Il serpente di Sant’Ambrogio
Sicuramente molti di voi si saranno fatti affascinare dai semplici ed elegantissimi profili in cotto della veneranda basilica di Sant’Ambrogio a Milano e si saranno persi ad ammirare le sue ricercate decorazioni, gli innumerevoli e multiformi capitelli antropomorfi che la decorano e la finezza degli smalti, delle pietre e delle cesellature del suo celebre altare dorato. Immersi in un tale splendore, forse non tutti riescono a notare il serpente di bronzo che si trova nella navata centrale della basilica, sulla sinistra accanto al terzo pilastro, montato su una colonna in porfido d’Elba. La leggenda narra che sia stato forgiato dalle mani di Mosè per difendere il suo accampamento dai serpenti del deserto. Chiunque fosse stato morso, guardando il serpente di metallo, avrebbe avuto salva la vita. Il serpente arrivò nella Basilica di Sant’Ambrogio per mano di Arnolfo, arcivescovo milanese, che intorno all’anno mille, si recò a Costantinopoli per condurre dall’imperatore Ottone III la sua promessa sposa bizantina. Alcuni storici sostengono che il serpente venne prelevato da un monumento collocato al centro dell’Ippodromo della capitale dell’impero bizantino. Una volta collocato nella basilica, i milanesi accorsero per ammirarlo e in breve venne considerato un oggetto magico con proprietà taumaturgiche. Molti toccavano il serpente per guarire dalle malattie intestinali e le donne deponevano i loro bambini malati all’ombra del serpente. In seguito Carlo Borromeo, considerandolo fonte di superstizione, ne disincentivò il culto. La leggenda narra inoltre che il giorno del giudizio universale il rettile prenderà vita e striscerà verso la Valle di Josafat dove le mani di Mosè lo forgiarono.
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