La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Infelicità giovanile, tra Stati Uniti e Italia

Scritto da – 22 Gennaio 2016 – 20:26Nessun commento

yuppies handbookUltimamente è stato largamente diffuso un post pubblicato su un blog americano di nome Wait But Why. L’articolo si intitola Why generation Y yuppies are unhappy, e si occupa appunto di svolgere un’analisi delle ragioni sociali che portano i giovani della generazione Y ad essere, di base, generalmente infelici. Le osservazioni che compie sono condivisibili, tuttavia culturalmente caratterizzate, ovvero derivate dallo studio della società e della storia recente americana, molto diversa dalla nostra. Dunque, per applicarle ai giovani italiani vi sono da fare alcune distinzioni. Innanzi tutto, che cosa sono gli yuppie e che cos’è la Generazione Y? Gli yuppie nella cultura americana sono i giovani professionisti, tra i venticinque e i trent’anni, che negli anni ottanta hanno invaso Manhattan con la speranza realistica di diventare sfacciatamente ricchi. E ci sono generalmente riusciti, salvo poi cadere in disgrazia con le bolle finanziarie e la grande crisi economica dei primi del 2000. Una versione italiana ne sono i giovani imprenditori che negli anni ‘80 e ’90 hanno creato e conquistato la Milano da Bere, finita in rovina con Tangentopoli. E la generazione Y? Anche definita Millennial Generation, è composta dai figli dei Baby Boomers, nata tra il 1980 e il 2000. Dunque, per capirci, i Baby Boomers sono essenzialmente i cinquantenni e sessantenni di oggi, i nostri genitori, la nostra classe politica e dirigenziale. La Generazione Y è ora tra i 20 e i 35 anni ed è quella degli eterni studenti, degli stagisti, dei neolaureati e dei precari. Secondo Tim Urban, autore dell’articolo, l’infelicità di Lucy, esponente esemplare della Millennial Generation, è dovuta alla relazione tra due fattori. Da un lato, le sue aspettative, rese incredibilmente elevate a causa di un ego spropositato ed ingiustificato, accresciuto dall’educazione ricevuta in famiglia, a scuola e generalmente dalla società. Dall’altro, la realtà, percepita come ancora più deludente perché costantemente confrontata con la proiezione che di essa se ne fa sui social media.
Ora, al posto di Lucy, prendiamo Lucia, una giovane laureata della provincia italiana. Come tutti i genitori, in una situazione di relativo benessere, hanno cresciuto Lucia con amore e attenzioni, senza farle mancare nulla. Certo, non è la stessa educazione che hanno ricevuto loro, quando, negli anni subito dopo la guerra, i soldi erano davvero pochi e il tempo per le coccole non sempre c’era. Tuttavia, grazie al miracolo economico degli anni cinquanta, i genitori di Lucia hanno trovato un lavoro sicuro, hanno messo da parte i soldi e hanno comprato una bella casa. Hanno la disponibilità economica per mandare Lucia a studiare, in una città più grande, e così ora Lucia è laureata. Loro una laurea non ce l’hanno, ma in fondo, per fare l’operaio o la segretaria, nessuno gliel’ha mai chiesta e hanno imparato a fare il loro mestiere sul campo. Invece a Lucia, la laurea serve eccome. Insieme a tre anni di esperienza, quattro certificazioni linguistiche e alle abilità comunicative, manageriali e gestionali. E meno di 23 anni. Siccome poi, si tratta di Lucia e non di Luca, anche un certificato di sterilità, perché non sia mai che a Lucia venga in mente di rimanere incinta. Lucia vuole fare quello che ama e, ovviamente sogna di fare carriera. Tuttavia, a differenza di Lucy, non ha avuto troppi stimoli che accrescessero il suo ego in maniera spropositata. Se Lucy era sottoposta costantemente al mito del sogno americano, del self-made man, della garantita meritocrazia della grande e democratica America, Lucia invece si è sempre sentita dire che in Italia, il lavoro, si trova per conoscenze. Che senza una raccomandazione non sarebbe andata nessuna parte, tantomeno con la sua laurea in non-ingegneria e non-economia. E queste cose, non gliele dicevano i suoi genitori, che per fortuna, non hanno mai smesso di credere in lei, ma gli amici degli amici dei suoi genitori. Quelli che magari, una laurea l’hanno presa, e ora si godono la meritata pensione, ottenuta dopo ben dieci anni di servizio. Quelli che sono stati assunti all’ufficio comunale di un Paese di 100 abitanti e avevano 83 colleghi, di cui in quindici timbravano il cartellino per tutti. Quelli che con un diploma di scuola superiore ora occupano posizioni importanti, perché qualche azienda si è presa l’onere di formarli e assumerli. Quelli che per vent’anni hanno votato una classe politica che prometteva e regalava benefici senza curarsi delle conseguenze sociali degli stessi. Da queste persone Lucia si sente dire che la sua generazione non è pronta a fare sacrifici, che è una generazione di “schizzinosi”, che non vuole spostarsi da casa per le comodità che offre.

E così, mentre Lucia, laureata, lavora come commessa in un negozio di abbigliamento, riflette sulla sua vita e si rende conto di essere infelice. Non perché le sue aspettative erano gonfiate, al contrario. È infelice perché non crede affatto che le sue capacità la porteranno da qualche parte, perché crede che la sua passione per quello che ha studiato non le darà mai da mangiare, perché nessuno, a parte i suoi genitori, sembra aver mai creduto nel suo futuro. Ha perso la speranza, per questo è infelice. E tutti quelli che ora sono arrivati dove volevano, guardando in basso, le gridano: non ce la farai mai, vai all’estero, qui non ci sono possibilità! Le dicono che la sua laurea non serve a nulla, che ha sbagliato, doveva fare ingegneria oppure l’estetista, che almeno è un lavoro sicuro. Le dicono che questo Paese non cambierà mai. In effetti, non lo farà se la generazione di Lucia si rivelerà altrettanto egoista della precedente. Se in cabina elettorale deciderà di votare in base a suggestioni, piccoli interessi personali, paure. Se non penserà al fatto che, dopo di essa, ci sarà un’altra generazione di Lucia e di Luca a cui lasciare qualcosa in più delle briciole e di un ricordo di un benessere che fu.

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