La ricostruzione del patrimonio artistico in Abruzzo. A che punto siamo?
Siamo al momento delle considerazioni a lungo termine. Dopo lo stoccaggio in luoghi sicuri dei beni mobili (sculture, dipinti, arredi liturgici), durante l’estate sono proseguiti i sopralluoghi e le schedature dei monumenti, operazione che può dirsi praticamente conclusa: sono 1470 le schede compilate ( tra cui 820 chiese e 600 palazzi), gli edifici ancora da rilevare più o meno 400. Il lavoro di schedatura è coordinato dalla Direzione di Comando e Controllo che ha sede nell’ormai celebre caserma della Guardia di Finanza di Coppito (dove si è svolto il G8 tra 8 e 10 luglio). Ogni mattina una squadra di rilevatori composta da un vigile del fuoco, un tecnico della Soprintendenza, un tecnico strutturista e uno storico dell’arte ritira una lista di edifici da visitare e un pacco di schede da compilare. Affinchè si muova una squadra ci vuole una segnalazione, che può arrivare dai Sindaci, dai Parroci, dalla Curia.
Se questa operazione è stata portata avanti con relativa efficienza e tempestività, le attività di messa in sicurezza dei monumenti procedono con maggiore lentezza. Sono stati svolti interventi su più di cento chiese, quasi un terzo del totale degli edifici sacri da restaurare, ma questa fase dell’emergenza è ancora ben lontana dalla conclusione.
Nonostante i trionfalismi del primo ministro, il problema centrale, non è difficile capirlo, è quello economico. Il costo del restauro completo dei danni è stimato in circa 3 miliardi di euro. Il governo ha stanziato ad oggi 20 milioni di euro, che serviranno soltanto per la messa in sicurezza. A questi si possono sommare i 2 milioni di euro stanziati dal World Monument Fund Europe per il restauro dell’abbazia di San Clemente a Casauria. Cifre importanti ma assolutamente irrisorie di fronte all’emergenza di una ricostruzione che deve garantire all’Abruzzo un intervento efficiente, severi controlli, un’alta qualità architettonica e le migliori tecnologie antisismiche, sull’esempio del Giappone e della California.
E il mondo cosa fa per l’Abruzzo? Sull’onda del G8 tanti sono stati i Paesi a dichiarare di voler “adottare” monumenti e di finanziarne il restauro. E’ il caso di appellarsi ai santi patroni delle 99 chiese aquilane per invocare il miracolo? O piuttosto di rivedere le priorità nazionali, come consiglia Salvatore Settis, direttore della Normale di Pisa: “I valori in gioco sono la memoria storica del Paese, la sua dignità etica, il patrimonio naturale e artistico che abbiamo ereditato dai nostri padri e dobbiamo trasmettere ai nostri figli.
La terza fase, la ricostruzione, è la vera sfida sia dal punto di vista economico che da quello culturale. Il dibattito divide gli esperti: meglio ricostruire da capo o restaurare “accomodando” i resti? Secondo Roberto Cecchi, dirigente per i beni architettonici del ministero, ci sono differenti possibilità d’azione: ricostruire esattamente l’originario, oppure lavorare integrando vecchio e nuovo. Assolutamente da evitare “sono gli interventi di consolidamento con il calcestruzzo armato, che fanno più danni che altro”. Insomma, l’intervento sul tessuto urbano deve essere all’avanguardia in materia di tecnologia antisismica e unitario dal punto di vista del coordinamento, esigendo una presenza forte del Ministero e delle Soprintendenze per evitare il prevalere di interessi economici privati.
Il discorso vale soprattutto per il centro storico dell’Aquila, da ricostruire come monumento unitario. Il recupero non deve limitarsi alle chiese e ai pochi altri edifici attualmente oggetti del vincolo di tutela: l’intero insediamento storico deve essere considerato come un unico, complesso bene culturale e ciò deve essere formalizzato con un esplicito riconoscimento legislativo, anche se ciò allungherebbe inevitabilmente i tempi della ricostruzione per le complicazioni burocratiche causate dallo spostamento della competenza dal Comune allo Stato.
L’Abruzzo merita una campagna di accurato ripristino. E’ il momento di restituire alla popolazione case, uffici, scuole, ospedali, fabbriche, università, chiese, musei, con un progetto unitario ” …non di uno sgangherato piano-casa, ma di un vero piano-sicurezza, che sia insieme un piano-tutela dell’ambiente, del paesaggio, della memoria storica”.
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