La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Progetto Axia: la Nestlè finanzia una fetta della ricerca universitaria

Scritto da – 30 Agosto 2010 – 02:09Nessun commento

Piazza Rondanini, Roma. La sede della Conferenza Rettori delle Università Italiane. Il 27 aprile 2009, presso la sala conferenze, si svolge l’importante presentazione di “un importante progetto che vede la diretta collaborazione tra le università italiane e il Gruppo Nestlè”. Con queste parole Tiziana Ferrario, giornalista del Tg1 e firmataria del progetto, presenta ufficialmente il progetto Axìa. Per la prima volta il collegio nazionale dei rettori stringe una partnership finalizzata alla ricerca con la più importante multinazionale alimentare. Axìa in greco significa “valore”. Con questo nome si vuole sottolineare l’importanza data alla conoscenza, fine ultimo e valore fondante della ricerca e che per questo va largamente condiviso. Manuel Andrès, capo Mercato del gruppo svizzero, spiega così la novità del progetto:” è la prima volta che facciamo un lavoro di questo genere, dove abbiamo messo 117 progetti a disposizione di tutte le aziende per tentare di svilupparli. Noi ne abbiamo scelti quattro”.

Le linee guida di questi 117 progetti sono contenute in un librone, scaricabile in pdf dal sito della Crui, dal titolo “Alimentazione, sostenibilità e multiculturalità. Azioni, riflessioni e temi di ricerca”. La triade di sostantivi inquadra le tre aree tematiche a cui afferiscono le proposte di progetti. Il volume , come dice lo stesso Andrès nella premessa, “è il primo contenuto e contributo concreto con cui iniziamo a restituire alla collettività- studiosi e ricercatori, ma soprattutto Istituzioni e operatori della business community- il censimento dei progetti che, sui temi identificati, le Università italiane vorrebbero investigare”.

La prima parte della summa di Axìa consta del cosiddetto “studio di fattibilità”, ossia “l’individuazione dei temi più rilevanti e la definizione dei criteri di valutazione” e del “call for ideas”, cioè la raccolta di idee innovative e nuovi ambiti di ricerca. Tale compito è stato affidato all’ Università Iulm, in special modo alla persona di Vincenzo Russo. Il professore della Libera Università di Lingue e comunicazione ha commissionato ad un pool di esperti- esterni- la valutazione di tutti i progetti avuti dalle 80 università della Crui. Le linee guida che la ricerca dovrà far proprie  sono state indicate dagli opinion leader nel corso di alcune interviste. Per ogni singola area tematica gli esperti individuano dei sottoambiti verso cui concentrare gli sforzi di ricerca. Per l’alimentazione, i sottoambiti sono “nutrizione”, “industria” e “mercato”; per la sostenibilità sono “sostenibilità e alimentazione”, “energia” e “produzione” mentre per la multiculturalità sono “multiculturalità e alimentazione”,  “salute”, “comunicazione e marketing” e “mercato e consumi”.

I QUATTRO PROGETTI DI NESTLE’- Nestlè finanzia direttamente quattro progetti, tre nell’area alimentazione ed uno nell’area sostenibilità. Come testimoniano i grafici nella prima parte del volume, è stato più complesso individuare dei proficui campi di ricerca nella multiculturalità. Forse perché la concorrenza in quell’ambito è maggiore. Il primo progetto Nestlè s’intitola “I principi di sostenibilità: dai valori dichiarati ai comportamenti di consumo alimentare. Analisi del ruolo dei media nella costruzione e diffusione della rappresentazione sociale della sostenibilità”. Il progetto vede impegnate la Statale di Milano , lo Iulm , l’università di Catania, di Pavia e quella di Palermo. Ci si pone l’obiettivo di individuare i modi più efficaci per passare il messaggio pubblicitario, in particolare ponendo l’accento sulla sostenibilità e il significato che danno al termine le masse. Il secondo invece è denominato “la reputazione dei cibi nei processi di decisione di consumo alimentare”. Lo studio è perciò volto a “tracciare la relazione sussistente tra tipi di prodotto alimentare , cornice decisionale e decisore”e vede impegnata La Sapienza di Roma. Il terzo progetto, che verrà realizzato nel corso del prossimo biennio dall’Università Federico II di Napoli, è chiamato “Nuovi materiali polimerici per l’imballaggio rigido e flessibile”. L’ultimo progetto, invece, sul tema della sostenibilità, verrà sviluppato dall’Università di Milano Bicocca, l’Università di Firenze e la Federico II di Napoli. Il lungo titolo (“Verso l’individuazione di indicatori precoci dello stress idrico e carenza di nutrienti in agricoltura: sviluppo di metodi innovativi di telerilevamento iperspettrale da aereo”) indica che la ricerca riguarda il monitoraggio della vegetazione dall’alto. È evidente quindi che le ricerche finanziate hanno un proprio spessore scientifico indubitabile. Ma perché, fra tutti i progetti, Nestlè ha scelto proprio questi? Chi è davvero la multinazionale svizzera?

LA NESTLE’ SECONDO IL MENISLE VALORI- Nell’ottobre 2007 il mensile Valori ha dedicato un dossier alle multinazionali universalmente ritenute “cattive”.  Il quadro che emerge vede sì la conferma della condotta non eccelsa di molte di loro, ma si evidenzia anche come altre (Nike su tutte) abbiano iniziato un percorso di miglioramento per quanto concerne la sostenibilità, l’etica e la trasparenza. Nestlè compare invece nella lista delle aziende ancora “cattive”, con una reputazione che non accenna a migliorare. La multinazionale svizzera sta ancora pagando lo scotto “per le sue pratiche commerciali irresponsabili messe in atto trent’anni fa o più con la vendita di latte in polvere nei paesi africani”, come dice il professore di strategia commerciale Davide Ravasi.  A ciò vanno ad aggiungersi le accuse più disparate collezionate da Nestlè in questi ultimi anni. Nel luglio 2005, insieme ha Archer Daniels (ADM) e Cargill, la multinazionale è stata accusata dall’International Labor Rights Fund di traffico di bambini, torture e lavoro forzato. Così scrive Elisabetta Tramonto, caporedattrice di Valori:” Il rapporto parla di 12.000 bambini ridotti in stato di schiavitù nelle piantagioni di cacao della Costa d’Avorio, 284.000 quelli che usano il machete e 153.000 quelli che usano pesticidi senza protezione. Numerosi anche i casi di denuncia di violazione dei diritti dei lavoratori, in particolare in Colombia e nelle Filippine. Giudizi positivi, però, appaiono nei rapporti delle agenzie che attribuiscono valutazioni etiche alle imprese, sul fronte del coinvolgimento dei lavoratori e della tutela ambientale…”. Nel marzo 2009, per la prima volta nella sua storia, Nestlè ha perso una causa in Italia. Il Codacons Sicilia aveva accusato la multinazionale di aver utilizzato un inchiostro intossicante nelle confezioni di latte e yoghurt. L’Arpa – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Regione Marche- il 22 settembre 2005 sequestrò i prodotti e li analizzò. A quasi quattro anni di distanza, i risultati inchiodano la Nestlè: quelle confezioni TetraPack contengono “tracce di un componente chimico, identificato come IsopropilThioXantone (ITX), utilizzato come fotoiniziatore di inchiostri nella fabbricazione di imballaggi” (Corriere della Sera, 2 marzo 2009). In sostanza, quel latte è alterato. Il giudice di pace di Catania Salvatore Fisichella è costretto ad emettere una sentenza di condanna.

CONCLUSIONI- Ricapitoliamo: Nestlè è il maggiore colosso mondiale in campo alimentare. Ha un bilancio in attivo, cura molto la sostenibilità ambientale ma dal punto di vista etico ha una pessima reputazione. La Crui è la maggiore istituzione universitaria ma vede la propria ricerca ferma in mancanza di fondi. Ecco che nasce Axìa: un progetto che vede un ingente finanziamento su più atenei, una massiva partecipazione universitaria e che dà finalmente alla Nestlè una chance di salvare la propria immagine. E rafforzare ancora maggiormente il suo profilo di ditta sostenibile e attenta alle politiche aziendali. Per cancellare finalmente l’onta della vendita di latte in polvere, che dal punto di vista nutrizionale è meno ricco di quello materno, a paesi poveri dell’Africa (si veda il sito www.ribn.it). Resta ancora un dubbio però da chiarire: è etico che l’università si faccia finanziare da una multinazionale di questo tipo?

INTERVISTA A VINCENZO RUSSO, RESPONSABILE DELLO STUDIO DI FATTIBILITA’ DEL PROGETTO AXIA

Come nasce il rapporto tra Nestlè e Crui?

Nasce da Nestlè con l’intento di finanziare la ricerca scientifica in Italia.  Le basi del progetto sono state poste nel marzo 2008, quando ancora non infuriava la polemica sulla disponibilità dei fondi universitari, sui concorsi accademici e quant’altro. Si era già programmato un intervento a livello accademico sulla responsabilità sociale, pensando di investire quasi un milione di euro. Non si può certo sostenere l’intera ricerca italiana, ma si possono almeno supportare i centri di eccellenza.

E perché scegliere proprio la Crui come intermediario?

Perché è l’organo per eccellenza delle università. L’idea di Nestlè non era quella di agganciarsi ad una o a più accademie, ma avere l’apporto di tutti per individuare quali sono i temi più importanti per la ricerca italiana. La Crui è il punto di riferimento istituzionale delle università. Attraverso la Conferenza il messaggio è stato trasmesso a cascata in tutti e 80 gli atenei, sia pubblici che privati. Considerando che il bando risale a luglio 2008, quindi non il periodo migliore per la vita accademica,  le difficoltà di comunicazione interna, che ci sono sempre, il fatto che in 33 università abbiano risposto, coinvolgendo più di 500 docenti, per noi significa un discreto successo.

La scelta dei temi è stata dettata dall’Expo 2015, appuntamento nel quale si metterà particolare attenzione al tema della nutrizione?

Dire che sono stati scelti per l’Expo secondo me è troppo. Sono stati scelti perché sono i tre ambiti di dibattito di quest’ultimo secolo. L’alimentazione, la sostenibilità e la multiculturalità, intesa appunto come processo e come integrazione, sono fra i temi più caldi della nostra società.

E i finanziamenti? Come vengono stanziati?

Dei 117 progetti approvati dalla commissione di valutazione, 4 sono finanziati da Nestlè attraverso un canale diretto tra Nestlè e le università coinvolte. Va considerato che i progetti sono 4 ma le università che partecipano al progetto sono sempre più di una. In un momento storico come questo, si tratta di un investimento eccezionale per il campo della ricerca.

Entrando nel merito: uno dei progetti sull’alimentazione riguarda la ricerca di “Nuovi materiali polimerici per l’imballaggio rigido e flessibile di alimenti”. Sul Corriere della sera del 2 marzo 2009, però, si legge che Nestlè e TetraPack sono state condannate proprio perché alcuni imballaggi contenevano delle sostanza intossicanti. Forse per tale ricerca Nestlè non è proprio la multinazionale più adatta…Invece forse il tema è particolarmente sensibile per Nestlè. Forse c’è una maggiore consapevolezza e interesse anche per questo motivo. Non dimentichiamoci, poi, che Nestlè non fa ricerca. Le ricerche le fanno le università e Nestlè non influenza né controlla. Le università sono assolutamente libere.

Passiamo invece alla sostenibilità. Nei progetti si parla sempre del tema in chiave ecologica. Ma non è possibile, invece, indagare anche una “sostenibilità etica”?

No, la sostenibilità è sempre ecologica. Semmai, ribaltando i termini, si può parlare di “etica della sostenibilità” e quello è chiaro che sia un tema fondante della ricerca…

La domanda nasce dalla constatazione dell’alto numero di reti che boicottano Nestlè. Per esempio, la Rete Italiana Boicottiamo Nestlè (www.ribn.it) , citata anche da Altreconomia, definisce “immorale” la gestione dell’azienda, colpevole di speculare sui soggetti deboli. Si riferisce, in special modo, al commercio del latte in polvere, venduto a popoli africani poverissimi in sostituzione del latte materno, ma privo delle stesse proprietà nutrizionali. Il risultato è la malnutrizione.

È chiaro che su internet si trova di tutto. Non solo informazione ma anche disinformazione. Non sto ad entrare nel merito di quanto sia etica la gestione di Nestlè, anche perché non riguarda la ricerca. È chiaro che è bene che il tema sia al centro di un dibattito, anche perché noto comunque che Nestlè risponde sempre fornendo dei dati alternativi a queste reti di boicottaggio. È perciò positivo se questo tema che sollevava lei arrivasse anche in un contesto accademico. Va peraltro aggiunto che è impossibile trovare un altro investimento come questo per un progetto di responsabilità sociale.

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