Da piazza San Giovanni alla Leopolda: le due facce della stessa medaglia
Quello che per certi versi può essere considerato un tipico weekend della politica italiana, in realtà rappresenta un vero punto di svolta: da una parte la cosiddetta “Leopolda 5”, evento filo-renziano dove c’erano cittadini a confronto con membri del Governo; dall’altra la CGIL, che ha riempito Piazza San Giovanni a Roma per manifestare contro l’Esecutivo con la presenza di circa un milione di persone tra lavoratori, precari e disoccupati. Solo vent’anni fa sarebbe stato impensabile vedere il maggiore partito di sinistra, erede del PCI; e la maggiore sigla sindacale contrapposti nelle idee e nelle azioni. Negli ultimi tempi questi si stanno fortemente divaricando, presentando due diverse anime: una progressista e moderna, l’altra conservatrice e tradizionalista, Tuttavia solo in apparenza sussistono delle dicotomie tra queste due forze.
La “Leopolda” è stata una vera novità, in quanto non ha rappresentato una classe politica chiusa nelle stanze del potere, ma pronta al confronto con la popolazione reale. Svoltosi da venerdì a domenica, questa ha visto la composizione di 100 gruppi di lavoro, divisi in diverse tematiche e composti da membri del Governo che raccoglievano idee e proposte dai cittadini accorsi in migliaia per partecipare. Un evento innovativo, singolare, proficuo, intento a stilare un’azione programmatica da qui ai prossimi mesi. Tra i temi più importanti e delicati primeggia quello del lavoro, su cui l’Esecutivo vuole intervenire: “Sbloccare l’incantesimo sul lavoro è la grande battaglia culturale degli ultimi 30 dentro la sinistra” ha detto Renzi in questi giorni, e questo risultato può essere conseguito introducendo flessibilità sia in uscita che in entrata.
La manifestazione della CGIL, invece, è stata incentrata su una durissima critica nei confronti del Governo in relazione alle politiche del lavoro, come modifica dell’articolo 18 e Tfr in busta paga. Tuttavia, è stata la tipica piazza fomentata dallo sconforto e dal disappunto, senza dare nulla di fruttuoso ai cittadini, né proposte concrete al Governo, ma solo la ferrea volontà di mantenere la propria posizione. “Il lavoro non si crea con le manifestazioni”, ha detto Renzi. Insomma tale sindacato continua ad assumere comportamenti appartenenti ad un’ideologia degli anni ’70 ormai superati ed ulteriormente confermati dalla segretaria CGIL Camusso, che ha concluso il suo discorso intonando “Bella Ciao”.
La forte contrapposizione tra tali forze si sta facendo sempre più aspra, e sicuramente questo non giova al Paese. Da una parte i sindacati sono fondamentali nel sistema lavoristico moderno, ma non serve questo tipo di sindacato. Il sindacalismo italiano si è sempre contraddistinto per un atteggiamento fortemente conflittuale ed antitetico, impedendo qualsiasi progresso o riforma. Di fronte ad una crisi economica che sta rendendo sempre più difficile la garanzia del cosiddetto” posto fisso”, sarebbe auspicabile un diverso atteggiamento. Dall’altro il Governo, accusato di essere a volte di destra, a volte democristiano, sta tentando di fare una politica al passo con i tempi, consapevole della necessità di doversi adattare al vigente sistema economico-sociale. Tuttavia l’apparente dicotomia, accennata all’inizio, si fonda sul fatto che Governo e sindacati hanno lo stesso fine, che consiste nel tentativo di garantire il lavoro a chi non ce l’ha. Allora, l’unico modo per poter conseguire questo comune risultato non è il conflitto, ma la collaborazione e la reciproca fiducia da entrambe le parti, perché solo in questo modo il Paese e i cittadini potranno giovare delle future riforme.
Edoardo Cossu
Facebook comments: