Erasmus, sviste e riviste
Erasmoustache #2
In una rubrica dedicata alle avventure e alle disavventure, non può certamente mancare quella lunga sfilza di inconvenienti capaci di sballottare l’umore di un’espatriata nella Ville Lumière. Ad esempio, le dolcezze delle segreterie di 5 facoltà diverse e il calore umano del commissariato di polizia. Questa storia comincia con l’ultimatum dell’Ufficio Relazioni Internazionali di consegnare, in al massimo due settimane, il piano di studio. Problema: perché le quattro segreterie di Dipartimento rispondono tutte in modo diverso? Dove sta la coerenza? Infatti, se il Dipartimento di Arabo non ha apportato grandi modifiche ai programmi disponibili sul sito dell’Università (tuttavia ancora datati 2010-2011), effettuare l’iscrizione pedagogica invece è stato un parto. Solo per i corsi di Arabo ho dovuto bussare a quattro porte differenti, altrettante per i corsi di Russo. Inoltre gli orari dei corsi possono, a sorpresa, essere pubblicati il giorno stesso di una lezione. A veder bene, quelli di Scienze Politiche non sono poi tanto diplomatici (fortunatamente la loro segreteria non è suddivisa in dieci uffici come quella di Lingue). Oltre alla maleducazione e ad alcune inutili mail, le segretarie mi hanno negato l’accesso a una parte di un esame, scombussolando il totale dei crediti, il piano di studi e, con ogni probabilità, le mie prossime vacanze.
Insomma, in Erasmus tutto è una sorpresa, tutto (a livello organizzativo) è lasciato al caso. In particolar modo all’Université Paris 8 Vincennes-Saint Denis, qui diciamo che non ci si annoia mai. Non vere e proprie sventure, intendiamoci, ma un pizzico di pepe alla vita studentesca sì. E se una sera in discoteca, tra un ballo scatenato e una tappa al bancone, dovesse improvvisamente venirvi a mancare il cellulare? Cercarlo in tutte le tasche della borsa, cercarselo addosso, in loco, tornare a casa maledicendo la propria distrazione. Al giorno d’oggi è davvero difficile non sentirsi dipendente da quegli affarini luminosi con cui viviamo in simbiosi. Quando non ci sono, poi, tutti ti cercano. Soprattutto i genitori che, in apprensione, non comprendono che la reperibilità è stata dimezzata e si fanno sentire molto più di prima. In seguito, andare in commissariato per la denuncia. A Parigi ne esiste uno per ogni arrondissement e in alcuni ci sono più sedi (è necessario sapere che nella giornata di sabato alcune chiudono e delegano alle sedi centrali i loro compiti). Non avendo questa preziosa informazione, ci si può fare una passeggiata per il quartiere, aspettare in sala d’attesa un’oretta e intanto immaginare come sporgere una denuncia in francese. Soprattutto, si può essere rimandati a casa con il compito di telefonare (oltre al danno, la beffa) al proprio operatore telefonico, chiedere un codice con cui bloccare l’utilizzo del proprio apparecchio su tutto il territorio nazionale, e provare la denuncia online. Per evitare code, dicono. Peccato che comunque sia indispensabile tornare in commissariato per la firma del suddetto documento. E se, come me, non avete telefono, né connessione internet a casa né tantomeno stampante, l’orizzonte si fa grigio. Nel caso, malauguratamente, dovesse capitarvi una situazione simile, quel che consiglio è di bloccare la vecchia Sim online e richiedere la spedizione di una nuova che abbia lo stesso numero telefonico. A questo punto, l’unico problema dovrebbe essere l’assenza dell’apparecchio mobile.
Qui termino con le lamentele. Intanto posso rilevare con soddisfazione che la connessione internet è giunta sino all’ottavo piano del mio palazzo. O meglio, che per beneficiare delle meraviglie della rete devo attrezzarmi con uno sgabello in corridoio e sostare nei pressi della porta del bagno. È meglio di niente, ma si crea spesso uno spiacevole imbarazzo con gli altri inquilini. Soprattutto con chi ha l’abitudine di girare per casa coperto solo da uno striminzito asciugamano attorno ai fianchi. Però anche queste forme di libertà, in fondo, fanno parte del bagaglio di esperienze targate Erasmus di cui bisogna far tesoro.
Il bello di Parigi è che c’è sempre qualcosa da fare, e quindi c’è sempre la possibilità di scordarsi qualche problema semplicemente guardandosi attorno. Io ho allontanato i miei andando alla Festa della Vendemmia a Montmartre. Per chi è stato ai mercatini di Natale in Trentino-Alto Adige, l’atmosfera è molto simile: sebbene il freddo sia meno pungente e non si senta quell’irrefrenabile necessità di vin brulé, la folla – i profumi – la voragine nello stomaco colmabile solo da una fetta di salume o da un cubo di formaggio è la stessa. Per le strade del quartiere, proprio sotto al Sacre Coeur, bande e cortei- tra cui un travolgente gruppo di samba. La vita, la musica. Le scale. E poi, dopo la fatica di ore ed ore di spintoni, dopo la caccia a qualcosa con cui poter sfamare se stessi e la propria tribù di amici, ecco il meritato riposo sulla collina, con una, due, tante bottiglie di vino e i fuochi d’artificio che riempiono il cielo della notte parigina. Questo, vi assicuro, aiuta parecchio ad accantonare le complicazioni. Fin. Anzi, Vin. Per ora.
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