La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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L’eredità di Falcone e Borsellino: nulla è ancora cambiato

Scritto da – 25 Maggio 2015 – 16:10Nessun commento

palermo chiama italiaIl giorno 23 maggio si è svolto «Palermo chiama Italia», la grande manifestazione voluta dal ministero dell’Istruzione e dalla Fondazione Falcone per celebrare il 23esimo anniversario della strage di Capaci, dove furono assassinati Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Proprio nell’aula bunker, dove il pool di magistrati con a capo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino riuscì a far infliggere 2.665 anni di carcere a capimafia, boss e gregari di Cosa nostra a conclusione del maxiprocesso al gotha della Cupola, Mattarella, palermitano e vittima della mafia per l’omicidio del fratello Piersanti, ha pronunciato il suo discorso. Un’altra occasione per riaffermare l’offensiva contro le mafie e la lotta al malaffare che passano innanzitutto attraverso il rispetto della legalità.

Eppure il ventennio dopo lo stragismo ha visto crescere in maniera esponenziale la corruzione, ha ‘legalizzato’ e marcato il sentiero dell’illegalità, dell’impunità, del malcostume e del malaffare nella vita politica ed economica del paese, senza parlare dei 172 consigli regionali sciolti per infiltrazioni mafiose.

La mafia vive d’invisibilità”. Per questo il sapere è uno dei più potenti mezzi nella nostra infrastruttura morale contro il crimine organizzato”. Queste le parole, distillate da 40 anni di lotta contro le mafie di Nando dalla Chiesa, oggi docente di Sociologia della criminalità organizzata all’università Statale di Milano, considerato uno dei massimi esperti della deriva mafiosa in Italia.

Anch’egli afferma, nel suo “Manifesto dell’Antimafia”, la necessità di “entusiasmare i giovani nella lotta antimafia, perché la mafia c’è, anzi è più potente che mai”.

Il nesso “sapere – società civile” è decisivo nella lotta ai mafiosi. Articoli di legge, giudici e carabinieri non bastano.

Quella dell’antimafia, in fondo, oltre che di tragedie personali, è storia di miti solo lentamente sfatati, nutriti a volte anche dai più grandi scrittori: la croce della lotta alla mafia sono i luoghi comuni, basati sui così detti “pregiudizi etnici”. Il capitalismo sarà pure globale, ma la strategia mafiosa non è cambiata molto, né i luoghi comuni, che fanno comodo ai mafiosi e agli stessi imprenditori.

L’Italia, sostiene dalla Chiesa, oltre che di corrotti, è piena di (finti) tonti che neanche s’accorgono di favorire i mafiosi: “Un magistrato non corrotto e non colluso, ma cretino, è l’ideale per un mafioso. Quanto sia dannoso il ‘perfetto idiota’ lo spiega un magistrato siciliano, come quello di Caltanissetta che lo scorso maggio mi ha confessato che, quand’era in Piemonte, non riusciva a punire gli stessi reati mafiosi che ora punisce in Sicilia con la legge 416 bis”. Reati, associazioni di stampo mafioso e relative leggi, sono uguali in tutta Italia, ma è la testa di certi funzionari che è vuota o colma di false immagini. Senza parlare dei guasti provocati dalla politica: “negli anni del berlusconismo, dal 2001 al 2006, la Commissione antimafia aveva il divieto di metter piede in Lombardia. Per il governo più lombardo della storia d’Italia non era ammissibile che in Lombardia ci fosse la mafia”. Non erano solo i triti cliché a creare coni d’ombra alla mafia.

“Gli attacchi alla legalità e ai giudici, l’elogio dell’evasione fiscale e gli immigrati clandestini elevati a nemico numero uno erano altre zone d’ombra in cui la mafia faceva al meglio i suoi affari”.

Oggi sembra non sia cambiato nulla nella “zona grigia”, nella palude di professionisti, impiegati o manager con le “3 C” e nella percezione pubblica della mafia.

Esiste una reale frattura tra cittadini ed istituzioni e per rinsaldarla, esclusivamente nel nome del bene comune, non si può più essere attendisti e aspettare l’azione dall’alto né tantomeno si può continuare a delegare. Spetta alla gente, dal basso, fare fiorire nuove forme di culture e civiltà che traccino la strada verso il miglioramento sociale.

Il cambiamento può nutrirsi anche degli insegnamenti di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della mafia: imparare ad essere cittadini consapevoli, responsabili e liberi. È l’individuo, il cittadino, che determina e costituisce la vivibilità democratica di una nazione. Questa è l’eredità lasciataci.

Camilla Donà delle Rose


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