Fuori dal Palazzo: i movimenti apartitici
«La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione». La celebre canzone di Giorgio Gaber risale al 1972, ma il suo significato è sempre attuale. Il desiderio di partecipare alla vita politica, alla salvaguardia di diritti importanti è, infatti, ancora avvertito dai cittadini, come dimostra anche l’ultimo esito referendario.
Numerosi sono i movimenti nati spontaneamente e che coinvolgono tante realtà di questo Paese; ad unirli vi è il loro carattere apartitico, una presa di distanza dai canoni tradizionali della politica. Destra e sinistra sono da tempo parole svuotate di senso, i partiti sono lontani dai problemi reali, ed i cittadini iniziano ad organizzarsi con nuove forme di partecipazione e di lotta, rifiutando la vecchia nomenclatura della politica.
Beppe Grillo è valido esempio, perché ha usufruito, con grande intuizione, dei potenti mezzi della rete, creando così un significativo consenso attorno al suo blog, al V-Day e al MoVimento Cinque Stelle, che ha ottenuto un discreto risultato elettorale. Innegabile il carisma del comico, che punta tutto sulla sconfitta della partitocrazia; tuttavia non si può che rimanere perplessi riguardo alla scelta di non schierarsi nei ballottaggi, di proseguire con una tenace antipolitica e di rifiutare qualsiasi contraddittorio. Evidentemente si tratta ancora di una fase embrionale e, come per una persona adulta, verrà il momento inevitabile delle scelte; altrimenti ci sarà probabile emarginazione.
Nessuna presentazione di liste per il cosiddetto Popolo Viola, che si è sviluppato, anche lui, con un dinamico utilizzo della rete, prendendo le distanze da qualsiasi colore politico. Se il movimento dei grillini è sinonimo di antipolitica, per il Popolo Viola vi è l’accostamento con il grande dilemma italiano degli ultimi diciassette anni, l’antiberlusconismo; per alcuni una sorta di parolaccia, per altri un vessillo da mostrare con orgoglio. L’ampia adesione dei cittadini, l’interesse mediatico attorno al No Berlusconi Day, sono stati evidenziati da tutti, eppure il movimento sembra avere smarrito da tempo il vigore iniziale, una sorte che ha interessato anche la cosiddetta “Onda Anomala”.
L’equidistanza dai partiti è stata una delle priorità del più vasto movimento studentesco degli ultimi anni. La precarietà dei ricercatori, le incongruenze della riforma Gelmini, l’apertura ai privati dei consigli di amministrazione degli atenei, sono i temi che, durante l’autunno 2008, hanno determinato la mobilitazione massiccia di studenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo, tutti riuniti per creare un’onda di protesta. Un grande fermento di iniziative ed idee che parecchi hanno voluto interpretare, con poca lungimiranza, come le avvisaglie di un nuovo Sessantotto. Dopo la grande partecipazione dei primi mesi, c’è stato il lento, ma inesorabile, declino dell’Onda.
La partecipazione di cittadini motivati e volenterosi, la rabbia di studenti e precari sono, perciò, destinati al fallimento inevitabile?
Il Grillo-pensiero è un fenomeno effimero, destinato alla ghettizzazione, come nel caso della sinistra radicale?
La partecipazione popolare può portare al superamento del quorum, ad enormi manifestazioni autoconvocate, ma la vera sfida dovrebbe essere quella di portare dentro al Parlamento, sede decisionale per eccellenza, una sana idea di politica, una politica che consideri la questione morale non un corpo estraneo. Cambiare la politica facendo politica, cambiare il sistema all’interno stesso del sistema. Il vento è cambiato, ma nel Palazzo l’aria è ancora viziata.
Andrea Vosilla
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