La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Diritto alla vita, diritto alla morte: Brittany Maynard

Scritto da – 18 Novembre 2014 – 19:23Nessun commento

brittany-maynardCiò che più di tutto caratterizza un essere umano, come qualsiasi altra specie vivente, è l’istinto di sopravvivenza, che ci fa scappare alla vista di un pericolo e che ci spinge ad usare tutte le nostre energie per poter rimanere in vita, per poter vedere una nuova giornata di sole. Forse, però, esiste qualcosa di più forte di questo nostro istinto, qualcosa in grado di cambiare le carte in tavola, in grado persino di farci decidere quale sarà il nostro ultimo giorno sulla Terra. Brittany Maynard era una ragazza di 29 anni, nata in California, nella città di Anaheim, il 19 novembre 1984. Un’esistenza ordinaria, la sua, destinata a cambiare per sempre nel gennaio 2014, quando le viene diagnosticato un astrocitoma di secondo grado (una forma di tumore al cervello), inizialmente sconfitto tramite una craniotomia e la resezione parziale del lobo temporale, ma riapparso in pochi mesi come astrocitoma di quarto grado, conosciuto anche col nome di glioblastoma, con una prognosi di soli 6 mesi di vita. Brittany parte per l’Oregon, dove nel 1994 venne stabilito il Death with Dignity Act che legalizza il physician-assisted dying (il suicidio assistito), con la ferma decisione di poter morire con decenza evitando il dolore che la malattia terminale avrebbe provocato a lei e ai suoi cari.

Presto quello di Brittany diviene un caso per di più mediatico, così come molte (troppe) volte accade. Il mondo e i suoi spettatori iniziano poco a poco a dimenticare il reale senso della vicenda, ovvero il diritto alla scelta estrema di porre fine alla propria vita, per fare spazio alla curiosità di sapere se Brittany sarebbe davvero stata in grado di uccidersi quando ancora la sua salute era buona. Il primo novembre del 2014, questa è la data che Brittany ha comunicato al mondo intero. Quel giorno sarebbe stato il suo ultimo giorno.

Tuttavia il 30 ottobre Brittany dichiara di non sentirsi pronta, di non voler ancora porre fine alla sua esistenza, ed è proprio con questa dichiarazione che ha inizio una serie di critiche dure e offensive nei suoi confronti. Sui Social Networks impazzano commenti impietosi da parte di un pubblico o contrario all’eutanasia, o a favore, o addirittura estraneo all’intera vicenda. C’è chi la chiama codarda, incoerente, falsa, chi la addita come l’ennesima poveraccia in cerca di un po’ di notorietà. Il primo novembre arriva in silenzio, e quasi nessuno ormai pensa più alla vicenda di Brittany, tutti si sono messi l’anima in pace, non ci sarà più nessuna notizia da prima pagina. Tanto rumore per nulla. Ma non è così. Il due novembre si apre con la notizia della morte di Brittany Maynard, avvenuta il giorno prima. “L’ha fatto davvero!” è tutto ciò che la gente incredula riesce a ripetersi. Sì, lo ha fatto davvero, perché Brittany era una donna consapevole della sua malattia e del dolore che avrebbe dovuto affrontare prima di morire.

“Today is the day I have chosen to pass away with dignity in face of my terminal illness.” (“questo è il giorno in cui ho deciso di morire con dignità davanti alla mia malattia terminale”): inizia così il suo ultimo saluto al mondo pubblicato su Facebook. Brittany Maynard si è tolta la vita nella sua casa, circondata dal marito e dai parenti più stretti. C’è chi insinua che il suo “ripensamento” di qualche giorno prima fosse soltanto un modo per allontanare da lei e dalla famiglia l’oppressione mediatica che si era creata, c’è invece chi lo ha interpretato come una normale sensazione di paura di fronte alla morte. Nessuno lo saprà mai con certezza. E davanti a un gesto simile, con ogni probabilità, l’atteggiamento più corretto sarebbe stato un rispettoso silenzio che purtroppo però non c’è stato.

Non hanno tardato ad arrivare giudizi negativi da parte di chi è da sempre schierato contro la “dolce morte”, primo tra tutti il presidente della Pontificia Accademia Per la Vita, Monsignor Carrasco de Paula, definendo il gesto della Maynard “per niente degno” e “da condannare”. “Questa donna ha agito pensando di morire dignitosamente,- afferma il Monsignore – ma è qui l’errore: suicidarsi non è una cosa buona, è una cosa cattiva perché è dire no alla propria vita e a tutto ciò che significa rispetto alla nostra missione nel mondo e verso le persone che si hanno vicino. Bisogna chiedersi se è questa la morte con dignità.”

Fino a 30 anni fa il suicidio era considerato una gravissima offesa verso Dio che, avendo donato all’uomo la vita, doveva dunque essere l’unico a potergliela togliere. Oggi, invece, il suicidio non è più una morte per la quale la famiglia del defunto debba sentirsi in difetto o provare vergogna, almeno in teoria.

Un suicida verrà definito come un debole, come una persona non più in grado di affrontare la vita, ma se l’uomo è caratterizzato dall’istinto di sopravvivenza, dalla paura del pericolo e della morte, come può un atto che va contro a questo istinto, che distrugge la paura della morte, essere considerato come un atto di debolezza? Se davvero l’uomo è dotato del libero arbitrio, come può il suicidio essere un atto indegno? Com’è possibile che Brittany Maynard non amasse la vita, se quel che ha fatto è stato godersi appieno i suoi giorni insieme a chi amava prima che la malattia glielo impedisse per sempre? Allora, probabilmente, sarebbe meglio definire il significato della vita prima di perder tempo ad abbozzare quello del suicidio.
C’è chi pensa che la vita inizi con il primo battito del cuore e finisca con l’ultimo respiro. Ci sono persone che pensano che la vita sia un dono da poter custodire e proteggere. E Brittany era una di queste, e ha voluto custodire la sua vita così come la conosceva. Il rispetto più grande, talvolta, passa per il silenzio.

Marika Di Carlo


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