L’Amore oltre il cancro: colpa delle stelle
“La colpa, caro Bruto, non è nelle stelle, ma in noi stessi, se siamo schiavi”. – Shakespeare . Prende il nome da questa celebre frase del Giulio Cesare di Shakespeare, il libro di John Green, Colpa delle Stelle.
Prima di questo romanzo, Green aveva pubblicato una manciata – cinque, per la precisione – di romanzi di successo, tanto da diventare un bestselling author del NY Times e vincere premi come il Pritz e l’Edgar e altri onori di vario tipo. In Italia sono stati tradotti anche Cercando Alaska, Teorema Catherine e Città di Carta, ma nessuno di questi aveva mai portato così tanta luce sul suo nome, nella nostra piccola penisola. Vuoi perché siamo gente che si affeziona alle storie drammatiche, vuoi perché una storia come quella di Hazel e Augustus non può non lasciare il segno, ora Green è sulla bocca di un pubblico che chiamare numeroso sembra un eufemismo. Ma qualche cenno sulla vicenda, per permettere a questo libro di entrare nel cuore di chi ancora non ne avesse mai sentito parlare.
Hazel Grace Lancaster è un’adolescente americana di sedici anni che a tredici ha scoperto di avere un cancro alla tiroide al quarto stadio. Sembrava essere spacciata, ma tramite la somministrazione di un farmaco sperimentale – il Phalanxifor, inventato da Green – è riuscita a sopravvivere. La sua è la vita di una persona che lotta silenziosamente, i cui polmoni non vogliono sapere di cavarsela da soli. Hazel infatti porta tutto il giorno l’ossigeno con sé e dorme attaccata a una macchina che controlla e aiuta il suo respiro. Detto questo, l’incipit del romanzo è a proposito della depressione nei ragazzi colpiti dal cancro: i suoi genitori sono convinti che lei sia depressa e la costringono a frequentare un Gruppo di Supporto composto da un altro mucchietto di ragazzini affetti da tumori di vario tipo. Ed è lì che fa la conoscenza di Augustus Waters, una specie d’incrocio tra Leonardo di Caprio da giovane e un modello di Abercrombie, col carattere brillante di un uomo nel pieno dell’età adulta. Unica piccola nota dolente è la mancanza di una gamba, che il giovane ha perso a causa del suo cancro, Osteosarcoma, un’asportazione necessaria per vivere altri anni accanto alla sua famiglia.
I due si conoscono, si piacciono e si capiscono, cosa che per due adolescenti normali può apparire semplice, ma che non lo è quando i due giovani in questione hanno un tumore che pesa sul corpo e sul cuore, ma soprattutto nella società. Green fa un ritratto della condizione di questi giovani in maniera eccellente. La loro situazione di “diversi” è delineata perfettamente, e in alcuni paragrafi riesce a entrarti dentro il disagio che provano i personaggi: “Potevo sentire ogni persona guardarci, chiedersi cosa ci fosse di sbagliato in noi, e se questo ci avrebbe uccisi, e quanto eroica mia mamma dovesse essere, e ogni altra cosa. Quella era la parte peggiore del cancro, qualche volta: l’evidenza fisica della malattia ti separa dalle altre persone”. Così il cancro assume la forma di un attributo che li rende meno completi delle altre persone, uno stigma, parafrasando Goffman.
Appare dunque ovvio che questo romanzo non è semplice letteratura Young Adult, ma va oltre. Accanto a quelle dedicate ai batticuori, ci sono parole struggenti a proposito della malattia, del disagio, della condizione di diversi. Non sorprende che ne abbiano tratto una pellicola cinematografica che in America è uscita qualche settimana fa, attirando milioni di persone al cinema. Su internet i commenti dei fan d’oltreoceano sono estremamente positivi ed esistono già gadget e citazioni cult, tratte dal libro: anelli e collane con la scritta “Okay” – la parola che i protagonisti si sussurrano per ricordarsi che il loro amore è sempre lì, per farli sentire meglio – e migliaia di fotografie del libro che li ha fatti emozionare. Poster dei protagonisti del film – Shailene Woodley e Ansel Elgort – stretti in un abbraccio che commuove ancora di più, se si butta l’occhio sul viso della protagonista, che al naso ha i tubicini che non toglie mai a causa dei polmoni un po’ “pigri”. Insomma, questa storia è un successo in entrambe le forme di cui possiamo fruire, cartacea e digitale. Non mi resta quindi che augurarvi una buona lettura, in attesa del film.
[…] “La colpa, caro Bruto, non è nelle stelle, ma in noi stessi, se siamo schiavi”. – Shakespeare . Prende il nome da questa celebre frase del Giulio Cesare di Shakespeare, il libro di John Green, Colpa delle Stelle. Prima di questo romanzo, Green aveva pubblicato una manciata – cinque, per la precisione – di romanzi di successo, tanto da diventare un bestselling author del NY Times e vincere premi come il Pritz e l’Edgar e altri onori di vario tipo. In Italia sono stati tradotti anche Cercando Alaska, Teorema Catherine e Città di. […] Leggi l'articolo completo su Orizzonte Universitario […]