Servizio Pubblico: la televisione è cosa superata
3 milioni di spettatori, 12% di share, 170 mila ‘mi piace’ su facebook e più di 5 mila commenti su sito web a solo un’ora dalla messa in onda. E’ quel che si può definire un vero e proprio boom di ascolti per il neonato “Servizio Pubblico”, programma multipiattaforma di Michele Santoro, con solita collaborazione di Travaglio, Vauro e Ruotolo. E’ quel che Giorgio Van Straten consigliere dell’amministrazione RAI, ha apostrofato come “autogol della televisione pubblica” aggiungendo che “il silenzio dei grandi network non impedisce alla voce di chi ha qualcosa da dire di raggiungere 3 milioni di persone”. E di “3 milioni di sonori schiaffi” a chi ha determinato la messa alla porta del conduttore di Anno Zero, ha parlato Nino Rizzo Nervo, altro consigliere di mamma RAI. Insomma, a riflessioni critiche, soprattutto interne ad un non proprio servizio pubblico televisivo, Santoro non si fa mancare nulla. La mia però, vuol essere una semplice, personalissima, analisi della prima puntata trasmessa in diretta giovedì scorso, fra circuiti locali e web.
Il tutto prende vita nel teatro 3 di Cinecittà e ha per scenografia un paesaggio industriale, eccellentemente ricostruito, dominato da gru ed impalcature, un cantiere che probabilmente (mi auguro) vuol rappresentare un format in continuo divenire, un luogo simbolo dei lavoratori il cui diritto, argomento oggi più che mai scottante, si vuole o vorrebbe difendere.
E appare Santoro. Comincia omaggiando due grandi, diversissimi, del giornalismo nostrano, Biagi e Montanelli, e sostiene di non essere né un martire, né un profeta, di voler solo fare il suo mestiere senza padroni. E, tipo anatema, pronuncia: “Qua noi facciamo la nostra rivoluzione pacifica, democratica, civile”.
Queste parole, rispetto allo show, aumentano le mie aspettative, create e nutrite dal vocio pre messa in onda, di giornali, tv e radio che lo avevano definito l’evento televisivo dell’anno.
Tema della puntata, i costi della politica.
E già mi domando quali possano essere gli aspetti a noi sconosciuti rispetto all’argomento. Tanto è vero che, ospite della serata, con De Magistris e Della Valle (presente qualche settimana fa da Crozza ad “Italialand”), c’è la coppia ben collaudata Rizzo-Stella, del notissimo libro inchiesta “la Casta” pubblicato ben 4 anni fa.
E vabbè, andiamo avanti … Così attendo la prima intervista registrata che, sorpresa sorpresa, è a Valter Lavitola. Quest’ultimo passeggia sul molo di una segretissima località del Sud America e descrive la sua ambizione politica di diventare parlamentare malamente stroncata da Ghedini e Letta, e del suo ‘poco noto’ rapporto col premier.
Terminato il servizio, colpo di scena, c’è in collegamento diretto con lo studio, il latitante Valter che, attrezzato di lavagnetta e pennarello, illustra,con nomi e cifre, i flussi di denaro che caratterizzano l’affaire Tarantini e definisce Berlusconi, testuali parole, “disinteressato al potere”. Mi sembra, come in un gigantesco deja vu, di aver già vissuto tutto questo (da Mentana a “Bersaglio Mobile”, 28 settembre 2011).
Intramezzi di lucidità da Della Valle che rassicura tutti col “ Ben venga la patrimoniale”, ma soprattutto col “Non ho nessuna intenzione di scendere in politica” e di De Magistris che all’antipolitica preferisce l’anticricca e l’antimafia.
Non nego che la voglia di fare zapping a ‘sto punto diventa pressante, ma mi faccio coraggio e paziento attendendo l’intervento di Travaglio e Vauro.
Il primo, con la verve che lo contraddistingue, impersonando un parlamentare (alla Cettola) qualunque, nel suo monologo ne descrive la giornata tipo, i privilegi (molti), gli impegni (seri, pochi), tutte informazioni non proprio sconosciute. Trito, ritrito, sentito, risentito.
Il secondo, indossando un saio da frate, si presenta come “Padre Indignato”, mandato dalla Santa Indignazione, a mostrare le sue opere in cui è evidente che gli “girano i cordoni” e che non ci sia “nulla di che giubilare”. Vauro mi piace, è sempre sul pezzo e ha avuto quel colpo di genio che fin qui è mancato.
Confido nell’ultimo servizio ma, con la palpebra calante, faccio fatica a seguirlo nonostante si tratti dell’intervista a luci rosse alla diciannovenne Chiara Danese che, insieme ad Ambra Battilana, si è costituita parte civile nel Rubygate. E qui racconti di scene erotiche durante i festini a Palazzo Grazioli a cui l’accompagnava Emilio Fede, di balletti hard della Minetti, di lei che, sotto choc, guarda le ragazze che toccano Silvio e di Silvio che tocca un po’ qui e un po’ lì le ragazze, della statua del Priapo a capotavola.
Questo, a mezzanotte inoltrata, dopo praticamente tre ore di trasmissione ed io che … lo sapevo già! Certo che così raccontata la cosa appare in tutta la sua volgarità.
Santoro, stavolta mi ha messa a dura prova. Ma non lo mollo, è solo che non lo voglio Mentanizzato, Crozzizzato, Ienizzato.
Auspico in un guizzo di novità, che sebbene nella sostanza abbia sempre le stesse argomentazioni, possa nella forma presentarsi diversamente.
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