La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il viaggio del papello

Scritto da – 1 Settembre 2010 – 18:44Un commento

Esistono tanti tipi di rapporti, che coinvolgono gli uomini o gruppi di uomini, sono attraverso questi che vengono esplicitati alcuni valori  fondamentali  della nostra società, parlare così della relazione tra Stato-Mafia non è certo un argomento leggero né semplice: per il numero di persone coinvolte, che si pensano siano coinvolte e per quelle che pur essendolo non si conosceranno mai. Per trattare questo tema consentitemi di riportare fin da subito, alcuni nomi chiave di persone che intorno a loro sviluppano personali e singole vicende, ma che prese nel loro insieme vengono a disegnare il soggetto della nostra trattazione…In poche parole, ecco gli attori ora più noti del rapporto Stato-Mafia: il sig.Riina Totò, il sig. Provenzano Bernardo, due uomini “d’onore” Vito e Massimo Ciancimino –l’erede poco contento, l’on. Dell’Utri Marcello e il Presidente del Consiglio Berlusconi Silvio- per  “Forza d’Italia”, Carlo o Franco (l’uomo misterioso), il Generale Mori, i magistrati Falcone Giovanni, Borsellino Paolo -gli eroi postumi.

La narrazione di questa vicenda è stata ripresa in maniera alquanto altalenante dai media quest’estate, grazie alle confessioni che Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito, ha gentilmente iniziato a rilasciare, dopo essere stato condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi di reclusione per riciclaggio, intestazione fittizia di beni e concorso in tentata estorsione. Lo ha fatto però, come lui stesso dice perché, rispetto ad un annetto fa si è accorto che si è trovato di fronte a uomini nuovi o meglio intenzioni nuove che mirano a capire quale sia la verità e non a trovarne una falsa per chiudere, far tacere le prove. Insomma sembra che la nuova procura di Palermo, quella retta da Messineo abbia colpito la coscienza di Ciancimino Jr. Non come quella passata, che non prese neanche in esame un frammento di lettera trovata durante una perquisizione nella sua casa, anzi la lasciò marcire in uno scatolone (basterebbe questo per scrivere un articolo, se non un intero libro). Ma tra le  dichiarazioni rilasciate da Massimo Ciancimino ce ne sono alcune che interessano anche altri casi in corso mandati avanti dai pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia,  nell’ambito del processo Mori – Obinu per la mancata cattura di Provenzano, prima di quella ufficiale avvenuta nel 2006. Insomma una vera fonte di notizie che consolidano legami non solo tra persone ma tra fatti che queste persone produssero al tempo della nascita di quella che si indica come Seconda Repubblica Italiana.

Infatti è proprio in questo periodo della nostra storia che le vicende iniziano a  manifestarsi (ci troviamo negli anni 1992-1994), quando si verificarono importanti cambiamenti nell’ambito politico a seguito della vicenda “Mani pulite”- l’indagine giudiziaria che portò alla luce la scottante corruzione, concussione, finanziamento illecito dei partiti ai livelli più alti del settore  e di quello finanziario del nostro paese; ai conseguenti terremoti elettorali che segnarono la fine dell’alleanza tra Craxi-Andreotti-Forlani; l’arresto di molti uomini d’onore, le stragi che tolsero la vita ai magistrati Falcone e Borsellino e quelle di Milano, Bologna, Firenze; il tempo in cui nel riassetto dei posti di potere sconvolti si tentò di far nascere questa relazione tra Stato e Mafia, avendo perso quest’ultima, con la mutilazione della DC, il proprio aggancio con la politica.

La testimonianza del figlio di un uomo coinvolto a pieno titolo in tale rapporto, non può non dare peso ad una rievocazione di vicende trascorse che hanno però fantasmi in carne ed ossa che aleggiano ancora oggi per mantenerlo vivo.

Grazie a lui abbiamo una riconferma dell’esistenza del famoso papello, un foglio di carta scritto di pugno dal capo della Cupola nel quale ci sarebbero le richieste che  i Corleonesi muovevano agli intermediari dello Stato per fare cessare le stragi, dopo quella di Capaci avvenuta nel Maggio 1992. Il primo che parlò della sua esistenza fu Giovanni Brusca dal carcere di Rebibbia nel 1996, specificando che le richieste miravano ad ottenere un carcere meno duro per i reati di mafia, tramite la modifica delle leggi Rognoni/La torre e Gozzini, la riapertura del Maxi Processo, varie richieste per fare uscire dal carcere alcuni anziani mafiosi…

Da ciò quindi si dedurrebbe anche che la strage di via d’Amelio sarebbe una conseguenza di questa trattativa in corso e non un suo proseguimento. Infatti da diverse testimonianze e prove risulterebbe che il magistrato fu messo al corrente da Nicola Mancino, il Neo-Ministro degli interni del tempo, sull’esistenza dei contatti in corso tra esponenti dello Stato e Riina/Provenzano, anche se egli negò sempre di aver incontrato Borsellino per tale fine. Quello che si pensa è che il magistrato si oppose e per questo venne eliminato. Ma Mancino lo ritroviamo citato da M. Ciancimino  per un altro fatto interessante: dal padre apprese che mentre il dialogo con le istituzioni era aperto, pretese dal Generale Mori, colui che fungeva da punto di collegamento tra Mafia e Governo nonché comandante del ROS, di sapere quali coperture politiche avrebbe ricevuto da entrambi gli schieramenti  per far proseguire le trattative. E proprio Nicola Mancino fu riferito essere un punto di aggancio, per l’opposizione invece venne fatto il nome di Luciano Violante, che sarebbe diventato a breve presidente della commissione Antimafia. Dopo le parole di Massimo Ciancimino e 17 anni di silenzio quest’ultimo ha deciso così, di correre alla procura di Palermo e ammettere che in effetti il Generale Mori gli chiese più volte di realizzare questo incontro, ma lui ovviamente rifiutò sempre…Certo queste dichiarazioni sarebbero da approfondire meglio e soprattutto bisognerebbe sottolineare l’importanza che avrebbero avuto se rilasciate al tempo, quando ancora lo stesso Generale Mori non era stato assolto dal processo per mancata perquisizione del covo di Riina e rinviato a giudizio per la mancata cattura di Provenzano.

Sempre da Massimo Ciancimino apprendiamo inoltre la “strada” fatta dal Papello  che sarebbe passato attraverso queste mani: dai capi di Cosa Nostra-Riina/Provenzano a Vito Ciancimino, poi ad un certo Franco o Carlo (un uomo di fiducia di Vito e che lavorava nei servizi segreti), fino al Generale Mori.

Vito Ciancimino verrà però arrestato nel dicembre 1992 e un solo mese più tardi la stessa fine farà Totò Riina. Con queste catture viene così ad interrompersi la fase delle trattative caratterizzate dall’oggetto del Papello. Ma secondo alcuni giudici di Palermo non cessarono invece i rapporti tra Stato e Mafia, prendendo questi una nuova forma, come se anche per  Cosa Nostra ci fosse una seconda rinascita a pari merito della nostra seconda Repubblica. Tolti di mezzo il padre di Massimo Ciancimino e Riina, Provenzano risultò essere il capo indiscusso della mafia, di indole tuttavia molto meno stragista allacciò e consolidò rapporti con nuove figure emergenti nel campo politico italiano. Infatti dalle dichiarazioni di M. Ciancimino veniamo ad apprendere dell’esistenza di almeno tre lettere che Provenzano avrebbe mandato a Berlusconi. La prima databile all’inizio del ’92, prima delle stragi, la seconda fine ’92 dopo le stragi, la terza inizio ’94, quella di cui i magistrati ne posseggono circa la metà e nella quale Provenzano si rivolge a Berlusconi chiamandolo già onorevole, segno della sua ormai entrata in politica. Anche in questo caso le lettere come il Papello non venivano spedite ma recapitate a mano da Provenzano attraverso Vito Ciancimino-Dell’Utri Marcello-Berlusconi Silvio.

Marcello dell’Utri oggi senatore della Repubblica per il Popolo della Libertà, fondò con Silvio Berlusconi Forza Italia nel 1994 ed è stato condannato nel 2005 a 9 anni di reclusione in primo grado per concorso esterno in associazione di tipo mafiosa ed è in cassazione per frode fiscale. Ciò che emerse dalla sentenza è che si adoperò per costruire Forza Italia con fini diretti che venissero in aiuto alle richieste mafiose di Cosa Nostra. Fatto sostenuto in particolar modo anche da un pentito di mafia, Antonino Giuffrè che parlò di antichi rapporti e accordi presi tra Dell’Utri e Provenzano. Rapporti che si fanno risalire fino agli anni’70 almeno, quando Berlusconi, imprenditore in ascesa, tramite Dell’Utri e Cinà incontrò mafiosi del calibro di Stefano Bontade e Mimmo Teresi, il primo, capo mafia dell’epoca. La presenza a casa Berlusconi di un capo mafia del calibro di Vittorio Mangano, formalmente assunto quale stalliere, completa il quadro.

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