La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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I nazionalismi europei e l’affermazione dei movimenti euroscettici

Scritto da – 4 Aprile 2014 – 14:14Un commento

Le recenti elezioni in Francia hanno visto, soprattutto nel primo turno, una netta sconfitta dei Socialisti e un’affermazione del Front National, un risultato elettorale che, secondo alcuni politologi, potrebbe anticipare l’esito delle elezioni europee di Maggio, che sarebbero segnate da una generale crescita dei movimenti euroscettici.
Le ragioni del successo del Front National sono legate in larga parte al forte astensionismo degli elettori, ma l’aumento dei movimenti euroscettici si deve soprattutto al fatto che hanno assunto posizioni critiche nei confronti delle istituzioni dell’Unione Europea, che avrebbero approfittato della crisi per imporre misure economiche e politiche restrittive ai paesi più indebitati.

I programmi dei vari movimenti populisti europei sono concordi nel proporre un’uscita dall’euro e un rafforzamento della sovranità nazionale, spesso basandosi sulle ideologie del XIX secolo che teorizzavano la costruzione di uno stato in grado di comprendere all’interno delle sue frontiere un’intera nazione, i cui componenti erano associati da istituzioni, usi e costumi comuni e da una lingua nazionale. La condanna del modello dello Stato – nazione, degenerato nel totalitarismo nei decenni successivi alla Prima Guerra mondiale, è stata alla base dei progetti federativi del continente europeo negli anni Cinquanta del secolo scorso, ma la recente diffusione di queste ideologie in molti stati dell’Europa rischia di bloccare il processo di unificazione interstatale.

L’affermazione del nazionalismo si sta però scontrando con la riaffermazione delle realtà locali, soprattutto in alcuni paesi dove le differenze nazionali sono molto forti, com’è il caso del Regno Unito, da cui vorrebbero separarsi gli scozzesi, della Spagna, divisa tra castigliani e catalani e del Belgio, dove l’aspra contrapposizione tra fiamminghi e valloni ha lasciato per alcuni anni Bruxelles priva di un governo, anche se oggi la situazione è fortunatamente tornata alla normalità.

Nel Regno Unito tra pochi mesi si terrà un referendum sull’indipendenza della Scozia dalla Gran Bretagna, richiesto dagli indipendentisti scozzesi; in caso di vittoria, però, si aprirebbero degli scenari imprevisti, perché la Scozia dovrebbe uscire dall’Unione Europea e avviare le pratiche per potervi rientrare da stato indipendente e dovrebbe adottare una nuova valuta al posto della sterlina. Il governo inglese ha recentemente offerto la possibilità a Edimburgo di emettere titoli di stato separati da quelli dell’Inghilterra, ma ha rifiutato agli indipendentisti scozzesi l’adozione della sterlina in caso di scissione da Londra. La Scozia non fu sottomessa militarmente dagli Inglesi, ma accettò nel 1707 l’Act of Union con il Regno Unito con la garanzia di mantenere l’autonomia nel sistema giudiziario e nelle questioni ecclesiastiche, ma in realtà le corone di Inghilterra e Scozia erano unite già da un secolo per via della successione del re scozzese James Stuart a Elisabetta I d’Inghilterra.

La situazione in Spagna è più complessa; il governo autonomo della regione iberica della Catalogna ha avanzato una richiesta di indipendenza, giustificandola con motivazioni commerciali, in quanto ritiene che Madrid freni la crescita economica della regione, ma ha anche aggiunto motivazioni di carattere storico legate alle vicende che hanno portato alla formazione dello stato spagnolo. La Spagna attuale, infatti, sorse nel 1469 dalla fusione del regno di Aragona (Catalogna, Aragona, Valencia) con il regno di Castiglia, dovuta all’unione matrimoniale tra Ferdinando II d’Aragona e la regina Isabella I. La Catalogna, al pari della Scozia, se ottenesse l’indipendenza da Madrid dovrebbe comunque uscire temporaneamente dalla Ue e dall’euro, una situazione che ne danneggerebbe fortemente l’economia e si rivelerebbe quindi controproducente. Nei paesi dove non sono presenti realtà locali con tratti distintivi così forti, come la Francia, l’Italia o l’Olanda, i movimenti populistici propongono un’uscita dall’Unione Europea, mentre in Inghilterra si sta affermando un movimento che reclama un’uscita completa dalla Ue e cheha spinto il governo di Londra ad indire un referendum per il 2017 sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione, fortemente avversata soprattutto dagli ambienti più conservatori dell’Inghilterra.

In realtà, al di la degli slogan propagandistici dei movimenti euroscettici, il vero problema dell’Unione Europea è che non ha un’organizzazione politica interna ben strutturata; alcuni paesi membri condividono la stessa moneta, ma la Banca Centrale Europea al momento non ha ancora creato un debito pubblico complessivo dei paesi membri dell’eurozona, imponendo agli stati più indebitati politiche di rigore che hanno finito per accentuare la crisi economica in Grecia, in Irlanda, nella penisola iberica e in Italia.

L’Unione Europea si è così spaccata in due parti, una composta prevalentemente dai paesi dell’Europa centro – settentrionale che ha guidato le politiche finanziarie nel Vecchio Continente, l’altra composta soprattutto dai paesi del Mediterraneo che ha dovuto introdurre riforme economiche in senso liberista; in Italia, ad esempio, il Patto di Stabilità introdotto nel 2012 ha bloccato la spesa pubblica, che sarebbe stata necessaria per far ripartire l’economia, mentre il Fiscal Compact che dovrebbe entrare in vigore nel 2015 prevede una riduzione forzata del debito pubblico italiano con il versamento di una cifra che si aggirerebbe intorno ai 50 miliardi di euro l’anno.

Il caso dell’Italia è interessante, perché di fatto uno dei paesi fondatori della Ue è oggi ridotto ad una posizione subalterna, ridotta soltanto dal fatto che l’economia del nostro paese è la terza dell’eurozona dopo Germania e Francia e ha permesso di dilazionare l’introduzione delle misure economiche che sono state imposte alla Grecia o alla Spagna; la subalternità dell’Italia è dovuta al suo enorme debito pubblico che la rende vulnerabile alla speculazione finanziaria, com’è accaduto qualche anno fa con lo spread ai massimi storici, ma anche all’instabilità politica, con il susseguirsi di esecutivi troppo deboli per poter imporre le proprie ragioni a Bruxelles.

Il nostro paese, però, potrebbe offrire all’Europa un modello di unificazione politica ed economica riuscita, perché dopo l’Unità d’Italia (1861) tra i vari stati pre – unitari esistevano differenze molto marcate, soprattutto di natura economica; i governi della Destra Storica (1861 – 1876) costruirono uno stato fortemente centralizzato e crearono un debito pubblico che comprendeva quello del Regno di Sardegna, del Lombardo – Veneto, del Granducato di Toscana, dello Stato Pontificio e del Regno delle Due Sicilie, che poi ridussero con misure economiche durissime e impopolari. La Sinistra Storica (1876 – 1922) completò il processo di modernizzazione dell’Italia con la costruzione di ferrovie e con l’allargamento del diritto di voto a tutte le classi sociali di sesso maschile, con l’estensione della legislazione sociale, oltre che con una politica fiscale moderata che favorì lo sviluppo industriale alla fine del XIX secolo.

Il processo di unificazione europea è ancora lontano dal dirsi completo, perché le istituzioni politiche non esercitano ancora una leadership autentica e le decisioni continuano ad essere assunte dai rappresentanti governativi dei singoli paesi europei, un esempio recente può essere riscontrato nel disinteresse verso la gestione dei flussi migratori, affidati ai singoli paesi del Mediterraneo; la Ue inoltre non ha una politica estera vera e propria, com’è emerso durante la crisi ucraina.

Queste contraddizioni interne hanno provocato una disaffezione verso l’Unione Europea e in alcuni paesi un vero e proprio risentimento, che è stato incanalato dai movimenti autodefinitisi euroscettici, che propugnano un abbandono dell’euro – senza tenere conto delle conseguenze disastrose per l’economia dei singoli paesi – e un’ Europa delle nazioni, cioè una misura retrograda e ormai inapplicabile in un mondo sempre più globalizzato. L’idea di un’unificazione dell’Europa è sorta sulle distruzioni e sulle stragi provocate dalle dittature nazi – fasciste e dalla Seconda Guerra Mondiale; doveva rappresentare, nelle intenzioni dei suoi teorizzatori, un modello di cooperazione politica ed economica tra i vari stati dell’Europa al fine di impedire lo scoppio di nuove guerre e di favorire invece il benessere economico e materiale della società, con l’estensione del welfare state a tutte le fasce sociali.

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