La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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sFiniti. Scissione definitiva nella formazione di maggioranza

Scritto da – 3 Settembre 2010 – 06:25Nessun commento

“Bizzarro popolo gli italiani”, disse un giorno Winston Churchill. E come dargli torto, sempre pronti a dimenticare il passato e a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti davanti a loro. Bizzarro popolo gli italiani, quando solo un paio di mesi fà il palco della Direzione nazionale del Pdl, il partito dell’amore, si traformava in un ring dove si davano battaglia i due co-fondatori del partito, Berlusconi e Fini. L’amore scompariva quasi subito quando sul palco saliva il “traditore”, il “compagno” Gianfranco. Il presidente della Camera osò parlare di giustizia malata, razzismo latente, conflitto di interessi. Parole proibite all’interno del partito, e di conseguenza l’evento si trasformò in rissa mediatica, rovinando la coreografia del cavaliere, studiata nei minimi dettagli. Già allora, l’ex leader di An, si lamentò di trattamenti mediatici poco simpatici, non immaginando di certo quel che stava preparando contro di lui la squadra di Berlusconi e soprattutto il giornale di sua proprietà: “Il Giornale”, appunto. Un attacco politico in piena regola portato avanti da Feltri e compari, in piena estate: si tratta del cosìdetto “scandalo Fini-Montecarlo” che, è bene ricordarlo, non riguarda né beni né soldi pubblici. La “ratio” del presunto scandalo starebbe quindi nel fatto che la società che acquistò l’alloggio da An, l’affittò in seguito al quasi-cognato di Fini. E’ uno scandalo ad orologeria, che esplode quando ormai Berlusconi è certo che la frattura con i finiani è insanabile, quindi bisogna attaccare con ogni mezzo per tentare di demolire i “falchi” che si annidano nella maggioranza. Tra le due fazioni inizia un botta e risposta feroce, il clima si scalda e non solo per la calura estiva. Il premier chiede le dimissioni di Fini. Cicchitto da Orvieto, in un colloquio pubblico con Alemanno spara: “A guidare Montecitorio c’è il capo dell’opposizione”. Granata dall’altra parte risponde: “Mi chiedo se ha senso rimanere con gente così”. Bocchino, sulla vicenda della casa monegasca afferma:” Berlusconi invece farebbe bene a spiegare come ha acquistato la villa dei Casati-Stampa”. Fini spiegherà poi il suo ruolo nella vicenda . Intanto la maggioranza si dissolve, il governo traballa e il voto su Caliendo alla Camera celebra la nascita di un nuovo gruppo parlamentare: Futuro e Libertà per l’Italia, che conta 34 deputati e 12 senatori ( ma c’è da credere che il premier tenterà sino all’ultimo di sfilare qualche uomo a Fini. La campagna acquisti è iniziata, aspettando Ibrahimovic). Ora si fanno ipotesi di “terzo polo”(Fli e Udc) mentre da più parti si invoca lo scioglimento delle Camere. La Lega vuole le elezioni subito, forte della propria inarrestabile e preoccupante ascesa. Seguono Pd (ansioso di scoprire quanti voti ha perso dalle ultime elezioni) e Di Pietro. In realtà determinante sarà ancora una volta la volontà di Berlusconi, anche lui vorrebbe andare subito alle urne. Sa bene che Fini ha bisogno di tempo, almeno un anno, per organizzare sul territorio il suo nuovo partito, e per questo vorrebbe “ammazzarlo” finchè questo “sta nella culla”. Ma ha paura di pagare a caro prezzo gli scandali, e soprattutto teme la Lega. Probabile che andrà a finire in un certo modo, e cioè: i finiani, facendo trascorrere il tempo, a settembre voteranno i cinque punti del programma sui quali Berlusconi chiederà la fiducia e il tira e molla andrà avanti. Finchè il cavaliere non deciderà che è arrivato il momento di andare a votare. Quel che è certo è che gli italiani sembrano ormai essere sfiniti , di una politica che parla poco di politica, di partiti mangia-soldi e sempre di più centri di occupazione e affiliazione, di discorsi e dibattiti lontani anni luce dagli effettivi bisogni del popolo. Certamente siamo in piena fase di smantellamento della nostra già traballante democrazia, basti pensare all’accumulo costante di privilegi della nostra classe dirigente ( o digerente), al divario sempre più incolmabile tra i ricchi, sempre più ricchi, e i poveri, sempre più poveri. Basti pensare ai continui attacchi portati alla nostra Costituzione repubblicana da parte di politici che, in larga parte, come documentato dal programma “Le Iene”, non l’hanno mai letta. D’altronde lo affermava già Alexis De Tocqueville: ” Se un potere dispotico si insediasse nei paesi democratici, esso avrebbe certamente caratteristiche diverse che nel passato; sarebbe più esteso ma più sopportabile, e degraderebbe gli uomini senza tormentarli. Un sistema che potrebbe sembrare paterno ma che al contrario cercherebbe di fissare gli uomini alla loro infanzia, preferendo che si divertano piuttosto che pensare”. Sembra un’affermazione scritta l’altro ieri, specchiandosi in maniera perfetta con l’Italia berlusconiana. Invece è datata 1840. Certo non sarà proprio un nuovo “fascismo” quello che sembra spettarci, ma qualcosa di molto simile. Anche se Giorgio Bocca parla proprio di fascismo quando nel suo libro “Annus Horribilis” ci “tranquillizza” dicendoci che un pò è già tornato, “che la formazione in atto del nuovo regime la capisci dall’astio, dalla voglia di diffamazione, dal desiderio incontrollabile di mettere a tacere chi si oppone al nuovo ordine”. Una destra che è esattamente l’antitesi della destra storica italiana. La destra del ciarpame alla quale contrapporne un’altra, quella magari mitologica, magari irraggiungibile, ma da assumere come punto di riferimento, come morale più che come idea o ideologia. Quella “destra fatta di valori quali il senso dello stato, la laicità, il rigore economico e morale, la meritocrazia, la buona amministrazione, la sobrietà, il senso del dovere e della misura, la serietà, la dignità, la coerenza, la correttezza, il libero mercato contro ogni monopolio o oligopolio, l’intransigenza e la legalità, cioè in definitiva la giustizia e la legge uguale per tutti”(Travaglio). Una destra che abbia nella Costituzione il suo unico faro, insomma quella di Borsellino e non quella di Mangano. Se sia anche la destra di Gianfranco Fini, questo lo dirà il futuro. Certamente ora non sembra più un miraggio la nascita di una destra civile, repubblica, liberale e moderna. Fondazioni come FareFuturo cominciano a farsi strada. Mentre confortano e al tempo stesso fanno pensare le parole di Fabio Granata, finiano doc: “Da questo conflitto il centrodestra rinasce oppure è destinato a finire”. Più in generale, ci chiediamo se sarà possibile vedere una politica al passo con i tempi, che possibilmente non intraprenda strade, come il nucleare, proprio mentre tutte le altre potenze mondiali abbandonano quelle strade, passando ad altre forme di energia rinnovabili meno costose e soprattutto meno nocive. Non resta che scendere in campo, o magari scendere in piazza vestiti di viola, ribellandosi ad un sistema che semplicemente non conviene a noi come cittadini, se proprio si vuole lasciare da parte ogni moralismo. Non ci resta che colmare un preoccupante vuoto culturale che questo sistema ha certamente ingigantito, quasi utilizzando come proprio motto la frase del nazista Goebbels:” Quando sento la parola cultura metto mano alla pistola”. Questo è possibile, grazie all’enorme aiuto della rete, che ci permette di aggirare l’ostacolo sempre più alto dell’informazione televisiva imbavagliata; è possibile grazie ad un naturale ricambio generazionale della nostra classe dirigente, a condizione però che quella futura sia immune proprio da quel vuoto culturale che ci attanaglia oggi. E possibilmente mettere fine in gran fretta al furto pubblico dei partiti che continua grazie al finanziamento pubblico chiamato impropriamente “rimborso per le spese elettorali” o “sovvenzionamenti per l’editoria”, nonostante il 18 aprile del 1993 con referendum popolare gli italiani dissero: noi non vogliamo più che i partiti prendano una lira di denaro pubblico. Un furto legalizzato che avrebbe fatto inorridire il primo grande politico della destra italiana, quel Camillo Benso Conte di Cavour che in una lettera ad Urbano Rattazzi confessava il proprio imbarazzo per aver ricevuto in regalo una trota pescata in acque demaniali, dunque di proprietà pubblica.  Oppure quando il banchiere Rothschild gli propose una speculazione finanziaria sui titoli di certe ferrovie. Cavour lo ringraziò come amico, ma lo diffidò, essendo presidente del consiglio, dal fargli proposte che contenessero un così lampante conflitto d’interessi.

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