La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Riforma Gelmini, l’università in rivolta

Scritto da – 4 Dicembre 2010 – 22:35Un commento

Con l’approvazione in Parlamento, la riforma dell’università sarà discussa in aula al Senato dopo il dibattito sulla fiducia previsto per martedì 14 dicembre.
L’opposizione ha rifiutato la proposta del presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, di approvare la riforma entro la prossima settimana, cioè prima del dibattito sulla fiducia.
Ricordiamo che il decreto proposto dal ministro Gelmini, che sarebbe volto a migliorare l’offerta formativa dell’università italiana garantendo l’accesso non solo ai baroni e favorendo la meritocrazia, non ha mai cessato di suscitare polemiche, tanto in politica quanto tra gli studenti e il personale accademico.
La riforma infatti sembra favorire, con i suoi limiti temporali e le sue riduzioni, un sistema che alimenta il precariato lavorativo, che rende vano quello studio che invece si impone di difendere.
I ricercatori avranno solo sei anni per riuscire a ottenere l’abilitazione all’insegnamento, in caso contrario non potranno continuare l’attività accademica e il 7% dei fondi che annualmente lo Stato trasferisce alle università verranno stanziati solo se darà l’assenso l’Anvur, la nuova Agenzia nazionale di valutazione dell’università, istituita di recente dal governo per classificare gli atenei in base al merito. Le facoltà che invece chiuderanno il loro bilancio in rosso subiranno un blocco dei finanziamenti e delle assunzioni di nuovi docenti e ricercatori.
Inoltre vengono ridotti i corsi di laurea all’interno degli atenei, ogni università potrà avere, ad esempio, non oltre 12 facoltà e saranno chiusi anche quei mini-corsi accademici cui sono iscritti, a volte, anche meno di dieci studenti. Ridotta quindi la scelta formativa, mentre aumentano gli enti preposti al controllo del sistema universitario.
La protesta si concentra soprattutto su alcuni punti, causa di disagio dei docenti ma soprattutto degli studenti vengono penalizzati dal punto di vista formativo.
In particolare:
• I tagli prospettati non sono una misura necessaria a garantire una migliore gestione e organizzazione degli atenei e delle offerte didattiche, ma al contrario rendono più povera tale offerta. Si mette a rischio l’eccellenza della formazione e della ricerca universitaria in quanto pubblica e non “privata”, in quanto “bene comune” e non al servizio del profitto economico, ricorrendo sempre più al volontariato per porre un freno alle disfunzioni statali.
• La riduzione dei corsi di laurea se da un lato riesce a risolvere il problema di corsi poco frequentati per i quali vengono adoperate elevate risorse economiche e umane, dall’altro rischia di coinvolgere anche corsi di laurea che invece funzionano.
• Il personale tecnico amministrativo viene espulso dagli organi accademici, dal CdA, ma anche dal Senato Accademico. La rappresentanza negli organi statutari è un arricchimento per la gestione degli atenei, perché il personale tecnico amministrativo ha competenze e attività assegnate che sono estranee al personale docente impegnato nella formazione e la ricerca.

Il rinvio rappresenta per l’Udu, Unione degli Universitari, “una grande vittoria degli studenti e dei ricercatori, il risultato di un anno di mobilitazione che mese per mese ha alzato la sua voce”.
Dal 28 ottobre dello scorso anno gli studenti di tutta Italia hanno occupato le facoltà, presidiato i tetti, riempito le piazze e le strade fino a bloccare il Paese. Questo ennesimo rinvio rappresenta una sfiducia della Gelmini ancora prima del 14 e le mobilitazioni di studenti e ricercatori non si fermeranno, anzi continueranno fino al ritiro del ddl e le desiderate dimissioni della Gelmini.
Ad oggi centinaia sono le scuole e le università occupate, migliaia gli studenti e le studentesse in piazza negli ultimi mesi.
Memorabile l’occupazione nelle più grandi città italiane dei monumenti più importanti, simbolo di una giovane generazione che si riprende la sua storia per costruirsi un futuro proprio attraverso quella cultura a cui i fondi vengono negati.

Così a Roma, il 25 novembre, gli studenti partiti da piazza Aldo Moro hanno camminato lungo le strade della città, striscioni alla mano, per manifestare uniti il loro dissenso, hanno occupato il Colosseo e gridato “E ora i leoni siamo noi”.
Nei mesi precedenti diverse erano state le iniziative in questa direzione, già nel mese di luglio la facoltà di Lettere e Filosofia dell’università “La Sapienza” aveva manifestato contro la legge 133 svolgendo gli esami della sessione estiva fuori dalle aule e durante la notte, dalle ore 21:00 alle 24:00, iniziativa cui circa 200 docenti avevano aderito.
Anche l’inaugurazione dell’anno accademico alla Sapienza è stato annullato, decisione dovuta proprio alla grande adesione degli studenti che ha permesso anche l’occupazione di ben cinque facoltà.

Nello stesso giorno in cui a Roma viene occupato il Colosseo, anche a Pisa ci sono agitazioni: la Torre Pendente viene occupata insieme all’aeroporto e ai ponti, mentre un corteo blocca i binari della stazione di San Rossore a Pisa Centrale.

Se a Padova gli studenti paralizzano la circolazione e salgono sul Santo, a Torino il corteo universitario occupa Palazzo Campana e di lì Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, assieme ai ricercatori che salgono sul tetto. I cortei dei giorni successivi occupano per tre volte le stazioni, bloccano gli incroci, entrano nella Mole Antonelliana.

Ma non mancano esempi in tutte le altre città d’Italia, come ad esempio Messina, dove gli studenti salgono sui tetti delle loro facoltà per protestare, segnale chiaro di un disagio comune, di una riforma non voluta, di una voce che vuole e pretende di essere ascoltata.

Clamorosa anche la protesta delle associazioni studentesche del 30 novembre, una giornata che ha visto la mobilitazione di migliaia di studenti, con cortei, occupazioni e proteste in tutta Italia, un gruppo di manifestanti ha provato ad entrare a Palazzo Madama, superando le prime barriere per poi essere respinto da addetti alla sicurezza. In seguito è cominciato un serrato lancio di uova, mentre la protesta continuava al grido “Dimissioni, Dimissioni” e con slogan contro il Ministro
Mariastella Gelmini e il Governo Berlusconi .

È prevista una nuova mobilitazione il 14 dicembre, proprio in occasione del voto di fiducia “dimostreremo che gli unici senza fiducia siedono in Parlamento, mentre noi restiamo qui per costruire dal basso la nostra alternativa alla fuga”, affermano gli studenti.

E non è forse questo un ultimo atto di fiducia nel futuro?

Natasha Turano


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Un commento »

  • Roberto Tarozzo ha detto:

    Finalmente una riforma efficace che spazza via una marea infinita di ladri, fannulloni, incapaci, infiltrati e la pericolosa MAFIA del “baronato”. I sei punti fondamentali della riforma cambieranno per sempre la faccia dell’università italiana: Nuovi limiti per il rettore – La carriera dei professori – I ricercatori – I controlli sui conti – La gestione delle facoltà – Le misure per gli studenti. Consiglio quindi agli studenti di leggere con attenzione i sei punti della riforma per capire meglio di cosa si tratta. 22 dicembre 2010, questo è un grande giorno.

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