Perchè studenti e operai sono sulla stessa barca
Quasi un mese fa, gli operai dello stabilimento Fiat di Mirafiori avevano scritto una lettera aperta agli studenti affinché fossero partecipi della loro condizione. Nella missiva veniva fatta richiesta di una gestione e condivisione unitaria delle lotte operaie e studentesche per non rimanere soli su entrambi i fronti. Uscire dalla fabbrica come uscire dall’università. Si denunciava inoltre la situazione attuale, fatta di bassi salari e grandi sacrifici, alimentando un sistema capitalistico malato che genera beni di consumo materiali più per profitto che per utilità. Dopo la vittoria del sì al referendum per l’approvazione dell’accordo, che ha raccolto il 56% dei consensi (grazie voto dei “colletti bianchi”) contro il 46% dei contrari le strade degli studenti e degli operai si incroceranno di nuovo. La data è quella del 28 gennaio, giorno dello sciopero generale di 8 ore indetto dalla Fiom. Gli studenti durante il corteo del 22 dicembre avevano richiesto a gran voce la proclamazione dello sciopero, anche se rappresenta un ulteriore sacrificio per gli operai, in questi tempi di grave crisi economica. Ma esiste anche un problema di coscienza collettiva della classe operaia che si è di fatto divisa a metà tra chi non vuole fare lo schiavo e chi preferisce accettare con la pistola alla tempia un accordo svantaggioso perché ha una famiglia da mandare avanti. Responsabilità ne hanno anche i sindacati che hanno seguito una logica quasi corporativista durante la trattativa e concorrendo alla spaccatura, facendosi convincere dalla promessa dei nuovi investimenti per il futuro della fabbrica. Ma di fatto, e se ne sta discutendo in questi giorni, non è stato presentato nessun piano industriale preciso, che indichi nei dettagli la qualità e la quantità di questi investimenti. Ma c’è un piano?
Il meccanismo da “Guerra civile fredda” (cit.), è stato attuato anche durante l’approvazione della legge Gelmini, cercando di “venderla” all’opinione pubblica come un provvedimento che avrebbe messo fine alle baronie, che avrebbe introdotto la tanto decantata “meritocrazia” all’interno delle università italiane e che avrebbe azzerato gli sprechi di risorse. Quindi se gli studenti scendono in piazza è perché non hanno nulla da fare e perché sono dei fannulloni che difendono l’attuale sistema. Ma per fortuna vox populi, vox dei e tutti gli applausi e la solidarietà ricevuti durante i cortei hanno smentito giornalisti e politici che hanno dichiarato nemico della modernità e delle riforme chi scendeva in piazza per difendere il proprio futuro.
ire che le due categorie si uniscono perché in questo momento anelli deboli della società di fronte alla crisi economica è troppo riduttivo. In realtà esse sono componenti fondamentali, gli studenti perché rappresentano il futuro e la voglia di emancipazione attraverso la conoscenza, unico strumento che può migliorare la vita dell’uomo in ogni campo, scientifico e umanistico. Gli operai, perché grazie al loro reddito fisso una buona parte delle tasse riesce a giungere nelle casse dello stato, che dovrebbero servire a garantire servizi, quindi diritti. Metterli all’angolo è un errore, oltre che un attacco ai principi fondamentali della Costituzione.
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