Farage, il Grillo inglese
L’incontro tra Beppe Grillo e Nigel Farage, tenutosi a Bruxelles il 29 Maggio, ha esagitato gli animi di molti nel nostro Paese: dalla stampa al mondo politico, sino alla base stessa del M5S. Decollato abbastanza in incognito, il leader Cinque Stelle si è imbattuto in un imprevedibile incontro aereo con Matteo Salvini che, dal canto suo, non ha esitato a “cinguettare” su twitter l’imminente riunione, da lui supposta, tra Grillo e Le Pen, ovviamente sbagliandosi di grosso. Un confronto ci sarebbe stato, è vero, ma con un politico inimmaginabile: il capo del partito britannico UKIP ( Partito per l’Indipendenza del Regno Unito), con lo scopo di discutere la formazione di un gruppo all’interno del Parlamento Europeo. Un gruppo tra simili, perché in fondo Grillo e Farage si somigliano molto.
Il “Grillo inglese”, così come è stato ripetutamente definito negli ultimi giorni, ha un cursus honorum di tutto rispetto: dopo aver aderito al partito conservatore (poi abbandonato a inizio anni Novanta), è stato trai membri fondatori dell’UKIP . Il primo seggio da eurodeputato arriva nel 1999, riconfermato anche nel 2004 e nel 2009. Nel 2006 la leadership del partito, sino alle Elezioni Europee del 2009, nelle quali Farage si è piazzato al secondo posto, sconfiggendo laburisti e liberal-democratici.
Il segreto del grande successo? Una campagna elettorale in stile “grillino british”, volta a “sputtanare” una classe politica corrotta e dispendiosa. La prima di una serie di inchieste, pubblicata sul Daily Telegraph,mette in luce una lunga lista di spese rimborsate ai politici dei più svariati partiti in Inghilterra: dalle case-vacanza, alle bollette, alla simpatica “isola delle papere”.
Elemento cruciale della strategia, il tema dell’immigrazione. Anche in una società come quella britannica, da tempo multietnica e tollerante, la crisi economica può facilmente generare fenomeni di tensione. Dai discorsi di Farage, sin dal 2009, si evincono tendenze xenofobe. Nell’ultima campagna elettorale, questi ideali appaiono rafforzati, probabilmente risentendo della situazione favorevole in Europa, ma soprattutto della scia luminosa di una cometa chiamata Le Pen.
Particolarmente studiato il piano dell’opposizione: fare ricorso alla vita privata di Farage, sposato in seconde nozze con una tedesca e dunque padre di due figli dalla doppia nazionalità. Uno come lui, infastidito dall’ascoltare, in metropolitana, lingue diverse dall’inglese e imbarazzato per un ipotetico vicino di casa romeno, di fronte alla verità dei fatti prepotentemente ostentata dai suoi avversari politici, non può che rispondere con un impacciato balbettio. In fondo anche i suoi figli sono stranieri, almeno in parte.
Nulla però è servito a frenare l’ideologia UKIP, indubbiamente macchiata di razzismo e anche fortemente classista. Essa auspica, infatti, un’immigrazione “di qualità”, scagliandosi contro quei “parassiti” che giungono in Gran Bretagna per “rubare” il lavoro alla povera gente, ma favorendo contemporaneamente il fenomeno del”brain gain”, dunque l’accoglienza di laureati stranieri.
Negli ultimi anni, oltre ad aver fatto pressione sulle paure degli inglesi, alimentando atteggiamenti xenofobi, l’UKIP si è impegnato anche su altri fronti. Innanzitutto la conquista delle amministrazioni locali e poi interventi sul piano fiscale, invettive anti-austerità (in comune con la Lega) ed “anti-eurocrazia” che hanno catturato l’attenzione di Beppe Grillo, tanto da spingerlo a chiedere un incontro, a difendere Farage, a lodare il suo “anti-imperialismo”.
Ma non finisce qui. Il leader Cinque Stelle, infatti, ha mostrato solidarietà nei confronti della formazione britannica e del suo capo contro le accuse di razzismo, nazionalismo e sessismo. Proprio lui, l’uomo dalla corona di alghe, che molto spesso è stato costretto a difendersi dalle stesse, identiche menzogne nel Bel Paese. In un’intervista al Daily Telegraph ha tralaltro dichiarato che l’UKIP ( che nel frattempo, col 27% dei voti, è divenuto il primo partito britannico), ha davvero molto in comune con il M5S.
L’incontro è sicuramente servito a chiarire le posizioni di entrambi: nell’attesa di una possibile, futura collaborazione, Grillo, da bravo democratico, rispetta la dimensione orizzontale e plurivoca del suo movimento. Prima di iniziare a discutere seriamente con Farage su temi come quello migratorio o sulla democrazia diretta, preferisce evitare un inutile sfaldamento M5S ed appurare che tutti, in casa sua, siano d’accordo ed eventualmente preparati al grande passo.
Riusciranno Grillo e Farage nel loro intento? Posizioni scettiche sono lecite se si pensa alla formazione variegata che il M5S costituisce. Anche se, davanti alle dichiarazioni dal tono auto-rassicurante e “legalizzante” di alcuni grillini, intenti a rimarcare la differenza tra “gruppo parlamentare” e “alleanza politica”, ogni dubbio dovrebbe svanire.
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