La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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“Così fan tutte”. La donna: specchio della società in cui vive?

Scritto da – 26 Maggio 2011 – 23:58Nessun commento

Il 13 febbraio scorso in 234 città italiane e diverse straniere, migliaia di donne ma non solo, si sono riversate nelle piazze e per le vie del nostro bel Paese, con sciarpe bianche, fiori, ombrelli colorati, gomitoli di lana, fili da bucato allestiti come luoghi di raccolta per pensieri, disegni… Questi, insieme a tanti cartelli, sono stati i simboli della protesta che volevano richiamare l’attenzione contro un sistema di potere che aveva portato il ruolo della donna italiana a non riconoscersi più all’interno della sua società, un sistema che si era andato costruendo nel tempo più aiutato dallo stesso silenzio di chi finge di non vedere che dalla dimostrazione spudorata di quello che era diventato; i recenti avvenimenti però che hanno coinvolto il Presidente del Consiglio sono stati come una sorta di ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso dello spirito femminile. Il silenzio seguito dall’urlo “se non ora quando?” credo abbia il suo senso proprio in questo.

Chiara G. ha 29 anni, mi racconta che ogni mattina le piange il cuore a lasciare sua figlia di 5 mesi all’asilo nido, la fa sentire in colpa e il suo pensiero durante il giorno è rivolto sempre a lei. Chiara è una libera professionista per legge le spettano 5 mensilità di retribuzione pari all’80 % del reddito percepito negli ultimi 14 mesi prima del parto, poi il lavoro chiama…

Annalisa P. ha 24 anni, lei non ha figli e abbassando la voce mi dice che una volta in un colloquio di lavoro le chiesero di firmare un “foglio bianco”, il pezzo di carta con la quale la ditta le avrebbe dato le “sue” dimissioni qualora fosse rimasta in stato interessante; e ce ne sono di fogli bianchi che girano per gli uffici se sei una dipendente in età da marito.

Donatella Q. 40 anni,consulente del lavoro, mi racconta invece delle pressioni lavorative a cui può essere soggetta una donna per fare carriera o semplicemente nel tentativo di mantenere il proprio posto di lavoro, il cosiddetto mobbing: abusi psicologici, vessazioni, dimensionamento, emarginazione, umiliazioni…tutto ciò insomma che lede la dignità di una persona e la costringe a fare ciò che non vuole.

Mi ricorda inoltre, di come in Italia ci sia anche un problema di differenza di genere, pienamente quantificabile dal numero maschile presente nei ruoli più importanti in tutti i settori della società, e di qualità: per il gentil sesso infatti risulta essere più difficile fare carriera e a parità di posizione percepisce mediamente un salario inferiore, nonostante presenti livelli di studi e di preparazione anche più elevati.

Da anni il tratto costante è stato dividere le persone, i lavoratori, i cittadini italiani dagli stranieri, gli uomini dalle donne, gli studenti dalle istituzioni, guardare il povero come un perdente, pensare che la disoccupazione sia solo un numero…mentre ci sono parole da far rivivere: diritti, responsabilità, doveri, rispetto, persone e non oggetti in vendita.” Susanna Camusso segretario della Cgil.

Daniela R., ha 45 anni e ha seguito la giornata del 13 febbraio dalla televisione, sdraiata sul proprio letto, tutta dolorante per l’intervento di chirurgia estetica al viso appena fatto: mi racconta il perché di quella decisione, della sua paura di non piacere più al suo uomo, di sentirsi messa da parte, di non essere più in competizione, dell’invidia che a volte prova nei confronti delle adolescenti…

Cristina S. invece ha una figlia di 19 anni, che si lamenta della cellulite, del seno piccolo, si vede brutta, goffa, non come le attrici, showgirls, modelle che vede continuamente pubblicizzate in ogni angolo della città e su ogni canale televisivo.

Ricordiamo che proprio un anno fa il consiglio dei ministri approvò un disegno legge per istituire un registro nazionale degli impianti mammari protesici, con divieto per i minori, salvo casi di malformazioni, visto l’aumento vertiginoso di ragazzine under 18 che ricorreva all’aiutino estetico.

Non ero libera perché ero donna, e perché ero giovane. Crescendo sono diventata via via sempre più libera, anche grazie a ciò che mi sono guadagnata con le mie lotte personali e sociali per la libertà…Ho cominciato a sentirmi più libera via via che sul mio volto sono apparse le rughe. Più segnate erano le rughe più mi sentivo libera e meno temevo i giudizi degli altri, le prepotenze degli altri…Quando le rughe sono giunte dove sono ora, mi sono sentita completamente libera. Infatti ho cominciato a dire che le mie rughe sono le mie medaglie.” Oriana Fallaci.

Il rapporto società-donna è molto complesso ed è andato costruendosi nel tempo, con l’evoluzione stessa della cultura e delle leggi che la regolano. Ci sono state popolazioni preistoriche cosiddette matriarcali, che attribuivano un ruolo ponderante alla donna nella gestione economica-sociale della comunità. Ma nel corso dei secoli, con l’affermarsi anche di culti religiosi monoteisti a figura maschile, la presenza della donna è stata sempre più asservita ad un ruolo di accudimento dei figli e della casa. Spesso e volentieri in passato il sesso stesso del nascituro era visto come un vero e proprio investimento redditizio e di proseguimento della dinastia. Basti pensare che ancora almeno nei primi decenni del secolo scorso, una figlia femmina andava promessa in moglie con una dote. Maggiore era la dote e l’importanza del cognome della famiglia da cui proveniva più un matrimonio poteva essere vantaggioso. Insomma la donna era considerata un essere vivente che da proprietà del padre lo diventava del marito, che poteva arrivare ad esercitare su di lei perfino il diritto di sopprimerla in vari casi di mancata onorabilità.

Ci sono volute due guerre mondiali, un’intera ristrutturazione del sistema economico da quello pre-industriale a quello post-terziarizzato come il nostro, la nascita di una Repubblica con tanto di diritti e doveri riconosciuti dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato, lotte femminili e tanto altro. Per arrivare a constatare in questi giorni, che il mondo civile che tanto decantiamo permette ai mass media un uso così intensivo del corpo femminile, che invece di lasciarci perplessi ci ha trasformato in silenziosi osservatori e consumatori di quello che attraverso esso e con esso ci viene messo in vendita e fatto desiderare. Tanto più che per essere una donna oggi, alla ribalta, al passo con i tempi devi trasformarti in una sorta di prodotto commerciale vendendo e promuovendo te stessa contemporaneamente. In un mercato però, dove chi detta le regole sono gusti prettamente maschili.

Il sistema economico capitalistico è finito per prendere il ruolo che prima era del padre poi del marito, vincolando a sé una donna che non esiste se non la sua immagine, spingendola in un meccanismo di non accettazione di sé stessa e alla ricerca della qualificazione e considerazione all’interno di una struttura produttiva che l’aliena dal proprio ciclo vitale di gestazione e serenità affettiva. Senza dimenticare la terribile e delicata questione della violenza sulle donne che da una ricerca ISTAT del 2006 è stato stimato che circa il 31,9% della popolazione femminile in Italia ne è vittima.

Tutto questo in un complesso politico che non tutela più la persona ma è diventato luogo di arbitrio, cooptazione non giustificata, intreccio tra interessi privati e malaffare.

La manifestazione nazionale in difesa dei diritti e della dignità della donna che si è tenuta il 13/2, e che è stata da più parti interpretata positivamente o meno io,voglio intenderla così in questa direzione: come una voce che finalmente si è alzata per attirare l’attenzione, per dire basta al consumo fine a sé stesso,al successo da palcoscenico facile, alla bellezza di una donna siliconata, rifatta, in competizione con gli uomini e con le altre donne, a cui viene negata la maturità del corpo, come se diventare anziane fosse una malattia, a cui viene resa difficile l’aspetto più unico e meraviglioso di essere madri per i tempi di ritorno al lavoro e politiche sociali e per la famiglia inesistenti nel nostro paese.

Per vivere in un contesto veramente libero e non di licenza, di liberismo e non di libertinaggio di società aperta e non del “tanto così fan tutte”.

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