La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Mafia Capitale: le stelle di Mori

Scritto da – 16 Novembre 2015 – 18:12Nessun commento

generale MoriIl 5 novembre 2015 si è aperto a Roma il dibattimento del processo a mafia Capitale, a undici mesi dall’arresto di Massimo Carminati e dei suoi uomini. Nei salotti –più o meno- intellettuali è ancora aperto il dibattito in merito alla corretta definizione di questo sistema di corruzione, minacce, affari e tangenti. Come se chiamarla “mafia” o in qualsiasi altro modo, facesse alcuna differenza; come se, a distanza di trent’anni dal maxi-processo di Palermo del 1986, ancora ci spaventasse parlare ad alta voce di mafia. Certo è, che a leggere i giornali sembra davvero di essere tornati indietro di trent’anni. O meglio, venire a conoscenza dei meccanismi che per anni hanno corroso gli ingranaggi di gestione della città eterna, ci mette davanti ad un fatto orribile quanto ineluttabile: da allora, poche cose sono cambiate. Tuttavia, se i nomi degli esponenti di spicco dell’organizzazione criminale sono cambiati, quelli di coloro che sono, o sarebbero dovuti essere, dall’altra parte, quella dei giusti, non lo sono poi tanto. Tra i tanti nomi familiari, più o meno coinvolti nella faccenda, uno in particolare salta agli occhi di chi segue con attenzione l’esito dei processi riguardanti gli anni delle stragi e della -presunta- trattativa. Mario Mori, uomo cardine della lotta al terrorismo durante gli anni della tensione, dal 1986, trasferitosi a Palermo, diventa un personaggio centrale anche nella lotta alla mafia. A guardare la sua carriera si potrebbe trarne un esempio per ogni giovane che voglia un futuro nell’arma. Entra nei Carabinieri nel 1965 come tenente colonnello, per poi passare al SID (servizi segreti civili) per qualche anno; è stato comandante della sezione operativa anticrimine a Roma, per poi passare alla guida, nel 1990, dell’allora neonato ROS. Solo tre anni dopo che il generale è al comando del Raggruppamento Operativo Speciale, Totò Riina viene catturato. Un colpaccio, per Mori e i suoi uomini. Motivo di orgoglio e di sonanti promozioni: nel 1999 viene promosso a capo della Scuola Ufficiale Allievi dei Carabinieri, nel 2001 diventa comandante della Regione Carabinieri Lombardia e, sempre nello stesso anno, il governo Berlusconi lo nomina prefetto e direttore del Sisde. Anche dopo la meritata pensione, giunta nel 2006, dopo 40 anni di onorata carriera, il generale continua a servire, fedelissimo, il Paese: nel 2008 è nominato consulente per la sicurezza dall’allora sindaco della capitale Alemanno e, più o meno nello stesso periodo, controllore della regolarità degli appalti EXPO, nominato dall’ex governatore Formigoni.

Tuttavia, anche a leggerla in questo modo, tutta d’un fiato, questa storia ha qualcosa che non quadra. Il quadro generale dipinge un passato di successi e onori, ma le singole vicende raccontano, al contrario, una storia di sbadataggine, di errori grossolani che, voluti o non voluti, hanno cambiato il corso degli eventi. C’è ad esempio la storia di quando, dopo aver catturato l’allora boss latitante Salvatore Riina, il ROS, sotto comando di Mario Mori e Sergio De Caprio, lascia il covo incustodito per ben due settimane (seppure fosse stato richiesto dal procuratore Caselli di tenerlo sotto stretta osservanza), permettendo a chi di dovere di ripulirlo completamente da qualsiasi prova, documento o traccia. Hanno persino avuto il tempo di tinteggiare i muri. De Caprio ha dichiarato di aver ritenuto quella casa solo la residenza di Riina, non il centro operativo di Cosa Nostra (di cui, ricordiamo, Riina era il capo), per questa ragione non hanno ritenuto di dedicarvi il tempo di darci un’occhiata. Per questo fatto Mori e De Caprio sono stati processati, ma assolti. Secondo il Tribunale di Palermo “il fatto non costituisce reato”. Infatti, pare “faccia curriculum”.

Proseguendo in questa breve esegesi della carriera del generale Mori troviamo nel 1993 la mancata cattura del latitante mafioso Nitto Santapaola, che per una sventurata coincidenza viene cercato nella villetta sbagliata, quella accanto alla sua, dandogli il tempo di fare i bagagli e scappare. Reato? No, errare è umano. Nel 1995 la scena si ripete e, nonostante una precisa soffiata sulla presenza in una villetta di Mezzojuso di Bernardo Provenzano, succedutosi a Riina al comando di Cosa Nostra, si decide di procedere con “un’osservazione a distanza”. Così a distanza che le manette Provenzano non le vede fino al 2006. Anche questa sbadataggine è costata al generale Mori e al colonnello Obinu, un processo per favoreggiamento a Cosa Nostra. Anche in questo caso i militari sono stati assolti in primo grado, in quanto “il fatto non costituisce reato”. Menomale, perché se lo fosse, ci sarebbe anche la recidiva.

Tant’è che, come accennato in precedenza, dal 2008 al 2013, il sindaco Alemanno affida a Mori l’onere e l’onore di mettere in sicurezza la capitale. Costo stimato della prestigiosa collaborazione per le tasche dei romani, 605 mila euro (più ovviamente il costo di altri tre dirigenti per l’ufficio di extraparlamentare creato ad hoc, un milione e mezzo di euro, e dei progetti messi in pratica, 200 mila euro). Tutto fantastico, se è per la legalità, in fondo, sono soldi ben spesi. Peccato però che, secondo la procura di Roma, gli anni che vanno dal 2008 al 2013 sono proprio quelli in cui Carminati e Buzzi hanno iniziato a tessere la loro trama di minacce e collaborazioni con l’amministrazione romana. E, anche questa volta, Mori, regista del Dipartimento per la Sicurezza, pare non essersi accorto di nulla. La stessa attenzione l’ha probabilmente dedicata a controllare le assegnazioni degli appalti di EXPO, dati gli infausti e malauguratamente celebri epiloghi. E mentre i giovani, proprio ad EXPO, lavoravano gratis pur di riempire il curriculum di esperienze e sperare di vedere “ap-pagati” i propri sforzi, c’è chi una, carriera coi fiocchi, se l’è costruita nonostante le pregresse esperienze.

Antonella Serrecchia


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