La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

Leggi l'articolo completo »
Società

immersione esistenziale del tessuto del sociale

Politica

Dagli alti ideali ai bui sottoscala del Parlamento. Spaccato sulla sfera Politica di una Italia in declino

Scuola e Università

Vita tra le mura d’Ateneo: l’orizzonte universitario

Cultura

Arte, Musica, Letteratura. Dalle Humanae Litterae, il pane dell’Anima

Informazione

Dalla televisione alla carta stampata. Le mille sfumature del giornalismo.

Home » Informazione

Diritti umani: intervista al portavoce di Amnesty International

Scritto da – 17 Aprile 2012 – 15:44Un commento

Nel 2011 la ONG Amnesty International ha celebrato i suoi 50 anni di vita e la “primavera araba”, o meglio detta democratica da Riccardo Noury portavoce di Amnesty International Italia, è il segnale di come lavorare per il rispetto dei diritti umani sia la strada da intraprendere perché le persone possano, superando la paura e l’oppressione, richiedere libertà, dignità, giustizia e diritti.

Che ruolo ha avuto quello sviluppo umano legato ad una visione occidentale dei diritti umani svincolata dalla concezione di differenti background?

In materia di diritti umani non mi sento di dividere una visione occidentale e laica da una non occidentale e religiosa. Ciò non toglie che non possiamo dimenticare quanto la prima abbia portato a delle privazioni nel momento in cui si è posta come garanzia armata alla sicurezza ed al rispetto delle persone. Chi è sceso in piazza dal Cairo a Damasco per dare vita a questo moto democratico, ha la fede come norma regolatrice ma non vuole che sia la religione a plasmare e a dominare le leggi dello Stato.

Quali fattori hanno permesso il perdurare di alcuni regimi per così tanti anni e quale futuro si prospetta?

In primo luogo dobbiamo riflettere su come a livello internazionale siano state scelte differenti strategie di intervento spesso retaggio della guerra fredda e quasi sempre discordanti le une con le altre. Appoggiare regimi “laici” in Egitto, Tunisia e Libia perseguitando i partiti islamici ha fatto in modo che una volta caduti quei regimi, gli islamisti abbiano vinto le elezioni o quantomeno ricoprano ruoli importanti nella sfera politico-sociale: il rischio di rivalsa ai torti ricevuti non è da sottovalutare. Dall’altro lato la Russia, per motivi politico-economici, non può permettere che il Medio Oriente si trasformi in “un’isola democratica” ad appannaggio americano.

Uno sguardo alla Siria. Nonostante il piano di pace proposto da Kofi Annan il regime di Bashar al-Assad non è disposto ad un cessate il fuoco.

L’ex segretario delle Nazioni Unite ha presentato un piano di pace articolato sul pieno e completo rispetto dei diritti umani. Il regime di Bashar al Assad al momento non sta rispettando gli impegni presi e la violenza degli ultimi giorni non è altro che la risposta di un tiranno costretto alle corde dal suo stesso regime di privazioni. Qualunque sia lo scenario di domani, non potremo tacere di fronte ai crimini commessi; prima o poi il presidente siriano dovrà rispondere del suo operato di fronte alla Corte Penale Internazionale ed in quella sede ci opporremo ad un epilogo sulla falsa riga di quello libico né tantomeno ad una risoluzione yemenita: dimissioni in cambio di impunità, l’ennesima beffa ai diritti inviolabili di ogni persona.

In seguito all’inizio delle rivolte, Amnesty ha modificato il proprio Statuto ponendo tutti i diritti sullo stesso piano mettendo di fatto fine ad una divisione figlia dell’idea di “aiuto pubblico allo sviluppo” teorizzata dal Presidente americano Truman nel 1949.

Quella teorizzata da Truman è una concezione di sviluppo che tende a favorire la sostenibilità delle risorse economiche rispetto a quelle umane. È dalla Conferenza di Vienna del 1993 che Amnesty opera in senso contrario affermando che chi sovrappone i diritti civili e politici a quelli economici e sociali o viceversa, compromette quello sviluppo umano teorizzato dai maggiori trattati internazionali. Analizzando la situazione con uno sguardo al passato, si può capire come Amnesty già ben prima dell’agosto 2011 avesse a cuore la questione e di come alla metà del secolo scorso avesse provato a formalizzarla con una prima modifica statutaria.

Oggi nell’area nordafricana ed in quella medio orientale gli interessi geopolitici sembrano aver diminuito il loro peso. Quali azioni in favore delle persone sono secondo lei da realizzare?

Complessivamente Ben Ali, Mubarak e Gheddafi sono stati al potere per un secolo: basta questo per far capire quanto sia urgente cambiare pagina e farlo non solo da parte dei nuovi governi dei paesi interessati ma anche dalla comunità internazionale nel suo complesso. Credo che l’Europa sia chiamata a una nuova politica di cooperazione mediterranea basata sulla promozione e protezione dei diritti umani e non sulla loro violazione. Credo che non sia più rimandabile una soluzione alla questione israelo-palestinese che abbia al suo centro i diritti umani, la migliore premessa per creare sicurezza autentica e per tutti. Discorso diverso è quello sugli interessi geopolitici. Guardando lo stallo che permea la situazione intorno alla Siria, o peggio ancora il silenzio intorno alla rivolta in Bahrain, dovremmo renderci conto di quanto gli interessi economici e politici siano vivi e quanto spostare un tassello in mezzo ad una crisi economica mondiale come quella in atto, sarebbe la fine per i diritti umani.

Veniamo ora al problema comune a tutti i conflitti armati: i richiedenti asilo politico. Quali azioni consiglia per non permettere il ripetersi di una situazione israelo-palestinese?

A mio avviso il paragone non regge in quanto la situazione che ha portato alla questione israelo-palestinese è totalmente diversa. Chi scappa dalla Siria oggi, allo stesso modo di chi è scappato dall’Iraq in questi anni, lo fa sapendo che la colpa è dei suoi stessi governanti e dalle potenze estere da cui sono appoggiati, Russia nel caso della Siria e USA nel caso dell’Iran.

Forse più interessante e degno di una maggiore riflessione per quanto concerne i diritti umani è notare come le crisi generate dalla repressione delle rivolte abbiano rafforzato uno dei cardini della cooperazione internazionale unita alla tutela dei diritti umani: chi, per motivi di sicurezza, non può più stare in un paese, trova rifugio in quello vicino. La risposta Europea, Italia in primis, ha confermato la necessità di una revisione nella scala dei valori di fratellanza che a livello teorico pone i diritti umani al primo posto ma di quanto questo concetto non trovi applicazione a livello pratico. I dati indicano che a fronte dei 30-40.000 cittadini di paesi della sponda sud del Mediterraneo accolti in Italia nel 2011, Tunisia ed Egitto hanno aperto le loro frontiere a quasi 800.000 rifugiati. Indignante è che dopo la prima reazione di stupore, i vari governi europei si siano divisi in materia di ospitalità dapprima chiudendo le frontiere, poi lasciando morire in mare migliaia tra uomini, donne e bambini.

Tornando con la memoria ad un anno fa, avrebbe mai creduto di trovarsi a commentare una situazione mondiale per alcuni versi completamente differente ed in procinto d’importanti cambiamenti come quella odierna?

Anche se nessuno avrebbe potuto immaginare che l’immolazione di un ragazzo tunisino a Sidi Bouazid, alla fine del 2011, avrebbe incendiato la rivolta, per chi si occupa di diritti umani i segnali c’erano tutti. Le manifestazioni nelle piazze erano in corso da anni, la differenza risiedeva nel rapporto di forze in campo: 10 manifestanti, 100 soldati: troppa la facilità nel disperderle, ancora più facile ignorarle. I rapporti di forza si sono invertiti quando dal Cairo a Tunisi passando per Bengasi, le manifestazioni hanno mostrato più forza, più determinazione e più coraggio, quella forza necessaria a farle durare più tempo, quella determinazione necessaria ad unire gli sforzi in un’unica lotta. La primavera democratica non è affatto terminata ed addirittura in molti paesi non è ancora cominciata. In altri ancora è soffocata dalla repressione e dal silenzio dei media ed a giocare il ruolo più sporco, sono quei paesi nei quali l’onda democratica rischia di essere tradita da coloro che a parole l’hanno appoggiata e fomentata.

 

 

Forse potrebbe interessarti:

Facebook comments:

Un commento »

  • […] Nel 2011 la ONG Amnesty International ha celebrato i suoi 50 anni di vita e la “primavera araba”, o meglio detta democratica da Riccardo Noury portavoce di Amnesty International Italia, è il segnale di come lavorare per il rispetto dei diritti umani sia la strada da intraprendere perché le persone possano, superando la paura e l’oppressione, richiedere libertà, dignità, giustizia e diritti. Che ruolo ha avuto quello sviluppo umano legato ad una visione occidentale dei diritti umani svincolata dalla concezione di differenti. […] Leggi l'articolo completo su Orizzonte Universitario […]

Lascia un commento!

Aggiungi il tuo commento qui sotto, oppure esegui un trackback dal tuo sito. Puoi anche iscriverti a questi commenti via RSS.

Sii gentile, rimani in argomento. Lo spam non sarà tollerato.

È possibile utilizzare questi tag:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito web supporta i Gravatar. Per ottenere il proprio globally-recognized-avatar, registra un account presso Gravatar.