Mafia Capitale: Tangentopoli non è mai finita
La recente inchiesta avviata dalla Procura di Roma, definita “Mafia Capitale”, è l’ultima di una serie di scandali che hanno gettato ulteriori ombre sugli uomini politici italiani. Ombre che sembrano far rimbombare in tutto il Paese la parola “tangentopoli“. Quando negli anni novanta venne scoperchiato un sistema politico fatto di corruzione, finanziamento illecito ai partiti e clientelismo, gran parte della classe politica dirigente fu travolta, portando alla scomparsa di partiti e politici che avevano governato il paese fino a quel momento. Il disgusto e l’indignazione furono i sentimenti dominanti in quel periodo: proteste, insulti, monetine lanciate in faccia ai politici. Insomma, un terremoto che, solo apparentemente, stava spazzando via questo sistema e, allo stesso tempo, dava all’Italia un’opportunità di riscatto. Dalla seconda metà degli anni ’90 vi furono nuovi protagonisti nello scenario politico, e tutto sembrava alle spalle: tangentopoli era finita. Questa è l’illusione a cui sia il popolo italiano sia i giornali hanno voluto credere per anni, forse perché nessuno voleva tornare in quel clima da “homo homini lupus”, o forse per l’eccessiva fiducia data alla nuova classe dirigente che si è sempre posta come redenta rispetto a quella precedente.
Nel corso del 2014 si è assistito a numerosi scandali: l’Expo, la cui organizzazione è stata caratterizzata da numerose vicende giudiziarie legate a reati quali associazione a delinquere, turbativa d’asta e truffa; il MOSE di Venezia, progetto in cui amministratori e politici sono coinvolti in un circolo di tangenti e corruzione. Recentemente, l’inchiesta “Mafia Capitale” sta facendo emergere un sistema marcio, dove sono coinvolti ex terroristi fascisti, persone legate alla criminalità organizzata e, naturalmente, politici. Secondo gli atti della procura esisterebbe a Roma una struttura di stampo “mafioso” che avrebbe truccato numerosi appalti così da appropriarsi di ingenti somme di denaro pubblico, utilizzate per mazzette o per finanziare attività criminali. Tutti episodi che evidenziano una politica debole in balia d’interessi criminali. Nonostante già in passato si fosse assistito al declino della politica italiana, nulla sembra essere cambiato. Anzi, la corruzione sembra ormai fortemente radicata nella nostra cultura. D’altronde, quando il copione è lo stesso, anche se cambiano gli attori, la storia non cambia.
Tangentopoli non è mai finita. È stata solamente nascosta sotto il tappeto da parte di politici corrotti che avevano interessi personali, a scapito del bene comune che dovrebbe essere alla base della cosa pubblica. Questo, inoltre, è stato favorito da un’opinione pubblica passiva, senza un senso di spirito civile, guidato dall’idea che nulla può essere cambiato, quindi l’importante è sapersi arrangiare. La corruzione fa parte dell’arte di arrangiarsi, è il suo lato oscuro. Secondo il Financial Times noi siamo l’unico paese che regredisce, nessun’altra nazione negli ultimi 45 anni mostra una parabola discendente come la nostra. Il reddito reale è oggi più basso di 15 anni fa. Inoltre, il costo totale della corruzione ammonterebbe a più del 50% del PIL, secondo gli analisti, dato che si tratta di soldi pubblici che erano destinati al benessere sociale. La situazione è drammatica ed infatti i figli dei ricchi sono tutti all’estero, quei pochi che sono rimasti mandano avanti l’azienda di famiglia nella palude della corruzione politica.
Nonostante tangentopoli fosse stato uno dei momenti più bui della storia repubblicana, era l’occasione per riscattarsi e per pretendere una politica e uomini migliori. Gli scandali che ne sono seguiti sono il sintomo di un fallimento da parte dei cittadini italiani, incapaci di far valere i propri diritti. Finché ognuno si curerà del proprio “orticello”, l’Italia sarà destinata ad un futuro pallido e privo di prospettive.
Edoardo Cossu
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