Un futuro negato: gli studenti contro il numero chiuso
“Cosa vuoi fare da grande?”, chi di noi non si è mai sentito porre una domanda del genere? Da bambini le risposte a volte erano assurde, ma superato l’esame di maturità per molti si ripropone la fatidica domanda. “La scuola è aperta a tutti”, così inizia l’art. 34 della Costituzione italiana, sempre tale documento inoltre ritiene l’arte e la scienza libere, come libero è l’individuo. Dalle parole ai fatti! Nel mese di settembre si sono tenuti i test di accesso alle facoltà e quest’anno, come negli anni precedenti, si sono aperte nuovamente le polemiche contro il numero chiuso, reputato dagli studenti anticostituzionale e strutturato in modo arbitrario ed errato.
Giustamente Luigi Frati, Rettore dell’Università “La Sapienza” di Roma già in passato a proposito del test di Medicina e Chirurgia sosteneva l’impossibilità da parte dell’ateneo di accogliere circa 7000 aspiranti medici. Il numero chiuso quindi avrebbe una funzione logistica, ci dovremmo pertanto aspettare una selezione seria. Ancora una volta le nostre aspettative sono state deluse! Basti ricordare la domanda del test per Professioni Sanitarie dell’anno precedente in cui si chiedeva agli aspiranti infermieri di conoscere i gusti tradizionali della grattachecca di sora Maria presso il Liceo Tacito di Roma per capire la serietà dei quesiti. “Troppa cultura generale!” sostengono molti studenti: effettivamente la storia, la letteratura e l’attualità non sono proprio il metodo migliore per valutare l’attitudine a certe discipline. Quale medico infatti non dovrà fare i conti con lo spread? O come riuscirà ad operare con efficacia senza sapere se il nobel per la letteratura è stato vinto prima da Quasimodo e poi da Montale o viceversa? Può inoltre un architetto non sapere in quale film si usa una sequenza sonora tratta dal brano “La Cavalcata delle Valchirie” di Richard Wagner?
Eppure errare uno di questi quesiti può chiuderti le porte dell’agognata facoltà e costringerti a deviare, scegliendo se cambiare sogno o riprovare il prossimo anno. Nel primo caso si corre nel rischio di scegliere male e pentirsene amaramente, nel secondo si perderanno forse un anno e un mucchio di soldi, ma soprattutto si perderà tempo. Per esempio per Medicina molti studenti ricorrono all’ex art. 6 che però non è attivo in ogni ateneo e che prevede, dietro un compenso di 200.00€ per esame, il sostenimento di due esami in un altro corso di laurea; poi c’è chi si getta nei corsi di preparazione al test i quali sfiorano cifre astronomiche che partono in media dai 500€ per arrivare anche a 2000€ a seconda della qualità, della fama e della durata. Ogni anno si lanciano nuove proposte e ci si convince sempre di più dell’inefficacia del metodo, ma intanto la situazione non sembra affatto volgere verso esiti positivi. Il numero chiuso non solo è oggetto di continui ricorsi da parte degli studenti, ma è stato anche esteso a corsi di laurea che prima non lo avevano mai proposto. Tralasciamo poi in questa sede l’inutilità del test d’accesso per la verifica delle conoscenze che non solo a volte presenta una struttura non congrua con gli insegnamenti, ma anche un costo non del tutto indifferente.
Sicuramente tutti questi test mettono in moto l’economia universitaria, visto che ogni matricola avrà sostenuto almeno un test, anche se ci sono studenti che ne sostengono tre o più visto che non sempre l’accesso è assicurato. Da anni gli studenti chiedono maggior chiarezza, più disponibilità da parte degli Atenei e uno stop al numero chiuso, ma saranno mai presi in considerazione?
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