La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Berlusconi: l’imprenditore self-made man: dal nulla, la misteriosa ascesa finanziaria del caudillo

Scritto da – 10 Novembre 2011 – 18:04Un commento

Palermo anni’70, in una normale giornata di sole, mentre accaldati ragazzi si preparano per una partita di calcio, un padre di questi, Gaetano Cinà assiste agli allenamenti insieme ad un suo amico, Vittorio Mangano.  La squadra a cui tifano è la Bacigalupo, gestita dal coach Marcello Dell’Utri. Questi tre uomini si conosceranno così ma la loro amicizia finirà per consolidarsi anche oltre la città siciliana, finendo nella nebbiosa e fruttifera Milano. Nel capoluogo lombardo infatti troviamo Mimmo Teresi già conoscente di Cinà ma soprattutto braccio destro e cugino di Stefano Bontate, uno dei principali boss mafiosi dell’epoca che avrà modo di stimare le gesta di Vittorio Mangano, il quale nemmeno trentenne ha già collezionato ogni sorta di reato: dalla truffa agli assegni a vuoto,dalla ricettazione alle lesioni volontarie fino alla tentata estorsione. Bontate così gli assegna il compito privilegiato di rappresentare e promuovere gli interessi mafiosi, sotto la bella madonnina con gli industriali del luogo.

Fortuna volle che anche Marcello Dell’Utri si trasferì a Milano nel 1974, per andare a lavorare presso un suo amico di ex studi universitari, Silvio Berlusconi e che  quest’ultimo fosse un promettente palazzinaro/industriale in erba del tempo. Interessante quindi quello che racconta un altro amico di Cinà, Francesco Di Carlo, un mafioso pentito che nel rievocare i suoi giorni di libertà parla di quando incontrò: Gaetano Cinà, Mimmo Teresi e Stefano Bontate , in via Larga, vestiti tutti eleganti perché dovevano andare presso la sede dell’Edilnord a trovare un importante imprenditore Milanese, per discutere d’affari. E sarà proprio dopo quest’incontro che il signor Mangano verrà assunto nella villa di Arcore, formalmente come fattore e tutto fare della famiglia, ma in verità, come dice sempre Di Carlo, come un body guard, un monito per “certi altri” siciliani,che già avevano importunato Berlusconi e i suoi cari.

D’altronde negli anni’70 la Lombardia pullulava di pezzi da novanta di Cosa Nostra che cercavano i contatti, i mezzi per investire i soldi derivanti dal loro mercato del narcotraffico. Prova di questo è il triste esempio di Michele Sindona, influente banchiere e riciclatore dei soldi mafiosi che dopo essere stato arrestato, in un intervista del 1985, dirà che tra le banche usate dagli uomini d’onore ce n’era una piccola a Milano in piazza Mercanti. Ovvero l’ex Banca Rasini,inglobata poi nel 1992 dalla Banca Popolare di Lodi. Tale istituto oltre ad avere avuto fino alla metà degli anni’70 come direttore generale Luigi Berlusconi, il Padre di Silvio, sarà pure la banca che finanzierà per prima l’ascesa del nostro Premier nel mondo delle costruzioni edilizie. Sarà così,che con le spalle protette dal clan di Bontate-Teresi e dai fiumi di soldi di “misteriosa” origine che cominciarono a piovere sui conti del rampante Silvio, nascerà il complesso di Milano2, alle porte di Segrate. Lavoro che gli conferirà tra le altre cose il titolo di Cavaliere, nomina onorifica che viene data in Italia ai grandi industriali. Da recentissime rivelazioni inoltre, sappiamo dal figlio di Vito Ciancimino che anche il padre,un altro amico di Dell’Utri, nel 1972 investì un miliardo e  mezzo in tale progetto. Almeno è quanto sarebbe riportato negli appunti di don Vito, che Massimo Ciancimino ha consegnato ai procuratori antimafia Antonio Ingroia e Paolo Guido e che sono in fase di analisi e di verifica. Anche se perfino sua moglie, Epifania Scardino avrebbe confermato che il marito ebbe a Milano almeno tre incontri con Berlusconi tra il 1973 e il 1975 per parlare d’affari e del loro esito. Vittorio Mangano intanto, allontanatosi da Arcore nel 1976, ma non da Milano, verrà definito da un rapporto della Criminalpol un pericolosissimo pregiudicato, schedato mafioso, interessato in imprese commerciali e finanziarie su scala nazionale/internazionale per quanto riguarda il traffico di droga e verrà arrestato nel 1983 con l’operazione San Valentino di cui a Palermo se ne stava occupando il magistrato Giovanni Falcone; il quale anche attraverso l’inchiesta “Pizza connection” cercherà di mettere i bastoni tra le ruote al giro  dei soldi sporchi della mafia siciliana e turca tramite la finanza svizzera e di cui Berlusconi era fortemente indiziato di essere il capolinea dei soldi riciclati.

Marcello dell’Utri, invece, lascerà nel 1977 Silvio, per andare a lavorare grazie a Cinà, presso il finanziere Filippo Alberto Rapisarda, amico anche lui di molti mafiosi, un suo socio occulto sarebbe stato proprio lo stesso Vito Ciancimino. In questo periodo verrà a contatto con la realtà delle Holding INIM e della sua consorella RACA, società commerciali strutturate a “scatole cinesi” di cui Cosa Nostra si serviva per riusare il denaro provento di illeciti. Esperienza, che dopo la bancarotta fraudolenta della ditta e l’arresto di Rapisarda, porterà alla Fininvest, quando sarà riassunto da Berlusconi al vertice di Publitalia80. Il capitale della Fininvest infatti  verrà distribuito in 22 Holding, la ragione di tale suddivisione pubblicamente fu sempre quella per “motivi fiscali”. Una motivazione però, davvero poco coerente, data la mole di spesa gestionale che comportano 22 finanziarie quindi, causa sicuramente più concreta è stata quella di poter sparpagliare molto più facilmente e senza dare troppo nell’occhio, le ingenti somme circolati da e verso la società madre. Si scopre così che solo nel biennio ’78-’80 dalle 22 Holding transitano la bellezza 82miliardi delle vecchie lire di allora. Dove vanno a finire questi soldi? E da dove arrivano? Vanno finire per alimentare la Fininvest impegnata proprio in quegli anni nel lancio delle televisioni del gruppo di Berlusconi e in svariati affari immobiliari. Da dove arrivano invece, non sarà mai facile determinarlo. Dal doppio rapporto firmato dal dottor Francesco Giuffrida, funzionario della Banca d’Italia e dal maresciallo capo della Dia, Giuseppe Ciuro, incaricati dal pool antimafia di Palermo di scavare nelle varie Holding si riuscirà a gettare solo un po’ di luce sui tanti buchi neri che caratterizzano l’impero monetario del Cavaliere. Quello che verrà comunque fuori è che la capitalizzazione della società avveniva spesso in contanti, per non lasciare tracce, che i soldi seguivano tortuosi percorsi e che le società erano costituite da tante,troppe scatole cinesi che spesso venivano utilizzate una sola volta, infatti tra i diversi prestanome,titolari della Fininvest ci furono addirittura: anonimi pensionati, malati cronici e/o terminali, casalinghe…In più tenendo conto che le stesse banche come quella Popolare di Lodi hanno giocato ruoli di omertà o di camuffamento di tali conti, la ricerca della verità si fa quasi impossibile.

Alcune utilizzazioni invece, di tale denaro sono state, stando alle dichiarazioni di diversi pentiti mafiosi come quelle di Cinà: le ingenti donazioni che almeno dagli anni’80 e fino dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio (1992) attraverso il gruppo di Berlusconi arrivavano ai capimafia dell’epoca. Stessa cosa racconta anche Cancemi uomo d’onore che dichiarò apertamente che Berlusconi e Dell’Utri erano in diretto contatto con Totò Riina, quest’ultimo subentrato volutamente a Mangano nel rapportarsi con i due uomini del nord. Almeno 200 milioni di lire era la somma che veniva periodicamente versata al boss corleonese.

Senza dimenticare i 21 miliardi circa di lire che tra il 1991 e il 1992 furono versati al Partito Socialista Italiano guidato da Bettino Craxi. La più grande tangente forse mai data ad un politico italiano. Reato che poi si concluderà per Berlusconi con la prescrizione in Cassazione del processo All Iberian 1 nel 2000.

Craxi amico di vecchia data di Silvio, tanto da essere il suo testimone di seconde nozze, si adopererà spesso per garantire la sopravvivenza della sua industria televisiva nascente. Ma in generale tutto il clima del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) lo farà: cercando più volte di bloccare le iniziative che volevano dare una regolamentazione al settore delle telecomunicazioni e quando Berlusconi nel ‘78/’79 effettuò l’interconnessione dei vari programmi, fatto illegale se fatto a livello nazionale, Bettino emanò un decreto per renderlo regolare; in attesa di una norma legislativa effettiva:la futura legge Mammì del ’90.

Istituzione e mafia: Craxi e Riina, cioè, non saranno accumunati solo dal fatto di ricevere soldi e fare affari con Silvio, entrambi successivamente caldeggeranno la sua ascesa in campo governativo, negli anni del declino della Prima Repubblica. Ma qui si apre un altro capitolo quello politico di Silvio Berlusconi.

 

 

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