La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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1861-2011: 150 anni di una Italia che non c’è

Scritto da – 27 Luglio 2011 – 18:07Nessun commento

1861-2011: ci siamo,  i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia si sono in qualche modo tenuti. Unanimi, tutti gli schieramenti politici si stringono intorno al ricordo di quanti sacrificarono la loro vita per la nascita della nostra Nazione. Le celebrazioni sono il culmine di un percorso avviato già da tempo, volto a far riemergere il contesto storico e le motivazioni del Risorgimento. Il tutto in un clima di serenità e condivisione dei valori nazionali  quale mai si era visto nella nostra storia. Ma siamo proprio sicuri che si tratti dell’Italia? Vediamo allora quali sorprese ci riserva un ipotetico itinerario attraverso la Penisola. La bandiera bianca che sventola sulla piazza, strappata dal vento, desta stupore nei turisti che passano. Reca impresso lo stemma borbonico e la scritta “Regno delle Due Sicilie”. Sembra venire da un’altra epoca, reduce da chissà quale battaglia, cimelio di chissà quale collezionista. Invece no. È lì, in quella piazza, ad indicare la sede di un movimento autonomista. Un cartello rende edotta la popolazione dell’entrata nel 150° anno di occupazione piemontese. La fazione politica numericamente più forte è quella degli astensionisti: alle provinciali del 2010 sono andati a votare appena il 54% degli aventi diritto. Siamo a Scanno, paesino che conta poco meno di 2.000 anime e che deve il suo nome ai Romani. Questi, infatti, videro nello sperone su cui si adagia a 1.000 metri di altezza la forma di uno sgabello, uno scamnum appunto. Gioiello dell’Appennino abruzzese, non è il solo centro che manifesta uno scarso attaccamento alle Istituzioni misto ad un senso di sfiducia e disillusione nei confronti della politica. L’ Abruzzo si sente sempre più abbandonato dal resto del Paese, probabilmente a ragione, dato che viene definito un peso morto, inutile (dichiarazioni di un eurodeputato: il leghista Borghezio).
Altra piazza, altra bandiera: quella del Partito del Sud che reca impresso il giglio dorato (simbolo dei Borboni) e la Trinacria siciliana. Fondato a Gaeta l’8 dicembre 2007, giorno della Vergine Immacolata, patrona del Regno delle Due Sicilie, oggi ha un ruolo importante nell’amministrazione della città pontina. Nel 1861 Gaeta è stata l’ultima roccaforte della resistenza borbonica. Teatro di un cruento assedio da parte delle truppe piemontesi, che si protrasse dal novembre 1860 al 13 febbraio 1861, la città ha chiesto un risarcimento di 220 milioni di euro ai Savoia. Gli ultimi giorni di Gaeta sono narrati nell’ultimo libro di Gigi Di Fiore che, come la maggior parte della pubblicistica oggi presente sugli scaffali delle librerie, narra la storia, anche quella del Risorgimento, dalla parte dei vinti. Il sottotitolo, esplicativo, recita: l’assedio che condannò l’Italia all’unità. Tra i sopravvissuti a quella carneficina, molti si diedero alla macchia andando ad ingrossare le fila di quelli che chiamavano  briganti.Fenomeno oggi da più parti rivalutato alla stregua di una tenace ed eroica lotta di resistenza, il brigantaggio divenne una vera e propria spina nel fianco per il neonato Stato unitario. Probabilmente il motivo di tanto interesse contemporaneo risiede nel fatto che a lungo questa parte della nostra storia è stata completamente cancellata.
Teano, in provincia di Caserta, è uno dei luoghi della memoria per il Risorgimento: vi si svolse, il 26 ottobre 1860, l’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II che pose termine all’impresa dei Mille. Oggi le campagne casertane sono stuprate dalle tonnellate di rifiuti tossici che la camorra vi riversa, fino al punto che la stessa fisionomia dei territori muta di connotati. Lo Stato afferma continuamente che la lotta contro le mafie la stiamo vincendo. Probabilmente lo fa solo per infondere coraggio alle forze dell’ordine e ai magistrati che ogni giorno operano in queste realtà: territori sempre più vasti non sono più, da anni, sotto il suo controllo. Un antistato è cresciuto nelle viscere del Paese, parallelamente alle Istituzioni e le radici vanno ricercate anche nelle modalità della nostra unificazione. Ma se il Sud presenta il conto di 150 anni di “occupazione” stilando il suo cahier de doléances, il Nord non è da meno. Da più parti istanze autonomiste e tensioni separatiste si mescolano mettendo in pericolo la fragile unità nazionale.

Ad Adro, piccolo comune bresciano, per mesi in una scuola pubblica i simboli della Lega Nord hanno fatto bella mostra in spregio alla bandiera tricolore. In Trentino sembra che molti non si sentano italiani se il presidente della Provincia Autonoma di Bolzano ha affermato di parlare a nome di una maggioranza, esternando un suo sentimento di debole entusiasmo nei riguardi dello Stato italiano.

A Genova c’è un cimitero dove è sepolta la maggior parte dei partecipanti all’impresa garibaldina: nell’indifferenza generale sta scomparendo sotto il peso del tempo, dell’incuria e del degrado. Nessuno ha provveduto a stanziare fondi per recuperarlo e trasformarlo in un luogo di riflessione e memoria. D’altra parte altri sono stati i temi di interesse politico in questi mesi: le vicende di Silvio Berlusconi hanno monopolizzato il dibattito e la maggioranza si è chiusa in un monologo a difesa del Presidente del Consiglio.
L’immagine che emerge è quella di una Nazione debole, con scarso senso della Patria, scarso attaccamento ai suoi valori fondanti. Cosicché oggi sono veramente pochi quelli che festeggeranno un anniversario svilito all’inverosimile: un pasticcio inguardabile, impensabile per qualsiasi altro Paese europeo. Ma ve la immaginate la Francia alle prese con un partito di governo che disprezza la bandiera della propria Patria, che butta fango sulla ricorrenza di un momento storico fondante per la Nazione, fino al punto di affermare che non c’è nulla da festeggiare? Da noi, invece, si è trasformato tutto in bagarre e ci siamo trovati impantanati in sterili polemiche sollevate ad arte da provocatori di mestiere.
Dopo un secolo e mezzo dalla proclamazione del marzo 1861, che sancisce la nascita del Regno d’Italia, sono pienamente comprensibili le note parole di D’Azeglio: “Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli Italiani”. Il sogno si è frantumato contro i mille campanilismi che dall’epoca dei comuni medievali caratterizzano la nostra Patria. Nel Gattopardo si trova una frase emblematica della nostra situazione: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi.”: la dice il giovane Tancredi al principe Salina. Noi, ancora nel 2011, dobbiamo fare i conti con i seguaci del carroccio, con i nostalgici dei Borboni, con il mito garibaldino non condiviso (perché per decenni l’eroe dei due mondi è stato oggetto di culto da parte della sinistra), con gli eredi di Casa Savoia che rivendicano sempre più diritti sul suolo italiano, con gli eredi dei briganti che, messa da parte la resistenza, si sono integrati a tal punto nello Stato da rappresentare la prima azienda italiana per fatturato annuo: la Mafia s.p.a.
È necessario riappropriarci del senso di questo anniversario: sia un’occasione per rendere onore  ai giovani che morirono per fare l’Italia e per onorare la memoria di coloro che per resistere furono massacrati. Ricordando però che, in quella che è stata definita la nostra prima guerra civile, gli uni combattevano per gli alti ideali del Risorgimento, gli altri per la conservazione dello status quo. Cogliamo l’opportunità che ci offre una ricorrenza importante come questa per andare oltre la mera espressione geografica e fare nostro una volta per sempre il concetto di Patria. Non il falso patriottismo egemonizzato per anni dalla destra fascista: quello è sempre l’ultimo rifugio dei mascalzoni, come affermava Samuel Johnson. Parlo di un sano patriottismo che ci renda consapevoli della nostra appartenenza, che ci proietti oltre i particolarismi. Solo dopo un nostro percorso interno si potrà discutere anche del   superamento dello Stato-Nazione ed andare così incontro ad una vera unificazione europea.

Prendiamo, allora, questa ricorrenza come si prenderebbe un medicinale: non tutti saranno contenti di assumerlo ma è necessario. È una cura innanzitutto per la perdita della memoria collettiva che attanaglia l’Italia.

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