La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Le infilitrazioni mafiose in Lombardia: affari sporchi in giacca e cravatta

Scritto da – 3 Settembre 2010 – 06:14Nessun commento

E’ stato anche il Cardinale Tettamanzi a parlare, nel suo discorso di Sant’Ambrogo a Milano, di mafia, avvertendo che «la nostra città è interessata – e lo sarà sempre più – da progetti di realizzazione di grandi opere che esigono ingenti quantità di denaro e per le quali sono possibili interferenze e infiltrazioni di criminalità organizzata». Organizzatissima è, di fatto, l’Ndrangheta calabrese. Sembra che oggi siano attivi più di 150 clan malavitosi, che contano circa seimila persone, collegate in una rete tentacolare, fatta di interessi e omertà, che arriva a toccare e a influenzare anche l’economia del ricco nord. E’ infatti di qualche anno fa la notizia dell’arresto di Gregorio Bellocco, tra i più importanti boss, i cui interessi spaziavano in tutta Italia, acciuffato nel febbraio del 2005, dopo aver stanziato il suo controllo nel varesotto. Ma facciamo un salto in avanti di tre anni. Nell’ottobre del 2008 sono partite alcune indagini dopo l’esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco contro l’abitazione e il veicolo di Marcello Paparo, a Cologno Monzese. Paparo era imprenditore e storico esponente dell’ndrangheta calabrese, della famiglia di Isola di Capo Rizzuto. L’evento ha scatenato le indagini e ha provocato l’arresto di 22 persone, soprattutto grazie all’ottimo lavoro dei Carabinieri di Monza. L’accusa era quella di estorisione, detenzione illegale di armi (tra cui un lanciarazzi della NATO), e tentato omicidio. Ma il gruppo Paparo è stato “scoperto” qualche tempo prima, dopo alcune indagini eseguite nei cantieri dell’alta velocità della tratta Pioltello-Pozzuolo Martesana, dove la cosca si era infiltrata con metodi mafiosi. Paparo gestiva anche società come il “Consorzio Ytaka” e “P e P”, specializzata negli scavi. In tutte le indagini sono stati sequestrati beni per un valore superiore ai 10 milioni di euro. Non a caso l’ndrangheta decide di stabilirsi anche al nord, dove girano i cosiddetti “piccioli” e dove, secondo la Direzione Nazionale Antimafia, il capoluogo lombardo sarebbe la capitale dei traffici malavitosi e mafiosi. Industrie, aziende, finanziarie: questo il nuovo modello di “mafioso”, con giacca e cravatta.

L’APPALTO DELLA TERZA GENERAZIONE

E’ con il termine “terza generazione” che si indicano i nuovi (si fa per dire) metodi di guadagno illecito, derivato da attività economiche, localizzate soprattutto nel Nord-Italia, con particolare sviluppo in Lombardia. L’ndrangheta dispone di una rete fittissima di imprenditori che riescono ad inserirsi nel giro degli affari, anche pubblici, per mezzo della forza e del terrorismo. In Lombardia le famiglie Arena e Nicoscia (cosche calabresi attive nel milanese) sono alleate prevalentemente nel settore edile che in Lombardia continua a crescere e a fruttare, soprattutto in vista dell’Expo 2015. Ed è proprio questo evento internazionale che attira le attenzioni di tutti, ma proprio tutti. Nel 2009 il Sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha negato l’istituzione di una Commissione antimafia che operasse e vigilasse durante l’Expo e sugli appalti pubblici. Da alcuni articoli sembra che fu il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi (qualche giorno fa in compagnia del Ministro Maroni), a stoppare l’eventualità di una Commissione ad hoc per l’evento, perchè incompatibile con le competenze dei Comuni. La Commissione venne proposta in Consiglio Comunale ma ostacolata ferocemente dal Popolo delle Libertà. In una lettera del prefetto Lombardi si legge, come racconta il Corriere della Sera, che il Sindaco «non ha i poteri necessari per condurre un lavoro del genere e, comunque, la competenza specifica in materia di sicurezza è dello Stato e non dei Comuni». La proposta suscita indignazione e Roberto Formigoni, Governatore della Regione Lombardia, pressato dagli scandali (compreso l’arresto dell’assessore Prosperini), ha istituito un comitato di sorveglianza sugli appalti dell’Expo. Il Governatore afferma di avere «avvertito per tempo il pericolo e ricorderete le iniziative che la Regione ha messo in campo», tanto che nel comitato di sorveglianza sugli appalti vi sono il Generale Mori e il Colonnello De Donno, che sono sotto processo a Palermo per aver “ripulito” il covo di Riina, accusati di aver cancellato  tutto quello che era utile sapere sulla sua latitanza.

Le polemiche si infiammano e arriva, puntualissima, la notizia della preoccupazione di Manlio Minale, Procuratore della Repubblica e di Nicola Cerrato, Procuratore aggiunto, i quali affermano che permane l’interesse delle mafie «per i futuri appalti relativi a Expo 2015». I due magistrati confermano che «risulta anzi maggiormente accentuato, l’interessamento delle mafie classiche, e in particolare della ‘ndrangheta, al tema degli appalti e dei lavori pubblici, specie nei comuni dell’hinterland milanese, nonché a investimenti di natura immobiliare ed edilizia; viene inoltre confermato interesse per i futuri appalti relativi a Expo 2015». L’aria è bollente e, tempestivo come un orologio padano, interviene per smorzare i toni il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che presenta la nuova Sezione Specializzata per controllare l’Expo, annunciando al Corriere della Sera l’obiettivo di «distruggere le mafie in tutte le regioni dove la criminalità organizzata è presente».

MILANO CITTA’ APERTA

Le stesse mafie che hanno smesso di indossare la coppola per annodarsi la cravatta di seta e afferrare la ventiquattrore in pelle lucida. Dal sud al nord, dalla campagna alla metropoli,  un percorso che ha portato la criminalità organizzata a scoprire nuove strategie di accumulazione di capitali e potere, un filo diretto che collega i siciliani e i calabresi con noti funzionari pubblici e imprenditori in carriera del nord Italia e dell’oltralpe. Ciò viene dimostrato ancora una volta con l’ultima indagine anti-racket  condotta dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caltanissetta, che ha scovato una rete fittissima specializzata nell’estorsione, nell’usura e nell’utilizzo illecito di ingenti somme di denaro, dalla Sicilia alla Lombardia, per giungere al Belgio. Da qui partivano i soldi per arrivare nell’ hinterland milanese, dove spuntano i nomi della famiglia di Pietraperzia (comune ennese),  i cui principali esponenti nel capoluogo lombardo erano Felice Canna e  Giovanni Tramontana. A capo dell’organizzazione vi erano i fratelli Giovanni e Vincenzo Monachino, esponenti anch’essi della cosca di Pietraperzia, i quali a loro volta facevano riferimento a un personaggio di Cologno Monzese, Calogero Ferruggia. Secondo alcune informazioni i reati contestati sono quelli di «associazione mafiosa, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, estorsione, usura, truffa, corruzione, rivelazione ed utilizzo di segreti d’ufficio e trasferimento fraudolento di valori». Purtroppo anche esponenti di strutture di polizia statale sono stati arrestati, come Franco Cardaci, luogotenente della Guardia di finanza in servizio a Sesto San Giovanni (MI), e Roberto Scalercio, appuntato dei carabinieri nella stazione di Pioltello (MI). Le mafie si servono anche di noti funzonari pubblici, come nel caso di Giovanni Meo, 56 anni, di Pietraperzia, residente a Cologno Monzese (MI). E’ emerso poi che parte dei proventi delle attività illecite veniva  reimpiegata nell’usura che, in molte occasioni, costringeva i proprietari delle attività commerciali a lasciare i propri esercizi nelle mani dei mafiosi, ai quali i titolari avevano chiesto prestiti cadendo nella rete dell’organizzazione. Milano (e hinterland) è diventata una vera e propria “città aperta” dove le cosche hanno trovato l’occasione di spartirsi fette di “torta” sempre più grandi e gustose. L’Expo potrebbe trasformarsi nel prossimo grande dessert.

LO STATO SIAMO NOI

Da tutto questo emerge quindi una perfetta e impeccabile macchina di denaro e potere, che coinvolge tutti gli apparati della vita sociale e produttiva della penisola italiana, dove i poteri stanno continuando a traferirsi assieme ai capitali dallo Stato alle mafie, alimentando un circolo vizioso che rimane allo stesso tempo economico e culturale. Forse è proprio pensando ad una vecchia frase, quella de “Lo Stato siamo noi”, che nasce quel rinnovamento culturale che impone ai cittadini una riappropriazione delle responsabilità e della coscienza di ciò che oggi rappresentano le mafie per la nostra penisola. Ma per compiere questo passo importante il cittadino deve sentirsi protetto dallo Stato e, al contempo, sentirsi parte integrante dello stesso. Questo è il primo vero passo che la politica, a tutti i livelli, dovrebbe compiere: insegnare ai cittadini a sentirsi tali e parte  indispensabile di uno Stato che deve, imprescindibilmente, tornare ad essere forte e deciso contro le mafie e i loro esponenti. Ma i lombardi, come tutti gli italiani, vivono in una società dove ci si è abituati a convivere con le organizzazioni criminali, dimenticando che esse possono trasformarsi da rocce indistruttibili a erbacce fragili, a patto che siano i cittadini e tutto lo Stato a prendere coscienza e a spezzarne, una volta per tutte, ogni radice.

Adamo Mastrangelo


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