quella degli elettori, molto più in gamba della classe dirigente (o digerente) chi li rappresenta; ci riferiamo piuttosto proprio a quest’ultima. Basti citare un solo caso: nel 1996, una volta caduto, dopo solo otto mesi di governo, il primo mandato di Berlusconi (per opera della Lega di Bossi), invece di stabilire una legge sul “conflitto d’interessi” e combattere il monopolio televisivo del sultano di Arcore (o Hardcore), la sinistra fa esattamente l’opposto. A un Berlusconi finito, il nuovo segretario dell’ex-Pci, Massimo D’Alema, propone di riscrivere insieme la Costituzione, benché sia una delle migliori del mondo. È eloquente il fatto che con l’esplodere di mille scandali, che hanno fatto precipitare il governo Berlusconi nei sondaggi, il Partito democratico, cioè il maggior partito di opposizione (o per meglio dire: di posizione diversamente concorda), non guadagna nulla, anzi. Il Gianfranco Fini che ora ha rotto definitivamente con Berlusconi e col suo stesso passato, rappresenta esattamente il progetto di dar vita in Italia a una destra conservatrice di stampo europeo. La sua decisione è maturata in lunghi anni. Troppi, certamente. Ma “Fini e il pugno di dirigenti che lo hanno seguito venivano dal fascismo, è bene non dimenticarlo, e una conversione autentica dagli “eia eia alalà” alla democrazia liberale non avviene con la rapidità di una caduta da cavallo sulla via di Damasco”. D’altronde lo disse già Giuseppe Prezzolini, quando pubblicò il Manifesto dei Conservatori (1972): “il Vero Conservatore accetta la necessità di cambiamenti politici, poiché la storia è cambiamento continuo; ma vuole che il cambiamento avvenga con prudenza, con calma, con successivi e tempestivi gradi”. Prezzolini, però – e questo va a suo favore e provoca da parte nostra un certo sentimento di invidia – non immaginava di certo in quali mani indegne si sarebbe messa la politica italiana dopo la sua morte. Volendo essere onesti fino in fondo, è bene ricordare anche un’altra cosa, e cioè che è sempre facile dissociarsi da chi non conta nulla, mentre è cosa rara e pregevole discostarsi dal regime mentre questo è ancora in auge, benché in agonia. E sappiamo quante sono le poltrone ministeriali lasciate vuote dai finiani. Già Indro Montanelli, anarco-conservatore di destra la cui storia professionale comunque nulla ha a che vedere con la modestissima storia politica del Presidente della Camera, fu costretto più volte a ripetere, a chi lo stuzzicava sulla sua presunta conversione alla sinistra, che “al nemico, caro signore, si passa quando il nemico vince, non quando perde”. Ma questo è inutile spiegarlo a Sallusti, il quale è ancora convinto, bontà sua, che il ribaltone lo ha fatto Fini e non Scilipoti & Co. Consideriamo per un attimo una cosa: il fatto che per abitudine e forza d’inerzia parliamo di “destra” anche in Italia, benché una tale forza politica, nel senso europeo del termine, da noi non esista proprio. “Destra” ha voluto dire, dalla fine della guerra ad oggi, Churchill e De Gaulle, Thatcher e Chirac, e in Germania una tradizione che va da Adenauer a Kohl e infine ad Angela Merkel (il “centro” non esiste). C’è qualche traccia dei valori e dei comportamenti di queste personalità che si possa individuare in Silvio Berlusconi e nei suoi quasi vent’anni di attività politica? Neppure col microscopio a scansione elettronica. “Destra” in Europa ha significato e significa partiti di orientamento liberal-conservatore che insistono fin quasi all’ossessione sul senso dello Stato e delle istituzioni, sull’unità della Nazione (sempre maiuscola), sulla riaffermazione intransigente e addirittura punitiva della legalità (che cosa c’è di più giustizialista della politica che sbandiera “law and order”?). In campo economico le posizioni sono più variegate, dal liberismo “duro e puro” della signora Thatcher ai corposi innesti di solidarismo della Cdu, fino al vero e proprio coté sociale e spesso statalista del gollismo, ma comune è l’ostilità di principio ai monopoli privati (abc ovvio e intrattabile di ogni liberismo).” Detto questo, il punto è: Fini può riuscire nell’impresa di gettare le basi di una destra “normale”? Se pensiamo ai vari F. Granata, F. Perina, A. Napoli si direbbe di sì. Se pensiamo ai Bocchino, i Barbareschi e gli Urso, si direbbe di no. Se pensiamo al fatto che grazie a Futuro e Libertà i ddl su processo breve e intercettazioni sono carta straccia, si direbbe, di nuovo, di sì. Se pensiamo alla frase del leader di Fli, “La riforma Gelmini è la migliore riforma fatta da questo governo”, e alle successive approvazioni al ddl (ora legge dello Stato), si direbbe proprio di no. Se pensiamo, ancora, all’ingenuità imperdonabile con cui è stata tardivamente presentata la mozione di sfiducia all’esecutivo, annunciata con un mese di anticipo, dando al Cavaliere tutto il tempo di comprarsi i deputati, si direbbe nuovamente di no. E allora, caro Gianfranco, decidi quale linea politica intraprendere, e fallo in fretta. Un’alternativa, forse, è fare come il geniale Cavour, il quale, sebbene fosse un ammiratore del parlamentarismo inglese, giunse al potere e lo mantenne attraverso una formula politica, il “connubio”, sconosciuto agli altri sistemi parlamentari. Questo si basava non su un’alternanza fra diversi partiti ma piuttosto su eterogenee e contingenti maggioranze centriste. In altri termini, ben venga anche quell’intruglio di cose che avete chiamato Polo della Nazione. Ma non basta. Per battere definitivamente l’anomalia berlusconiana c’è bisogno di tutti, anche delle forze del centro-sinistra. Ci vorrebbe un bel “Comitato di Liberazione Nazionale da Berlusconi”, come suggeriva Travaglio. E al diavolo le contese, le invidie e i giochi di convenienza tra i partiti. Del resto, Fli non è che una tappa intermedia, un passaggio obbligato per approdare verso una destra finalmente laica, liberale e riformista. E Fini, forse, non è che un traghettatore. Di certo, non è Churchill.

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