La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il lodo Alfano ed il caso Mills: guerra aperta alla magistratura

Scritto da – 29 Agosto 2010 – 11:29Nessun commento

In data 23 Luglio 2008 il provvedimento “in materia di sospensione del processo penale”, noto con il nome di “Lodo Alfano”, diventa legge. A proporlo alle Camere è stato il Guardasigilli del governo Berlusconi IV, Angelino Alfano, giovane parlamentare che nel 2005 ha preso il posto di Miccichè alla guida di Forza Italia nella regione Sicilia. Il provvedimento prevede un unico articolo suddiviso in otto commi: in sostanza, si dichiara che per tutta la durata di una legislatura, perciò teoricamente 5 anni, le più alte cariche statali, vale a dire il Primo Ministro, il Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera e il Presidente del Senato, godono dell’immunità parlamentare, anche “per processi penali antecedenti l’assunzione della carica”. Affinché sia ugualmente garantito il completamento dell’iter giudiziario, vengono sospesi anche i termini di prescrizione e, in caso di necessità, un giudice può chiedere di archiviare prove non rinviabili. Inoltre, per chi lo desidera, è ovviamente possibile rifiutare il privilegio sancito dal lodo.

A seguito dell’approvazione in Parlamento, l’opposizione fece forti pressioni affinché il presidente Napolitano non firmasse il decreto, ma ciò non avvenne. Il Quirinale pubblicò una Nota nella quale il Capo dello Stato spiegava che la sua posizione teneva conto di una sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 13 gennaio 2004, in cui il “Lodo Schifani” veniva giudicato incostituzionale , ma che nulla diceva sulla liceità o meno di decidere sull’immunità parlamentare con una legge ordinaria piuttosto che con una legge costituzionale (varata con un procedimento aggravato, cioè più rigido e complesso). Perciò Napolitano non considerò giusto interrompere l’iter di una legge già approvata da Camera e Senato. Nonostante ciò, Idv e Pd sollevano tuttora molti dubbi sulla costituzionalità della legge, perché secondo l’opposizione essa è smaccatamente in contraddizione con gli articoli 1 e 3 della Costituzione. Fortunatamente, i rilievi fatti dalla corte costituzionale, hanno impedito che questo scempio costituzionale avesse seguito, decretando l’incostituzionalità della Legge.

Il 17 febbraio 2009 è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione, con una sentenza di primo grado (poi confermata in appello) emessa dalla procura di Milano, l’avvocato britannico David Mills, accusato di aver accettato una “regalia” di 600 milioni di dollari dalla Fininvest, in cambio di false testimonianze nei processi All Iberian e per le tangenti elargite alla Guardia di Finanza. Le indagini su Mills ebbero inizio grazie alla segnalazione del suo commercialista, un certo Drennan, che lesse una lettera in cui l’avvocato confessava: “Ho tenuto fuori Mr B. da un sacco di guai”. Temendo di finire nel registro degli indagati con l’accusa di favoreggiamento, il commercialista Drennan denunciò Mills al fisco inglese per corruzione ed evasione fiscale, cosicché fu possibile scoprire anche il torbido scambio di favori tra il legale britannico e il patron dell’ex Fininvest. Ha così inizio il processo Mills; siamo a poco più di due mesi fa.

In un primo tempo l’avvocato confessa, ma poi ritratta e si dichiara innocente. Il 20 gennaio 2009, in un memoriale scritto sua sponte, porge le più sentite scuse al premier Berlusconi e dichiara di essere rimasto vittima di processo dalla forte valenza politica: non sono un corrotto, dice. La stampa internazionale grida allo scandalo: il Financial Times ricorda che l’ex moglie di Mills, Tessa Jowell, ministro per le Olimpiadi di Londra 2012 nel gabinetto Gordon Brown, rischia la sospensione dalla carica; El Pais dichiara apertamente che il Premier italiano si è salvato grazie al luedo Alfano; l’Herald Tribune difende l’operato del Tribunale di Milano, uno dei migliori nella lotta alla corruzione. In Italia, l’eco della vicenda è smorzata dalla sconfitta elettorale del Pd nella corsa alla presidenza della Regione Sardegna e dalle conseguenti dimissioni del segretario Walter Veltroni.

Chi vuole limitarsi ai fatti può anche smettere di leggere. La ricostruzione degli eventi è esaustiva, anche se nulla spiega dello stato in cui grava la giustizia in Italia e dell’omertoso silenzio dei media.

Il Lodo Alfano è, infatti,  la più palese delle leggi ad personam: quattro sono le cariche istituzionali coinvolte dal provvedimento e solo una approfitta dell’immunità parlamentare. Anche perché nessun altro è imputato in più di duecento processi. E caso vuole che il voto favorevole in Parlamento sia giunto pochi mesi prima del processo Mills, che ha conclamato un’avvenuta corruzione. Si è chiarito chi è il corrotto, ma non il corruttore, dato che l’imputato Berlusconi ha evitato per l’ennesima volta le aule di tribunale. Già nelle legislature precedenti fu evidente il tentativo di crearsi un alveo istituzionale che serbasse il suo potere dal controllo giudiziario. La campagna antimagistratura è un tratto distintivo sia del Pdl, sia di Fi, politicamente nati come una fenice dalle ceneri del Psi craxiano, smantellato, insieme alla Dc, proprio da un pool di magistrati. E uno snodo fondamentale della strategia della lotta al potere giudiziario passa attraverso i mezzi di comunicazione. Mentre all’estero l’infinita epopea tra Berlusconi e la magistratura è seguita con attenzione, i media italiani- soprattutto televisivi- troppo intenti a sottolineare il fallimento politico del Pd e le dimissioni di Veltroni, non hanno nemmeno citato la sentenza del processo Mills. Invece, le campagne antipolitiche a tutto tondo, le campagne del “così fan tutti”, tese a dimostrare l’inconsistenza della superiorità morale della sinistra, appaiono come servizio d’apertura di tutti i tg di ciò che Travaglio ha rinominato “Raiset”. E l’auctoritas del premier ne esce addirittura rafforzata: mentre Prodi passerà il resto della sua vita con l’onta dell’accusa, dimostratasi poi infondata, per il caso Mitrokhin e Telekom Serbia, Berlusconi può accusare gli accusatori e dichiararsi un perseguitato politico.

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