Quo vadis UE ?
Mercoledì 15 ottobre si è assistito ad un nuovo crollo delle borse europee, trascinate dalla crisi economica greca: Atene è stata maglia nera con un crollo del 6,6%, la peggiore perdita giornaliera da 4 anni a questa parte; Milano ha perso il 4,4%; Parigi, Francoforte e Londra hanno ceduto rispettivamente il 3,63%, 2,87% e 2,83%. Le cause che hanno innescato queste massicce vendite nel mercato borsistico sono state determinate, prima di tutto, dalle dichiarazioni del Premier greco Samaras sulla volontà di uscire dal piano di salvataggio un anno d’anticipo. In secondo luogo, la società di rating Fitch ha gettato ulteriori preoccupazioni nei mercati pubblicando dati negativi sulla situazione delle banche greche: dati molto allarmanti alla luce degli stress test a cui saranno sottoposte le banche del Vecchio Continente il 26 ottobre dalle autorità europee. Insomma tutte notizie che hanno intensificato la paura tra gli investitori, sempre più scettici sulla solidità del sistema economico-finanziario dell’Unione Europea nel dare delle soluzioni a questa crisi. Nel 2010 l’allora Governo Papandreu dichiarò il rischio di bancarotta del Paese, gettando i mercati finanziari nel panico totale riguardo la sua solvibilità. Da quel momento la Grecia ha dovuto adottare due piani di salvataggio per un valore complessivo di 240 miliardi e una ristrutturazione del debito di 100 miliardi ad un prezzo molto elevato: tagli ai servizi pubblici, disoccupazione, e una recessione che non si sa quanto ancora durerà. Uno dei salvataggi più ingenti dell’era moderna.
Ma la crisi non si fermò lì: in poco tempo Irlanda, Portogallo, Spagna, Cipro e Italia sono state sul punto di vedere il proprio sistema bancario collassare. Ciò ha portato i diversi Governi ad intervenire per salvare le proprie banche, condizionando fortemente i propri bilanci pubblici. Di conseguenza, l’Unione Europea ha invitato tutti i paesi in difficoltà a sottoscrivere il cosiddetto “Patto di Stabilità” , consistente nell’adottare delle politiche di austerità fatte di tagli ai costi del welfare per conseguire in breve tempo il pareggio di bilancio, ed evitare ulteriori piani di salvataggio come per la Grecia .
Tuttavia, in questi anni gli effetti di tale politica imposta dalla UE, senza alcuna forma di flessibilità, sta esclusivamente rafforzando la fragilità di tutti i Paesi Membri a livello economico-finanziario, al fine di conseguire quello che sembra l’unico interesse dell’Unione nell’ultimo quinquennio: il pareggio di bilancio. Il crollo di mercoledì è un chiaro esempio dell’inefficacia di tale politica, che sta determinando solo miseria a livello sociale. Ma allora è questa l’Europa che volevano i nostri antenati dopo la seconda Guerra Mondiale? Preoccupata solo dei bilanci e dei soldi, si sta mettendo da parte uno dei suoi principi fondamentali previsto nel Trattato di Lisbona: “un’economia sociale e di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale”.
La riflessione che deve essere fatta non solo nelle istituzioni, ma anche a livello sociale ed accademico, è la necessità di ritrovare quei valori e quella morale che dovrebbe essere alla base dell’agire dell’uomo. Se quest’ultimo inizia ad essere guidato solo ed esclusivamente dal denaro e dall’avidità, si rischia di scavalcare i diritti basilari della persona come essere umano, relegandolo su un piano di mero attore economico. Il filosofo inglese Bentham, vissuto tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo, diceva: « La maggior felicità del maggior numero di uomini è il fondamento della morale e della legislazione». è necessario, allora, che l’Unione Europea recuperi all’interno delle sue istituzioni quella morale che metta al primo posto il “bene comune”, inteso non come profitto, ma come equo benessere sociale.
Edoardo Cossu
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