POUR L’AMOUR DE BRASSAÏ: la favola di Parigi in mostra a Genova
Ancora per tre mesi (fino al 24 gennaio), Genova spalanca il suo cuore pulsante di enormi arterie e viottoli nervosi all’incanto francese di uno dei grandi maestri del Novecento: nel sottoporticato di Palazzo Ducale va in mostra la Parigi di Brassaï. Una Parigi, più che raffigurata, sognata, immaginata, raccontata come una favola. Se l’autore sceglie come mezzo di espressione privilegiato (ma non esclusivo) la fotografia, con cui tanti artisti che l’hanno preceduto o hanno affiancato il suo percorso (visibili nella contemporanea esposizione “Dagli impressionisti a Picasso”, sempre a Palazzo Ducale) hanno dovuto scontrarsi, non per questo il suo sguardo si fa scientifico, oggettivo, freddo. I giochi di luce, la naturalezza dei soggetti, il filtro inevitabilmente deformante, che il Novecento porta ad una pittura ormai defraudata del compito di semplice riproduttrice del reale, trovano terreno fertile, fertilissimo nell’opera di Brassaï. Quasi monumentalizzati dai contrasti del bianco e nero, per le sale si avvicendano bambini, giovani coppie, chiromanti e grandi artisti. Protagonisti più o meno consapevoli di quella che più che un’illustrazione sembra una giostra, più che una descrizione una danza lentissima ma mai immobile di luci, voci, ricordi. Brassaï non è un occhio che vede, inquadra, registra. O meglio, è anche questo, ma dalle sue fotografie traspare anche un paio di orecchie, un naso, un cuore, una sensibilità leggera ma profonda, capace di scavare via la crosta di una realtà ormai logorata, e delicatamente riportare alla luce il tesoro di meraviglia che vi stava nascosto. È spiazzante la semplicità della bellezza riemersa in un ragazzo che dorme sulla panchina, in una sedia abbandonata nella neve, nel linguaggio primitivo e così diretto dei graffiti incisi sull’intonaco.
Tutte immagini ferme, giocate sui toni del grigio, ma che riescono a creare nell’osservatore l’effetto di una lanterna magica. Un mondo sognante e colorato, che non si ferma alla fisicità bidimensionale del supporto, ma che rapisce, avvolge ogni senso in un vortice di vita già vissuta da qualcun altro. Una vita che l’obiettivo di Brassaï sa magistralmente sospendere per farla rinascere continuamente nell’intimità dei suoi spettatori.
Valentina Avanzini
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