Da Klimt al Kitsch: l’Opera d’Arte Totale
Il postmoderno è morto, ci annunciano dal Victoria and Albert Museum di Londra con mostra postmortem dell’era che ci ha cresciuto, labirinto di stimoli culturali non gerarchizzati, intercambiabili, sinestetici, globalizzati, regno dell’estetica kitsch. Tanto per dire, la Gioconda vale quanto il vestito di carne di LadyGaga. Eppure, nonostante l’annuncio funebre, ci sono angoli del nostro mondo in cui il kitsch ancora sopravvive e prospera, ed è tanto più curioso ritrovarli alle radici della cultura che l’ha creato. Andate a visitare la mostra “Gustav Klimt, disegni intorno al Fregio di Beethoven” allo spazio Oberdan di Milano e il primo confronto che avrete con le Erinni e il catartico Bacio liberatore dell’umanità saranno le stampe dei personaggi su borse, agende, ombrelli Jugendstil: il merchandising del bookshop. Non è un caso. Potremmo considerarla l’aberrazione kitsch di quella “compenetrazione delle arti” teorizzata in modi raffinatissimi da Ver Sacrum, la rivista pubblicata dal 1898 al 1903 dalla Secessione Viennese, della quale Klimt è interprete eccezionale.
Nella prima sala della mostra milanese curata da Annette Vogel, Lorenza Tonani e Maria Porro, le copertine di Ver Sacrum e i manifesti delle esposizioni della Secessione permettono di entrare nel vivo di un’epoca nel momento in cui percepisce l’avvicinarsi della fine, splendido canto del cigno della Belle Epoque. La primavera sacra, per gli antichi romani ricorrenza rituale che nei momenti di calamità segnava la fondazione di una nuova comunità da un manipolo scelto di giovani, per i secessionisti di inizio ‘900 è la ricerca di una rinascita attraverso l’arte: è il frutto dell’armonica fusione di poesia, grafica, illustrazione, musica. Joseph Hofmann, Gustav Klimt e Kolo Moser lavorano ad uno strumento culturale di radicale novità per <<risvegliare stimolare diffondere>> attraverso fonti eterogenee.
Nasce così il Fregio di Beethoven nel Palazzo della Secessione Viennese, 34 m di racconto per immagini: i personaggi raccontano il riscatto dell’umanità attraverso l’arte. Realizzato nel 1902 per la XIV mostra della Secessione come corale celebrazione della figura di Beethoven, incarnazione del genio di amore e abnegazione, il fregio ruota intorno alla statua di marmo di Max Klinger e risuona nella nona sinfonia, l’Inno alla gioia. Sinestesia, musica per immagini, Gesamkunstwerk: è l’Opera d’Arte Totale teorizzata nel 1849 da Richard Wagner.
Il fregio è riprodotto in mostra a grandezza naturale da un team di giovani scenografi di Brera, genius loci in grado di far rivivere la sublime poesia in occasione del 150° compleanno di Klimt. Un apparato didattico ben costruito ci guida nella decifrazione delle allegorie dell’universo eroico dell’artista e le complesse realtà si sciolgono nella linea fluida e dorata della narrazione. L’eroe, simbolo dell’intera umanità, deve affrontare un viaggio negli inferi – e qui le Erinni hanno i tratti spaventosi di oscure maschere africane – per raggiungere la Poesia, seducente musa, e a lei ricongiungersi in un bacio universale.
La mostra milanese permette di scoprire attraverso i disegni preparatori dell’opera, essi stessi capolavori, il processo creativo dell’artista. Matita rossa, blu o nera, punta d’argento su carta disegnano i sinuosi di nudi femminili in pose naturali, per l’epoca vera e propria pornografia, ora fragili e seducenti icone di un’epoca esangue e bellissima. A conclusione della mostra, un video racconta attraverso la voce della curatrice, la Vienna del XIX secolo e l’arte grafica di Gustav Klimt.
<<Ad ogni tempo la sua arte e all’arte la sua libertà>>, era il motto della Secessione. Che anche questo nostro mondo in crisi possa avere la sua Primavera Sacra e trovare il suo riscatto attraverso l’arte, investendo sulla cultura come risveglio della mente.
….allo spazio Oberdan di Milano fino al 6 maggio 2012.
[…] Il postmoderno è morto, ci annunciano dal Victoria and Albert Museum di Londra con mostra postmortem dell’era che ci ha cresciuto, labirinto di stimoli culturali non gerarchizzati, intercambiabili, sinestetici, globalizzati, regno dell’estetica kitsch. Tanto per dire, la Gioconda vale quanto il vestito di carne di LadyGaga. Eppure, nonostante l’annuncio funebre, ci sono angoli del nostro mondo in cui il kitsch ancora sopravvive e prospera, ed è tanto più curioso ritrovarli alle radici della cultura che l’ha creato. […] Leggi l'articolo completo su Orizzonte Universitario […]