La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Nel nome del Padre: la Parentopoli universitaria

Scritto da – 20 Gennaio 2014 – 17:372 commenti

Quando chiediamo ai nostri compagni di parlarci dei loro professori, in molti hanno lamentele di ogni genere: “quel prof è troppo tirchio coi voti”, “è troppo vecchio”, “non è in grado di insegnare”, “fa i suoi comodi” e simili. Aldilà del fatto che un po’ di petulanza alla nostra età è normale, non tutte le lagne sono infondate. Guardandoci attorno potremmo contare un numero cospicuo di docenti che supera i 70 anni o che appunto, non è in grado di insegnare. O che presenta entrambe le etichette. Il punto è che la legge non ci viene incontro. Mi spiego meglio: alzi la mano chi sa dire con certezza quale sia l’età di pensionamento di un docente universitario. 65 anni? 70? 72?

La risposta è 70 anni. Tant’è che secondo un sondaggio, un quarto del corpo docenti nelle università supera i 65 anni. Ma c’è un particolare. A questi 70 anni si somma un biennio di servizio che il docente può chiedere di svolgere per ragione di continuità. Ed è proprio in questa primavera che l’articolo che vietava ai nostri professori di chiedere questi 24 mesi in più è stato bocciato dalla Corte Costituzionale in seguito al ricorso di un professore romano. L’articolo in questione è il numero 25 della legge 240/2010, meglio conosciuta come Riforma Gelmini. La ragione è il principio d’ineguaglianza. Perché un docente non può chiedere il biennio e un altro tipo di lavoratore sì? Giusto. Il ragionamento della Corte non fa una piega.

Ma l’articolo di Gelmini non era nato a caso. Tantissimi studenti, come precedentemente detto, hanno avuto a che fare con professori ormai troppo vecchi, poco aggiornati – e aggiornabili, a un certo punto – per insegnare. Mettendo da parte tutti gli errori e le mancanze del decreto di legge Gelmini (tagli al sistema universitario, precariato per i ricercatori… Sono innumerevoli le critiche che si possono muovere), quello che per tanto tempo è stato affermato dall’ex ministra è che è importante fronteggiare il problema dei Baroni, cioè di quella classe che nell’ambiente universitario detiene troppo potere e toglie lavoro e speranza ai più giovani. La finalità dell’articolo 25 era favorire l’accesso alle cattedre ai più giovani, che per un motivo o per l’altro non riescono a ottenere un impiego. Ma una legge di questo tipo non basta, non è di certo un biennio a causare la mancanza di ricambio accademico.

Anche nel caso in cui un posto si liberi, c’è sempre qualcun altro pronto a soffiarlo a chi veramente il posto se lo merita. E questo è quello che accade anche nell’ambiente accademico. Si è iniziato a parlare ormai da tempo, infatti, di Parentopoli anche per quanto riguarda l’Università. Parentopoli, nepotismo, lobby, qualunque sia il nome scelto per la questione, questa ha fatto parlare molto quest’anno. Numerosi sono stati gli scandali e le denunce, poi riportate in giornali, telegiornali e programmi televisivi scandalistici.

Tra i primi a trattare il nepotismo è stato Nino Luca, giornalista del Corriere, che nel 2009 ha aperto un blog, poi diventato libro (Parentopoli, quando l’università è affare di famiglia), in cui a ogni post si può aggiungere un cognome alla lista di docenti che hanno dato il benvenuto ai propri figli, nipoti e così via all’interno del proprio ateneo con un incarico di rilievo. Il primo post è del Marzo 2009, e da allora le pagine da leggere sono numerosissime. Inizia con la denuncia del cognome Galdiero a Napoli e continua dandoci altri dati ed elenchi di nomi; trattando anche temi sempre legati all’ambito accademico: concorsi truccati, scandali come quello di Messina, e delucidazioni a proposito del decreto legge 240 e degli effetti sulle università. Pubblica inoltre lettere di ricercatori che offrono il proprio punto di vista interno alla vicenda.

Altro studio che ha avuto risonanza è quello pubblicato sul Blog Noisefromamerika nell’Agosto 2011 da Stefano Allesina, ricercatore universitario a Chicago. Nel post, Allesina dimostra con la propria analisi di tipo matematico, come i cognomi all’interno delle università si ripetano un numero di volte significativo. All’inizio dell’articolo spiega il metodo d’indagine da lui adottato e la divisione all’interno della tabella in cui si possono leggere i numeri dei cognomi. Molti settori dimostrano di avere un numero troppo basso di cognomi che non si ripetono ed è quindi ovvia  l’influenza del nepotismo all’interno di queste facoltà. Inoltre, spiega Allesina, l’analisi tiene conto anche della possibilità che un cognome si ripeta esclusivamente perché è molto diffuso – chiaro è che se cerchiamo il numero di “Rossi” nelle facoltà è molto probabile che questo sia alto -, ma non può rilevare casi di nepotismo più specifici, come ad esempio il legame marito-moglie, madre-figli, conoscenti di vario genere. L’unico tipo di nepotismo che è in grado di incontrare è quello padre-figlio o di fratellanza. Un altro punto preso in considerazione dallo studio è la probabilità di riscontro di casi di nepotismo in base alla distribuzione geografica dei cognomi: è molto più probabile che due accademici abbiano lo stesso cognome se vivono in una stessa zona geografica limitata, piuttosto che a centinaia di chilometri di distanza.

In una mappa geografica dell’Italia Allesina ha indicato con dei pallini la frequenza di cognomi: partendo dal bianco che indica frequenza bassa di accedemici con lo stesso cognome e arrivando alla tonalità più scura che indica la frequenza più alta. Dando un occhio alla mappa ci si può accorgere che la ripetizione dei cognomi avviene per lo più al Sud e nell’Italia insulare, mentre è quasi assente nel Nord-est e in qualche zona dell’Italia centrale. Infine, Allesina ragiona su quali possano essere i meccanismi che hanno portato a questa situazione: lo scarso numero dei concorsi, controllati inoltre dai Baroni, il fatto che passare i concorsi comportasse fino a poco tempo fa una carica a vita, che crea incentivi a truccare i concorsi e commissari non motivati a scegliere i candidati migliori per il determinato impiego. All’università di Bari, di cognome, fanno tutti Massari, ed è stato appurato il legame di parentela.

Infine, le inchieste realizzate da Le Iene su Parentopoli, che sono più d’una. Molto rilevanti quelle condotte da Trincia che ha trattato il problema in relazione all’Università di Messina e il fenomeno più in generale nell’inverno di quest’anno. Nella prima di queste Trincia si reca all’Università di Messina per intervistare due degli “esponenti” principali del nepotismo Messinese: il presidente della facoltà di Veterinaria Chiofalo, figlio di Luigi e fratello di un professore associato, e la docente Germanà, figlia di Giovanni Germanà, passato ordinario del reparto di anatomia e sorella di un professore ordinario. Prima dei filmati che riportano le interviste, viene inoltre presentata una lunga lista di nomi che appaiono più di una volta nell’Università: Tommasini, Berlingò, Tigano e Giuffrida per quanto riguarda la facoltà di Giurisprudenza, Teti in Medicina, Tommasello (che è tra l’altro Rettore dell’Università ed è stato condannato a 3 anni e 6 mesi per concussione e abuso d’ufficio; cioè avrebbe cercato di favorire il figlio di un docente amico in un concorso) a Lettere e i già citati Germanà e Chiofalo in Veterinaria.

La seconda inchiesta invece ha avvio con l’analisi da parte del professor Roberto Perotti su come possa effettivamente funzionare Parentopoli, pur con la presenza di concorsi: i concorsi vengono truccati. Perotti, studioso del fenomeno, spiega come: il candidato con delle conoscenze all’interno della facoltà si assicura di avere amici di amici che facciano parte del commissariato al concorso e ai candidati scomodi, cui spetterebbe il posto per merito, arriva una telefonata che li avvisa del fatto che se si presenteranno al concorso, non avranno mai nessun tipo di incarico. In seguito a questa intervista viene presentata un’altra lista di cognomi ricorrenti, per lo più nelle università del Sud.

Altra intervista significativa è quella al Professor Milone, Preside della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, che conta 230 imparentati al proprio interno. Milone, che ha già figli  impiegati in diverse mansioni all’interno dell’Ateneo, mostra leggerezza e spensieratezza nel parlare di nepotismo: all’ironica domanda di Trincia “posto per i nipoti c’è?” risponde ridacchiando che “nel caso ci sarà”. L’ultima intervista è quella a Nicola Gardini – autore del libro “I Baroni” – che racconta la sua esperienza nell’Università di Palermo: dopo aver vinto un concorso per un posto di docente, la classe favorita dell’Università continua a “mettergli i bastoni tra le ruote”, non fornendo aule e adottando ogni altro tipo di espediente. Gardini decide così di chiedere dei nulla osta per sfruttare meglio il proprio tempo e un giorno incontra una ricercatrice inglese che gli suggerisce di chiedere un posto di lavoro a Oxford. Nel giro di due mesi lo ottiene e fugge dall’Italia.

Facoltà formato famiglia anche per il Rettore della Sapienza Luigi Frati, che ha sistemato in Ateneo fino alla settima generazione di parenti. La sua gestione clientelare dell’Ateneo romano, ha sollevato un vespaio di giuste polemiche, fino alla richiesta di dimissioni da parte di numerosi docenti e studenti. Scrivono gli studenti di Link: “Siamo stufi di questa situazione e della continua indifferenza con cui si accetta che Frati si comporti alla stregua di un monarca assoluto, considerando l’università pubblica come un feudo personale su cui esplicare il proprio potere”.

Le denunce relative al fenomeno del nepotismo e a docenti che non sono in grado di svolgere il proprio incarico sono dunque numerosissime, e c’è da chiedersi se mai termineranno. Un altro anno accademico sta per iniziare, diamo un’occhiata al Chi e Dove della nostra facoltà?

 

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