La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

Leggi l'articolo completo »
Società

immersione esistenziale del tessuto del sociale

Politica

Dagli alti ideali ai bui sottoscala del Parlamento. Spaccato sulla sfera Politica di una Italia in declino

Scuola e Università

Vita tra le mura d’Ateneo: l’orizzonte universitario

Cultura

Arte, Musica, Letteratura. Dalle Humanae Litterae, il pane dell’Anima

Informazione

Dalla televisione alla carta stampata. Le mille sfumature del giornalismo.

Home » esteri

La minaccia dell’ISIS

Scritto da – 18 Settembre 2014 – 17:03Nessun commento

Dallo scorso 11 settembre qualcosa sembra muoversi ufficialmente per rispondere con forza alle minacce dell’ISIS (acronimo di Islamic State of Iraq and Syria). Nonostante gli USA siano attivi da agosto, le prime vere “dichiarazioni d’intenti” americane sono arrivate solo negli scorsi giorni. Dal discorso di Obama sul neonato califfato, è chiaro come quest’azione sia molto delicata e non possa prevedere il solo intervento degli Stati Uniti. Dopo le decapitazioni di tre ostaggi occidentali da parte del gruppo terroristico di al-Baghdadi, il presidente americano nel discorso alla nazione ha dichiarato di voler “indebolire e distruggere” la minaccia dell’ISIS per garantire “la sicurezza dei cittadini americani”. Obama giustifica quest’azione ricordando la lunga battaglia a stelle e strisce contro il terrorismo islamico negli ultimi anni. In questo caso però c’è una sostanziale differenza: gli USA non sono disposti (al momento) ad inviare truppe di terra per raggiungere l’obiettivo posto dalla Casa Bianca. La decisione è meramente politica: nel dichiarare questa battaglia come “uno degli scopi principali del mandato”, Obama cerca di “correggere al rialzo” un consenso interno, scivolato ai minimi storici; è altresì consapevole il presidente che gli americani non sono più disposti a perdere uomini lontano da casa, come è successo nei due mandati targati Bush. Per cercare stabilità nell’attuale situazione di precario equilibrio, Obama prova a trovare supporto sia nei classici alleati, occidentali al centro delle minacce del califfato, che negli alleati mediorientali. Infatti oltre all’appoggio della Turchia, si cerca un aiuto dall’Iraq, ma soprattutto dalla Siria e dall’Iran.

La situazione per quanto riguarda questi due paesi è molto complicata. Con Damasco, il problema risiede nella strategia statunitense. L’obamiano “no boots on the ground” prevede di fornire armi (per una somma che si aggira attorno al mezzo miliardo di dollari) ai ribelli siriani, i quali al momento sono in lotta con il governo di Assad. Proprio questo preoccupa i senatori di Washington. Il repubblicano McCain si è infatti rivolto al Segretario della Difesa Hagel chiedendo se in futuro “non crede che i ribelli siriani useranno le armi [ricevute] per combattere il governo di Bashar Assad”, vista la violenza usata da quest’ultimo contro l’esercito di liberazione. La questione è seria: il pericolo paventato dal senatore dell’Arizona è reale; non è tuttavia ammissibile escludere una parte fondamentale, sia geograficamente che politicamente, come la Siria.

La situazione iraniana è legata proprio all’esclusione. Nella riunione francese dei ministri degli esteri dei più importanti paesi occidentali, e non solo, si è parlato di ISIS non invitando all’incontro l’Iran. La scelta è stata presa per volere dei paesi mediorientali presenti. La decisione rischia però di avere serie conseguenze. È infatti riconosciuta l’impossibilità di ottenere la vittoria con le sole operazioni aeree: è vitale un intervento via terra per evitare lo spargimento di sangue secondo le ormai note e macabre tecniche dei terroristi. Escludere un’influente potenza come l’Iran rischia di rovinare i piani d’attacco di Obama, in quanto da ipotetica “offensiva lampo”, la missione potrebbe diventare lunga e logorante, portando all’ingresso delle truppe di terra americane.

Perciò nonostante l’adesione degli alleati occidentali rassicuri Washington, una riflessione sui rapporti con Damasco e Baghdad è necessaria. La scarsa conoscenza della minaccia è la prima ragione per cui la cautela deve prevalere nelle decisioni in merito al califfato. Nonostante le informative dei servizi segreti di mezzo mondo infatti, non conosciamo la reale potenza (sia economica che militare) dell’ISIS. Per questo motivo l’attenzione nel mondo occidentale dev’essere alta, evitando però, nell’attesa di un ennesimo video dei terroristi, l’esasperante e ansiolitica islamofobia post 11/9, il cui frutto più evidente è stata una generale disinformazione su un mondo più vicino di quello che si possa pensare.

Forse potrebbe interessarti:

Facebook comments:

Lascia un commento!

Aggiungi il tuo commento qui sotto, oppure esegui un trackback dal tuo sito. Puoi anche iscriverti a questi commenti via RSS.

Sii gentile, rimani in argomento. Lo spam non sarà tollerato.

È possibile utilizzare questi tag:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito web supporta i Gravatar. Per ottenere il proprio globally-recognized-avatar, registra un account presso Gravatar.