Indignez-vous! In pericolo le conquiste sociali della Resistenza
Indignez-vous! è un libricino scritto da un 93enne francese nel dicembre 2010. L’autore, Stéphan Hessel, affida a queste 35 pagine le sue speranze e le sue riflessioni sul passato e sul futuro del nostro mondo e lo fa a partire dalla lotta al nazifascismo. Il richiamo ai valori della resistenza sembra essere anacronistico ma da quell’esperienza, che ha visto Hessel tra i protagonisti attivi, sono scaturite le linee guida per una Francia migliore. Il programma elaborato dal Consiglio Nazionale della Resistenza contrasta, però, con la società attuale: quella “dei sans-papiers, delle espulsioni, del sospetto nei confronti degli immigrati”, quella che mette in discussione le conquiste dello Stato sociale, quella in cui i media sono monopolio dei ricchi. In cosa consisteva questo programma? Nel far prevalere l’interesse generale su quello particolare, nell’instaurazione di una democrazia economica e sociale dove sarebbe stato possibile “l’equa distribuzione delle ricchezze prodotte dal mondo del lavoro”. Una società più giusta insomma, un programma molto attuale. Secondo Hessel, il cui libro ha avuto un successo strepitoso ed è stato stampato in diversi Paesi, le conquiste sociali della Resistenza sono in pericolo, sono messe in discussione. Ma la cosa più preoccupante è che le giovani generazioni hanno perso la capacità di reagire. Eppure di motivi per indignarsi ce ne sarebbero molti, basterebbe guardarsi attorno, a partire dalla crisi economica che oggi ci dilania, sintomo di un sistema economico ormai marcio che specula sul crescente divario tra chi ha tutto e chi non ha niente.
C’è bisogno, allora, di una minoranza attiva in grado di reagire (piccole minoranze di rompicoglioni con un progetto in testa diceva Goffredo Fofi) perché l’indifferenza rischia di farci perdere le nostre qualità di esseri umani. Sorge spontanea allora la fatidica domanda di tutte le avanguardie: che fare? Hessel è convinto che la strada da intraprendere sia quella di una risposta non violenta, un’insurrezione pacifica contro questo tipo di società che rischia di “mettere fine all’avventura umana su un pianeta che diventerebbe inabitabile”. Secondo questo libro la Francia doveva essere la culla di una nuova generazione di indignati ma come spesso accade (sbagliò anche Marx) non è facile prevedere le rivoluzioni. Così il movimento è cresciuto dapprima in Spagna, poi in Israele ed è presente in vari Paesi (anche in Italia). La speranza, parola che ha caratterizzato tutta la vita di Hessel, è che possa inondare la vecchia Europa e che dopo la primavera araba possa esserci una nuova primavera dei popoli, un nuovo ’48.
Qualche mese dopo l’uscita di Indignez-vous! un altro grande vecchio, questa volta nostrano, ha sentito il bisogno di rispondere ad Hessel. Con Indignarsi non basta Pietro Ingrao, 96 anni, sostiene che l’indignazione è un momento fondamentale (che lui stesso ha provato fortemente il 17 luglio 1936 quando Francisco Franco sbarcò in Spagna) ma poi “bisogna costruire una relazione condivisa, attiva”. Cioè bisogna che l’indignazione trovi uno sbocco in una risposta politica, bisogna costruire un soggetto politico. Ingrao sa benissimo che uno dei bersagli dell’indignazione è la politica e che circola sempre più una “domanda di liberazione dai partiti”, che al declino della forma partito è conseguita “una lesione, un guasto della democrazia rappresentativa”. La sfida consiste allora nel recuperare “lo straordinario rapporto tra masse e politica che si realizzò nel secolo scorso”, un impegno politico diverso da quello odierno. La politica può salvarci, secondo Ingrao, possiamo ancora affidarci ad essa per combattere le sfide che ci attendono, per costruire un mondo che non sia fondato solo sul mercato e sugli interessi economici. Perciò urge tornare ad un modo di fare politica diverso che offra speranza e possibilità di partecipazione a coloro che si associano intorno ad un progetto.
Visti i tempi duri che siamo costretti ad affrontare i consigli di Hessel e Ingrao sono, naturalmente, ben accetti. Ma dovremmo anche interrogarci su quanto siamo caduti in basso se due vecchi signori, che dovrebbero godersi la terza età con i nipotini, sono invece costretti a spronarci e a ricordarci che bisogna sempre lottare perché i diritti acquisiti non ci siano tolti.
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