La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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“Quasi amici”, dei giovani registi-amici Olivier Nakache ed Eric Toledano

Scritto da – 23 Maggio 2012 – 17:20Un commento

Nel cinema, com’è ben noto, esistono tanti tipi di storie. Esistono storie fantastiche, ambientate in posti inventati ed incantati, con personaggi straordinari che vivono avventure. Altre storie raccontano di guerre, pistole e corse contro il tempo, con eroi che salvano città e pianeti per il rotto della cuffia. Esistono anche storie di fantasmi, creature malvagie ed esseri demoniaci che devono essere fermati ad ogni costo, prima che la Terra diventi un loro giocattolo. Tutte storie che fanno vivere, allo spettatore, vicende che, molto probabilmente, non vivrebbe mai, in ambienti che non vedrebbe mai. Esistono, però, anche le storie vere di vita vissuta, d’amori ritrovati, di malinconie indimenticabili, di paure costanti, di storiche scoperte e d’amicizie eterne, o stravaganti. È proprio a quest’ultimo gruppo che appartiene il film “QUASI AMICI”.

È la storia di due opposti: Philippe, ricco, amante dell’arte e della musica, vicino ai cinquant’anni, vedovo, costretto a rimanere su una sedia per il resto della sua vita, a causa di un incidente, che lo ha reso tetraplegico; e Driss, ragazzo di colore, cresciuto nella periferia parigina in una famiglia numerosa e piena di problemi, uscito dal carcere dopo sei mesi di detenzione, che s’immette per la prima volta nella vita di Philippe, andando a casa di quest’ultimo, per rispondere alla richiesta, imposta dal tribunale, di lavoro come badante.

Driss, completamente refrattario a quest’impiego e certo che con i suoi precedenti penali non verrà assunto, accetta di presentarsi, solo sperando che gli venga firmata la lettera che testimoni al tribunale la sua presenza e, quindi, ottenere il sussidio di disoccupazione. Il breve incontro ha invece una svolta inaspettata: Philippe, colpito dalla sincerità e dal modo di fare del giovane, decide di assumerlo. Durante i primi tempi, Driss non ricorda di lavorare con un portatore di handicap e spesso commette azioni fuori dal comune, come porgere a Philippe il telefono che squilla affinché lui risponda, ma che aiutano l’uomo a dimenticare una definizione, cui ormai era solito attribuirsi: quella di “diverso”. Contemporaneamente anche il ricco e istruito Philippe insegna al giovane come esprimersi attraverso un quadro astratto, a distinguere un verso alessandrino, ad inebriarsi nelle note di Bach e Mozart.

Badare al ricco signore, significa però anche sostenerlo durante i momenti di sconforto, non rare nelle persone nel suo stato. Philippe, infatti, soffre spesso di crisi d’ansia, che Driss, però, risolve prendendo la macchina e portandolo con sé in giro, anche in piena notte, e, durante questi momenti, fumano, bevono, ridono e si confidano profondi segreti, come farebbe ogni buon amico. Il caso vuole però che Driss, per stare più vicino alla sua famiglia, dovrà andarsene e il milionario inizierà una nuova forma di depressione, causata soprattutto dall’assenza d’umanità dei nuovi badanti. L’unico che potrà fargli tornare la voglia di vivere, sarà nuovamente Driss. La conoscenza profonda delle loro emozioni e sensazioni, aiuterà ognuno dei due a migliorare la vita dell’altro, anche in maniera concreta.

Diretto dai due giovani registi-amici Olivier Nakache ed Eric Toledano, il film risulta facile per il messaggio che vuole trasmettere e, a renderlo ancora più accessibile, c’è una forte ironia che invade tutta la vicenda. Nessuno spettatore, nello scorrere le scene, riesce a trattenere la risata, una risata semplice, forte e liberatoria: quel genere di risata che aiuta a sentirsi più leggeri. Al tempo stesso, è tutt’altro che banale: la denuncia sociale è marcata non sulla differenza di pelle di Driss, ma sullo stato di Philippe e su come vive, che ancora oggi è un problema che viene affrontato di rado (forse perché dato per scontato).

Il cast è completamente sconosciuto, ma non per questo immeritevole, tanto è vero che Omar Sy, attore che interpreta Driss, ha vinto il Premio César 2012 come “Miglior Attore”. La trama è tratta da un libro, “Il diavolo custode”, di Philippe Pozzo di Borgo, vero protagonista della vicenda, con gli stessi identici problemi, e il fatto che la storia sia accaduta realmente, dà sempre, allo spettatore, una sorta d’immedesimazione, quasi la sentisse un po’ sua. Dopo “GIU’ AL NORD”, è il secondo film francese che ha ottenuto il maggior successo di tutti i tempi e, datemi retta, non è solo un caso.

 

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