La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il Rettore Luigi Frati? Bisogna comprenderlo, tiene famiglia

Scritto da – 22 Novembre 2011 – 16:522 commenti

Il 14 settembre sul sito del Corriere della Sera veniva postato un articolo di Gian Antonio Stella, che iniziava così: «Gli illustrissimi Luigi Frati e Giovanni Lobrano hanno cambiato idea sul «professor» Muammar Gheddafi? O si getteranno anche loro all’inseguimento dell’ex dittatore libico non per consegnarlo ai ribelli, si capisce, ma per tornare a invitarlo a fare una lectio magistralis o addirittura a ritirare una laurea honoris causa? I primi ad avere questa curiosità dovrebbero essere gli studenti della Sapienza di Roma e della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Cagliari, protagoniste di indecorose genuflessioni all’allora capo della Jamahirya. Se la storia è davvero maestra di vita, infatti, nulla è più importante della memoria. Per imparare dagli errori. Per pesare le persone».

Era questa, infatti, la prima cosa che mi era saltata alla mente il giorno in cui mi dissero di scrivere qualcosa a proposito del rettore Luigi Frati, toscano dal resistibile accento romano alla Totti. Certo che ricordavo quell’episodio. Dal 10 al 13 giugno 2009, qualche mese dopo la firma del trattato di cooperazione tra Italia e Libia, il rais era in visita ufficiale in Italia ed incontrava prima Berlusconi, poi Napolitano.  In quei giorni, soprattutto dopo il baciamano del premier a Muhammar Abū Minyar Abd al-Salām al-Qadhdhāfī, l’ex dittatore libico più amato dagli italiani al potere, i governanti d’Italia e le élite economiche che li sostengono si dimostrarono agli occhi del mondo, ancora una volta, dei buffoni, commedianti da quattro soldi. E il giorno in cui il ministro Frattini – mesi dopo – dichiarava l’entrata in guerra dell’Italia, si confermavano non solo pagliacci ma perlopiù volgari traditori.

L’11 giugno l’ex leader libico trovava persino il tempo di varcare i confini della città universitaria della “Sapienza” di Roma, naturalmente insieme alle inseparabili compagne di viaggio: amazzoni in mimetica o in divisa color kaki con in testa un berretto rosso. Stesso gusto dell’orrido del loro padrone, vestito e ritoccato in volto tanto da sembrare Michael Jackson. In un’università naturalmente blindata si assisteva, prima, a scontri tra forze dell’ordine e studenti (un po’ contrariati), poi allo show del rais che attaccava Italia ed Europa sostenendo, fra l’altro,  che «le azioni terroristiche sono perlopiù un residuo derivante dal colonialismo» (c’era comunque un fondo di verità). Il tutto sotto lo sguardo del rettore dell’università più grande d’Europa, Luigi Frati, come detto.

Colui il quale questo settembre, in sostanza, sostenne che anche un coglione avrebbe risolto il quiz sulla famigerata “grattachecca“, in risposta alle polemiche sorte, appunto, sulla granita romana nei test di ammissione alle professioni sanitarie di quest’anno accademico. Polemiche pretestuose, si capisce. Chi è quel facinoroso che non conosce la deliziosa grattachecca? E poi si sa che alla Sapienza si iscrivono solo i ragazzi romani (o meglio, i “residenti”. Quelli che, per esempio, secondo una logica quantomeno discutibile, per le borse di studio incassano circa il doppio dei soldi dei fuori sede).

Ma oltre al Frati genuflesso e al Frati mattacchione, c’è un altro Frati da raccontare, da osannare persino: il campione del “tengo famiglia” che nemmeno Leo Longanesi avrebbe saputo descrivere e disegnare così ben riuscito, completo, vincente. Della geniale locuzione polemica di Longanesi si legge da Wikipedia: «La responsabilità di aver elevato l’espressione a dignità di tòpos letterario e di categoria sociologica, viene normalmente associata alla penna di Leo Longanesi, l’acutezza del cui intuito, in tema di costume italiano, lo indusse a considerare la frase come una compiuta sintesi dell’abito morale e civile dell’intero popolo italiano, o addirittura, più in generale, «di un certo spirito latino», tanto da proporne, in maniera ironica e provocatoria, adozione della frase quale degno motto da apporre sulla bandiera tricolore d’Italia».

Come non ricordare, infatti, il Frati leggendario del «Sono abituato a parlare di meritocrazia», al tempo di Luciana Angeletti in Frati – prima docente in Lettere,  poi ordinario di Storia della medicina – e Giacomo Frati. Al tempo di Paola Frati, laurea in Giurisprudenza e ordinario a Medicina. “Il barone Frati”, era il titolo della famosa inchiesta di Primo Di Nicola e Marco Lillo del 2007. Verrebbe da chiedersi: «E il merito, ahò il merito dove lo metti?» se non l’avesse già detto lui, proprio Frati.

«Forse sono odiato dai potenti , ma dagli studenti amatissimo», ha dichiarato il rettore in un’intervista.  Senza entrare nel merito della questione, si può dire senz’altro una cosa: e cioè che gli studenti, fino ad ora, non hanno mosso un dito, un cartello, uno striscione, una bandiera rossa da museo delle ceneri, per protestare sulla condotta, forse lecita ma amorale, di quest’uomo.  L’uomo che perfettamente incarna il “tengo famiglia” longanesiano. Oppure, volendo scomodare la sociologia, il familismo amorale (Amoral familism, in lingua originale) di Edward C. Banfield.

 

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