La maschera anarchica alimenta il sistema? Il 5 novembre non sarà più lo stesso…
«Le parole non perderanno mai il loro potere, perché esse sono il mezzo per giungere al significato e, per coloro che vorranno ascoltare, all’affermazione della verità.» Quest’affermazione è pronunciata da V nel famoso monologo del film “V per Vendetta”, con il viso coperto dalla maschera di Guy Fawkes, anarchico vissuto tra ‘500 e ‘600. Chi non l’ha mai ascoltata? Chi non ha mai cercato di renderla sua per non lasciarsi cullare, tranquillo, dalle onde dell’indifferenza? Ma qui non ci interessa focalizzare la nostra attenzione sul film diretto da James McTeigue, bensì sulla famosissima maschera realizzata da David Lloyd, per il fumetto di Alan Moore (da cui il film è tratto). Infatti questo volto, anonimo e celebre allo stesso tempo, si è diffuso in maniera virale in molte manifestazioni contro i regimi autoritari. E’ la vera e propria icona della lotta contro il dominio e l’oppressione di poteri tirannici. E’ il tentativo di autocoscienza del singolo, dei singoli, della massa, di fronte ad un modello di società ingiusta. Da Occupy Wall Street a piazza Tahrir è stata più volte usata nelle manifestazioni per non permettere l’identificazione dei manifestanti da parte delle forze dell’ordine. Cosa nasconde questa maschera? Cosa si cela dietro il sorriso vagamente beffardo di Guy Fawkes? Ma soprattutto da dove provengono le migliaia di copie di plastica utilizzate dai dissidenti?
Queste domande trovano parziale risposta nell’articolo pubblicato il 6 novembre 2013, nella versione online della rivista “Internazionale”. Sarebbero prodotte (secondo quanto rivelano le immagini diffuse dalla Reuters il 28 giugno 2013) da una fabbrica brasiliana di São Gonçalo . E fin qui nulla di sconcertante.
Tuttavia le immagini suggeriscono che i lavoratori di tale fabbrica siano sottoposti a condizioni di lavoro poco umane. L’economia brasiliana è la sesta economia mondiale ed è noto che il Brasile è uno dei pochi stati che hanno superato la crisi, senza curarsi troppo delle disuguaglianze sociali presenti all’interno del paese.
Le ipotesi sopra citate e la possibilità non remota di orari improponibili e salari da fame, non sono verificate, ma suscitano dubbi legittimi che porterebbero ad una situazione paradossale: individui in protesta contro il sistema finiscono per finanziare l’economia capitalistica dello stesso sistema che combattono.
A ciò si aggiunge l’osservazione di Business Insider: ogni pezzo venduto garantisce una percentuale di introito alla Time Warner, una delle più grandi aziende di comunicazione del mondo. Alcuni attivisti di Anonymous smentiscono, sostenendo che con l’acquisto degli oggetti dall’Asia si ovvierebbe a questo meccanismo.
Anche qui, però, il dubbio rimane.
Questa analisi, legata ad un caso particolare, ci porta a riflettere più in generale.
L’ “affermazione della verità” richiede una ricerca continua e la capacità di andare oltre l’apparenza. Molto spesso dietro piccoli gesti si nascondono conseguenze ad un primo esame insospettabili. Fermarsi alla prima impressione non paga. Abbiamo bisogno di individui attenti e consapevoli delle proprie azioni. Indagare a fondo senza smettere di porsi domande è ormai un dovere.
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