La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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La Riforma degli Ammortizzatori Sociali: verso la giusta direzione?

Scritto da – 25 Marzo 2014 – 11:5125 commenti

Ogni giorno, ascoltando un telegiornale o leggendo un quotidiano, possiamo sentir parlare di “ammortizzatori sociali”. Se è vero quanto affermato dall’art. 1 della Costituzione, “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, questo complesso sistema di tutela del reddito dei lavoratori ne dovrebbe rappresentare la reale concretizzazione. L’avvento della crisi economica e finanziaria ha evidenziato ulteriormente l’importanza di una revisione nelle norme di legge che regolavano le misure di tutela verso coloro che si sono trovati improvvisamente e, soprattutto, involontariamente in stato di disoccupazione. La “Riforma Fornero” è entrata in vigore il 18 luglio 2012. Con essa vengono introdotti l’ASPI, in sostituzione dell’indennità di disoccupazione ordinaria, e il Mini – ASPI, in sostituzione dell’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti.

L’aggravarsi della crisi finanziaria ed economica ha portato ad un ripensamento degli interventi volti a fronteggiare il dilagarsi della disoccupazione. Il dibattito sugli ammortizzatori sociali si è riacceso e ne è conseguita un’ampia opera di finanziamento al sistema di sostegno al reddito.

Secondo i dati dell’Istat, il numero medio di lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nel 2013 è diminuito rispetto all’anno precedente (-1,3%) attestandosi a quota 10.352.343. Il posto fisso è ormai sempre più un miraggio. Il fenomeno tende a colpire soprattutto gli under 30, diminuiti del 9,4%. La povertà assoluta colpisce invece il 6,8% delle famiglie e l’8% degli individui. Un dato raddoppiato dal 2005 e triplicato nelle regioni del Nord (dal 2,5% al 6,4%). A conferma di ciò, il rapporto evidenzia che, sempre l’anno scorso, la retribuzione mensile netta è stata di 1.304 euro per i lavoratori italiani e di 968 euro per gli stranieri. Rispetto al 2011, il salario netto mensile è rimasto quasi stabile per gli italiani (4 euro in più) mentre risulta in calo di 18 euro per gli stranieri, il valore più basso dal 2008.

In ottobre 2013, il tasso di disoccupazione è stato stimato al 12,5%, invariato rispetto a settembre dello stesso anno. La disoccupazione giovanile, invece, ad ottobre 2013 è salita al 41,2%, un dato mai raggiunto prima.

Il primo articolo della Riforma Fornero pone subito in evidenza l’esigenza da parte del Governo di favorire «l’instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, cosidetto “contratto dominante”, quale forma comune di rapporto di lavoro». I veri esclusi al tavolo di dialogo Governo – Confindustria – Sindacati erano dunque i lavoratori autonomi, ossia i liberi professionisti, che non hanno vincolo di subordinazione nei confronti di un committente. Si modificano gli istituti contrattuali e le forme di protezione del lavoro sempre basandosi sui rapporti di lavoro a tempo indeterminato, sia quando gli si vuole aggiungere sia quando gli si vuole togliere qualcosa. Ebbene ricordare, infatti, che i lavoratori assunti a tempo indeterminato nelle Pubbliche Amministrazioni sono esclusi dalla tutela dell’ASPI, ma sono inseriti in quella del Mini – ASPI. Un riformismo reale non dovrebbe invece sganciare i diritti dai vincoli della subordinazione?

Inoltre, la norma, che prevede un’indennità solo nell’ipotesi di disoccupazione involontaria, non sembra salvaguardare quelle ipotesi in cui le dimissioni davano invece una tutela: si tratta delle dimissioni per giusta causa, di quelle conseguenti la maternità, di quelle connesse ad un trasferimento d’azienda al quale è conseguito un peggioramento significativo delle condizioni di lavoro. D’altra parte, fu proprio la Corte Costituzionale ad asserire in una propria sentenza come, ai sensi dell’art. 38 della Costituzione, le dimissioni per giusta causa sono da ascriversi al comportamento di un altro soggetto ed il conseguente stato di disoccupazione non può che ritenersi involontario.

Come affermano in un articolo Marco Leonardi e Massimo Pallini, il sistema degli ammortizzatori sociali italiani ha due punti di debolezza fondamentali: in primo luogo, chi perde il lavoro avendo un contratto parasubordinato è escluso da molte protezioni pur dovendo affrontare un maggior rischio di disoccupazione; in secondo luogo, il sistema tratta i licenziati delle piccole imprese con minor importanza rispetto a quelli delle grandi imprese poiché CIG e CIGS sono riservate a quest’ultime.

«Stiamo andando verso la giusta direzione nell’ambito delle riforme al sistema degli ammortizzatori sociali?». Possiamo articolare la risposta in alcuni sottopunti.

Il primo elemento di considerazione è rappresentato dalla flexicurity, un sistema ampiamento dibattito in fase pre – Riforma, ma che in realtà siamo ancora ben lontani da realizzare. Infatti, la Riforma degli ammortizzatori sociali rappresenta maggiormente una razionalizzazione dell’esperienza passata in un’ottica di riequilibrio delle garanzie a favore di quanti finora avevano goduto di protezioni troppo ridotte.

Il secondo nodo che resta da sciogliere è dato dalle politiche attive volte alla lotta della disoccupazione involontaria. Come sottolineato precedentemente, infatti, il nostro sistema di indennità tende a proteggere il lavoratore esclusivamente dopo che questo ha perso già il proprio lavoro. Bisognerebbe, dunque, lavorare ad un impianto organico di progetti e tutele della perdita di occupazione che agiscano a priori.

Alcuni autori, inoltre, avanzano dei dubbi in relazione al lungo periodo transitorio previsto per l’attuazione di alcune delle norme previste dalla Riforma, certamente dovuto alla situazione economica e finanziaria attuale.

Certamente, i principali interventi normativi che si sono succeduti dal 1991 ad oggi dimostrano un crescente interesse da parte degli attori delle relazioni industriali in un’ottica di miglioramento delle performance del mercato del lavoro, che è sfociato appunto nella Riforma Fornero del 2012.

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