La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

Leggi l'articolo completo »
Società

immersione esistenziale del tessuto del sociale

Politica

Dagli alti ideali ai bui sottoscala del Parlamento. Spaccato sulla sfera Politica di una Italia in declino

Scuola e Università

Vita tra le mura d’Ateneo: l’orizzonte universitario

Cultura

Arte, Musica, Letteratura. Dalle Humanae Litterae, il pane dell’Anima

Informazione

Dalla televisione alla carta stampata. Le mille sfumature del giornalismo.

Home » esteri

Usa, ennesima sparatoria in un college

Scritto da – 12 Ottobre 2015 – 18:06Nessun commento

armi americaDieci morti e venti feriti. A tanto ammonta il bilancio dell’ultima follia omicida consumata in America. Non si è trattato né di un attacco terroristico né di una catastrofe naturale, ma di un ragazzo 26enne che è entrato in un campus universitario in Oregon e ha aperto il fuoco contro studenti e insegnanti. La strage si è consumata all’Umpqua Community Collage di Roseburg il 1° ottobre, ed il racconto dei superstiti è sconvolgente. Da una prima ricostruzione sembra che il ragazzo sia entrato in un’aula dove si teneva regolarmente lezione ed abbia chiesto a tutti i presenti di alzarsi e dichiarare la propria religione: a chi si professava cristiano sparava in testa, a chi di altre religioni alle gambe. Chris Harper Mercer aveva rivelato i suoi piani in un post su 4Chan la sera prima del massacro, invitando sibillinamente a non recarsi a scuola l’indomani, mentre sul suo profilo di sito di incontri dichiarava di essere “repubblicano conservatore, non dedito a droghe e alcol e di non amare le religioni organizzate”. In un commento su Vester Flanagan, l’uomo che ad agosto uccise la sua ex collega reporter e il cameraman che si trovava con lei, scriveva: “Ho notato che così tante persone sono sole e sconosciute poi quando versano qualche goccia di sangue, il mondo sa chi sono. Un uomo sconosciuto a tutti diventa famoso. La sua faccia finisce ovunque sugli schermi, il suo nome corre sulle labbra di ogni abitante del pianta. Tutto nel giro di un solo giorno. Sembra quasi che più gente uccidi, più sei sotto i riflettori”. L’immagine che emerge da questa descrizione è sicuramente quella di una persona disturbata, con manie ossessive ed una percezione della realtà completamente distorta. Se fosse un caso isolato ci si rinchiuderebbe nello lutto e nello sconforto, chiedendosi il perché di un gesto folle di un pazzo. Ma tale non è. La frequenza con cui questo tipo di sparatorie avviene negli Stati Uniti trasforma la tragedia in massacro legittimato. La sequenza che si percorre dopo ogni sparatoria è sempre la stessa: incredulità, lutto e ricordo delle vittime, dibattito sulle armi da fuoco e condanna della troppa facilità con cui sono legalmente reperibili sul mercato, non seguito però da alcun cambiamento concreto. Come se fosse un danno collaterale che si è disposti ad accettare. Come se ogni due tre mesi, ciclicamente, ci si arrendesse all’idea che uno squilibrato possa uccidere e ferire decine di persone, in nome della libertà collettiva degli americani di acquistare, detenere e utilizzare indiscriminatamente qualsiasi tipo di arma da fuoco.

Il punto cruciale della legislazione americana, dietro cui si barricano le lobby come la National Rifle Association e i difensori di tale “diritto”, è il Secondo Emendamento della Costituzione, che afferma “Essendo necessaria alla sicurezza di uno stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. Questo passaggio è sempre stato il fulcro di una eterna disputa tra chi afferma che esso faccia esclusivamente riferimento alle milizie statali (esercito e forze dell’ordine), e che quindi il potere coercitivo nei confronti dei criminali sia solo ad esclusivo appannaggio dello Stato, e chi invece ritiene che debba essere estero a tutti i privati cittadini. L’opposizione assume spesso carattere politico, e vede i democratici chiedere leggi che regolino l’accesso alle armi scontrarsi con i repubblicani che, al contrario, inneggiano alla maggior libertà dai controlli. Emblematica al riguardo è stata una legge del 1994 che vietava la vendita, tra le altre armi, di una Glock 19, pistola semiautomatica; la legge, emanata sotto la presidenza Clinton, aveva durata temporanea di sette anni; arrivata a scadenza l’amministrazione Bush decise di non rinnovarla e la stessa pistola venne acquistata per 500 dollari da un 22enne, Jared Loughner, per compiere la strage di Tucson nel 2001, che vide la morte di 6 persone ed il ferimento di altre 12.

Molti rapporti di autorevolissime università e centri studi, non ultimo l’Harvard Injury Control Research Center, hanno evidenziato come ci sia una profonda correlazione tra gli omicidi e la disponibilità di armi, indipendentemente dal paese o dal periodo storico in cui si sono raccolti i dati. Sembrerebbe lapalissiana come affermazione, ma per molti americani non lo è affatto. Una percentuale sconsiderata della popolazione nega come ciò sia possibile, come la detenzione di armi non favorisce in alcun modo la frequenza impressionante di sparatorie, che vengono definite solo tragiche fatalità. Un report dell’Fbi ha monitorato i casi di sparatorie dal 2000 al 2013, registrando un dato a dir poco allarmante: se nei primi 7 anni la media di questi “incidenti” era di 6,4 casi all’anno (che ricordiamo essere uno ogni 2 mesi), ora essa si attesta sui 16,4 annui, ossia uno ogni 20 giorni.

La diffusione di questi numeri e una maggiore responsabilizzazione dei cittadini, oltre che la lotta contro i poteri forti che bloccano l’emanazione di un’adeguata legislazione, sono stati al centro del discorso del Presidente degli Stati Uniti subito dopo la strage dell’Umpqua College. Barack Obama è apparso provato alle telecamere, dal tono della voce e dal viso contratto durante il discorso trasparivano la rabbia e la frustrazione che accompagnano inevitabilmente questi tragici eventi, ma anche la voglia di dire basta a tutto ciò, e di cambiare lo status quo. Dopo aver ricordato le vittime della strage e le loro famiglie, gli uomini che hanno prestato soccorso e le forze dell’ordine, Obama ha proseguito con parole molto dure nei confronti degli oppositori al progetto di legge in merito al controllo sulla diffusione delle armi da fuoco nel Paese, che si spera veda presto la luce e serva ad arginare un massacro insensato come quello a cui abbiamo assistito.

Queste sono state le sue parole : “C’è stata un’altra sparatoria in America, questa volta al Comunity College in Oregon […]

. Come ho detto qualche mese fa, e qualche mese prima ancora, e lo dico ogni volta succeda una sparatoria del genere, i nostri pensieri e le nostre preghiere non sono abbastanza. Non riescono a catturare il lutto e la rabbia che dovremmo provare, e non servono a prevenire il ripetersi di queste stragi in altri posti in America, settimana prossima, o tra un paio di mesi. Non sappiamo ancora perché quest’uomo ha fatto ciò che ha fatto, ed è corretto dire che chiunque compia questo tipo di azioni ha qualche malattia mentale, qualsiasi motivazione pensa di avere. Noi non siamo l’unico paese sulla terra ad avere abitanti con malattie mentali, ma siamo l’unico paese avanzato sulla terra che vede questo tipo di sparatorie ogni pochi mesi. Poco tempo fa, questo stesso anno, rispondendo ad una domanda, ho detto che l’America è l’unico paese avanzato sulla terra che non ha una legislazione sufficiente sulla sicurezza delle armi da fuoco, nonostante i ripetuti massacri; lo stesso giorno, poche ore dopo, c’è stata una sparatoria in un cinema in Louisiana. Quello stesso giorno. In qualche modo, questa è diventata una routine. Il riportare la notizia è routine. La mia risposta, qui da questo leggio, è routine. Ne abbiamo parlato dopo tutte le sparatorie che ci sono state: Colombine, Blacksboure, Tucson, New Town, Charleston. Non può essere così facile per qualcuno che vuole sparare a qualcun’altro poter mettere mano ad una pistola. […] Come si può affermare che più armi ci renderebbero più sicuri? Sappiamo che gli stati con più leggi sulle armi tendono ad avere meno morti in sparatorie. Quindi il concetto che queste leggi non funzionano, che rendano solo più difficile ai cittadini avere armi mentre lascino impregiudicate quelle che possiedono i criminali, non è supportato dall’evidenza. Sappiamo che altre nazioni, in risposta ad una sola sparatoria, hanno emanato delle leggi sulle armi che hanno eliminato quasi completamente le sparatorie. Nostri amici, nostri alleati, come il Regno Unito, l’Australia, paesi come il nostro; quindi sappiamo che c’è un modo per prevenirle. […] Crediamo davvero che la libertà e la Costituzione proibiscano anche la più modesta legge sulle pistole e su come usare un’arma mortale? Che non ci possano essere possessori di armi in tutto il paese che proteggano la loro famiglia e facciano ciò che ritengono opportuno ma sotto una precisa regolamentazione? Tutto ciò non ha senso. Quindi, stasera per tutti quelli che sono abbastanza fortunati da tornare a casa e abbracciare i propri cari, chiedo di rivolgere il pensiero a quelle famiglie che non sono così fortunate, e chiedo agli americani di pensare a come possiamo chiedere al governo di cambiare queste leggi, e salvare delle vite, e permettere a giovani uomini di crescere. Chiedo soprattutto ai proprietari di armi, che le usano correttamente e in maniera sicura (per cacciare, per sport, per proteggere le loro famiglie) di pensare se il loro pensiero è veramente rappresentato dalle organizzazioni e lobby che parlano per loro. Ogni volta che ciò succede, torneremo a discuterne. Ogni volta che ciò succede, continuerò a ripetere che possiamo davvero fare qualcosa, ma dobbiamo cambiare le nostre leggi. Non è una cosa che posso fare da solo, devo avere il senato, i legislatori, i governatori, che lavorino con me su questo punto. Spero e prego di non dover tornare qui di nuovo per fare le condoglianze ad altre famiglie in queste circostanze; ma basandomi sulla mia esperienza di Presidente non posso garantirlo. È una cosa terribile da dire. E può cambiare. Che il ricordo delle vittime ci dia la forza di riunirci e trovare il coraggio di cambiare”.


Forse potrebbe interessarti:

Facebook comments:

Lascia un commento!

Aggiungi il tuo commento qui sotto, oppure esegui un trackback dal tuo sito. Puoi anche iscriverti a questi commenti via RSS.

Sii gentile, rimani in argomento. Lo spam non sarà tollerato.

È possibile utilizzare questi tag:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito web supporta i Gravatar. Per ottenere il proprio globally-recognized-avatar, registra un account presso Gravatar.