La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Egitto: coscienza di un popolo in rivolta

Scritto da – 12 Settembre 2013 – 12:34Un commento

Ho conosciuto un’egiziana quest’estate, siamo state insieme in vacanza. Una bellezza inconfondibile: carnagione bronzea, capelli mogano, occhi scuri, incisivi, potenti. Ha sempre vissuto qui da noi; è nata in Italia, ha frequentato le nostre scuole, si è diplomata e ha un lavoro che ama. Vive a casa con i suoi e suo fratello, ha un legame meraviglioso con la sua famiglia, guai a dirle che potrebbe anche prendere un appartamento da sola. Ciò che davvero mi ha colpito nel profondo, però, è l’ancestrale, carnale, bruciante legame che avverte con la sua terra d’origine. Dovrebbe essere più una terra di vacanze, insomma, è nata e cresciuta in Italia, ha qui i suoi amici, i suoi legami, la sua vita…torna a Sharm di tanto in tanto, da quando lavora ancora meno, poi di questi tempi…

Appunto, di questi tempi. Ho voluto farmi raccontare da un’egiziana cristiana ortodossa la sua opinione su questi tempi, su quello che ogni giorno ci viene mostrato in tv. Ne è nato un racconto che non mi sarei aspettata, che ci ha portate a passeggio tra  dune sabbiose e poi ci ha scaraventato brutalmente tra le strade di un paese che sta vivendo una delle più feroci guerre civili degli ultimi anni. Voglio riportarvi qualcosa di quello che so, di quello che la mia amica ha voluto condividere con me. L’Egitto è un tavolo da gioco: Occidente e Oriente, Islam e Cattolicesimo, Integralismo, Terrorismo, Mediazione…tutto passa per l’Egitto. E in questo particolare momento storico tutti sono in guerra contro tutti. Ci si schiera da una parte o dall’altra, si sostiene prima un partito, poi quello vincente, poi quello schiacciato, poi i portatori della democrazia, poi il tiranno, poi l’esercito, poi le vittime innocenti: alla fine i termini si confondono e non capiamo più chi è cosa, a che gioco stiamo giocando.

Ecco, questo vale per noi, che ascoltiamo le notizie in tv. Chi è nato in Egitto, ha lì molti dei suoi cari e associa immagini e ricordi e speranze di vita a luoghi che noi sentiamo solo nominare, chi conosce il volto dei protagonisti di questa drammatica e violenta epopea, sa bene da che parte schierarsi. Noi ci gloriamo dello stendardo della democrazia che crediamo di portare a un popolo tiranneggiato…in realtà neppure capiamo cosa c’è dietro. Beh, dietro ci sono un po’ di complessi meccanismi di gestione della diversità. E chi è il diverso in Egitto? Il cattolico ortodosso sa di essere una minoranza, ma anche la Fratellanza Islamica Integralista lo è. Non si vince e non si perde con i numeri, però …perché se i numeri valessero davvero, sarebbe bastata una conta degli uomini, delle donne e dei bambini scesi in piazza a rivendicare i diritti che una Costituzione dittatoriale le nega, per segnare il punto della vittoria.

Io stavo lì ad ascoltare, e intanto continuavo a chiedermi: perché un popolo è costretto a protestare contro la propria Costituzione? Perché, come neppure nei sogni più entusiastici si sarebbe mai sperato, ortodossi e musulmani moderati scendono in campo fianco a fianco contro qualcosa che dovrebbe tutelarli e contro qualcuno che sostiene di non far altro che bere fino all’ultimo sorso il calice della propria religione? Non stiamo qui a dibattere su dove sia l’errore, naturalmente non lo troveremmo mai. Né sta a me dispensare giudizi, avallare ipotesi, sostenere o demolire tesi che purtroppo non padroneggio fino in fondo. Però le domande non posso evitare di pormele e non posso saltare a piè pari le risposte che mi trovo davanti man mano.

Costituzione, dicevo. Beh, quando una Costituzione viene imposta con la forza, evidentemente c’è qualcosa che non va. Quando un presidente viene eletto con un’affluenza alle urne forzata, facendo leva su un popolo in gran parte analfabeta, persuaso in nome del proprio dio ad agire in un modo di cui sarà il primo a pentirsi, è sicuro che le cose non stiano andando come dovrebbero. «Di certo parole come “democrazia”, “diritti”, “benessere” , promessi dai giornalisti e attivisti del Qatar, grande benefattore della fratellanza e di Al Jazeera -suo braccio mediatico- vengono svuotate del proprio significato originario, e quella trasmessa ai più è una verità di comodo». Parole della mia amica, queste, eppure le nostre orecchie le hanno già sentite. Strumentalizzazione di mezzi mediatici, promesse di democrazia e benessere che imbiancano una facciata putrescente, verità più fasulle di un euro di carta (o di un euro e basta), bugie, inganni, accordi sottobanco, manipolazioni, sono tutti valori che noi italiani conosciamo ben bene. Così bene da averci dormito su per anni, sperando prima o poi in un punto di non ritorno da cui far partire una reazione. Appunto, l’Egitto sta avendo una reazione.

E poi religione, mi domandavo. Ecco, io mi sono fatta un’idea. La mia amica ha una piccola croce tatuata sul polso destro: tutti i bambini ortodossi vengono marchiati così. E’ quasi parte del loro battesimo. La comunità ortodossa in Italia si riunisce regolarmente, ha una propria chiesa, dei propri principi fondanti, non vede tanto di buon occhio il “vivere all’italiana” di molti giovani egiziani. La loro chiesa è divisa in tre navate: oltre a quella centrale, le due laterali sono rispettivamente destinate una agli uomini l’altra alle donne. I francescani ortodossi non confessano le donne, perché hanno fatto voto di castità. Non si scherza sulla questione della verginità che va preservata fino al matrimonio e neppure sul modo di vestire, parlare, avere a che fare con l’altro sesso c’è grande disinvoltura. Ogni famiglia poi è a sé, ciascun genitore decide per i propri figli e naturalmente alcuni temono più o meno degli altri il giudizio della comunità. Neppure su questo apro un dibattito, né scendo in settori che poco mi competono, però dico questo: trovo, in questo modo di avvertire e vivere la religione, un punto di contatto con l’Islam imprescindibile. Il bisogno di difendersi. Chiudersi in tradizioni, confini ben determinati, limiti evidenziati con una successione esponenziale di frecce rosse e grosse X , “marchiarsi” per distinguersi dall’altro e dimostrare di non aver paura, di “ostentare”, anzi,  a volte, ciò in cui si crede, è più che altro, a mio superficiale parere, un bisogno di difendersi.

Nato dalla convivenza difficile, dalla lotta continua anche solo ideologica, dagli anni di un costante e vicendevole rintuzzarsi. Ecco, se queste due “fazioni” scelgono l’unità anche solo una volta nella storia, e se noi siamo testimoni di questa solidarietà contro un nemico comune, la scelta del “con chi schierarsi” diventa davvero semplice, a parer mio. La libertà è la scelta. E sono sempre i molti a chiedere la libertà, mai i pochi che temono di essere spodestati. Quando ti poni un obiettivo così alto, chi è che può non assecondarti? Quale Dio può farti da barriera?

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