Milano e le tossicodipendenze, la parola alle istituzioni
La storia di questa intervista è molto particolare. Riuscii a contattare l’assistente sociale solo dopo una settimana di rifiuti e rimandi da parte di comunità per tossicodipendenti, SerT, professori universitari e servizi sociali stessi. Ciò contribuì ad alimentare il mio punto di vista sui servizi sociali, già offuscato dall’immagine che noi italiani abbiamo di tutto ciò che è pubblico. Un sistema inefficiente, antipatico, lento, altamente burocratizzato. Il mio incontro con Eleonora La Francesca avvenne un pomeriggio di aprile. La sua voce gioviale e serena, inaspettatamente, mi conquistò subito. Mi sembrò di parlare con un’amica mia coetanea che mi stesse spiegando il problema delle tossicodipendenze come quello dell’autobus da prendere per tornare a casa. Tuttavia, la donna sapeva bene i motivi che mi avevano spinta a chiamarla. Volevo chiederle tante cose, muoverle delle accuse. Com’era possibile che un problema così immondo come quello delle tossicodipendenze fosse gestito così male dalle istituzioni? Perché le politiche di prevenzione erano così scarne ed inefficaci? Conscia di tutto ciò, mi rispose al telefono con un tono che sembrava dire: “Sono pronta, spara”. Le domande mi bruciavano le labbra, accompagnate da un discorso. Il discorso era: sono giunta per capirvi, per parlare con voi dei miei dubbi. Ogni sua parola sembrava dimostrare che mi sbagliavo. Quella persona così giovane, ottimista e sincera si prestò alla mia intervista senza remore, tra un impegno e l’altro. Parlava degli utenti del servizio sociale come fossero stati i suoi figli. Come diceva Oriana Fallaci, “Il potere è una passione più travolgente dell’amore. E chi ama il potere ha lo stomaco forte, il naso ancora più forte. I cattivi odori non gli danno fastidio”. Ecco, io in questa donna sentii un gran fastidio e poco amore per il potere.
Parliamo del problema delle tossicodipendenze. Come si svolge la vostra attività? Qual è l’iter che seguite quando si presenta a voi un cliente – utente che presenta una dipendenza da sostanze stupefacenti?
Eleonora La Francesca. Qual è il percorso che seguiamo? Beh, i servizi sociali svolgono un lavoro di rete con i servizi specialistici. Quando una persona manifesta la volontà di volersi riabilitare, contattiamo in prima persona il SerT, che si occupa delle tossicodipendenze (droga, alcolismo, gioco d’azzardo patologico) – il N.O.A. in particolare se si tratta di Alcoldipendenze – e i vari servizi sul territorio gestiti dalle Asl. Sono loro poi che si rivolgono alle comunità terapeutiche. Ma il tutto deve partire dalla volontà ripeto della persona – stiamo parlando di soggetti adulti – senza quella non si può fare nulla!
E voi non fate più nulla dopo aver contattato l’autorità competente?
Certo che si. Il nostro compito è anche quello di accompagnare la persona attraverso un progetto lavorativo, un progetto di vita. Quando un tossicodipendente si rivolge ai servizi sociali, da solo oppure accompagnato dalla famiglia, noi ci assicuriamo che venga seguito nel suo percorso e che effettivamente lo svolga.
Ma le comunità terapeutiche sono ancora così efficaci? Sono utili anche per chi è dipendente dalla cocaina?
Non ho statistiche certe da proporle. Le so dire però che noi seguiamo sempre da vicino l’utente e abbiamo osservato che molto spesso il confrontarsi con una realtà come quella della comunità, dove è facile comunicare, partecipare a svariate attività e condividere obiettivi comuni aiuta eccome! Nella zona dove opero, ossia quella del Comune di Pantigliate, mi è però capitato più spesso avere a che fare con situazioni legate al consumo e spaccio di eroina piuttosto che di cocaina. Non so darle una spiegazione sociale, ma la mia esperienza finora non mi ha portato ad avere molti contatti con cocainomani. Per fortuna aggiungerei.
Capisco. Sono curiosa di sapere se i servizi sociali intervengono solo quando si presenta loro il problema oppure se vi impegnate anche in politiche di prevenzione.
La prevenzione deve essere fatta in età scolare, e con questa intendo dunque ai bambini delle elementari fino ad arrivare alle medie e alle scuole superiori. Questo tipo di interventi, a dire la verità, non ci vede coinvolti direttamente come istituzione. Il motivo? Non ci sono abbastanza risorse. Quello che facciamo è però collaborare con le scuole quando possibile, quello sì. Diciamo che siamo impegnati in progetti trasversali, finanziati dal Comune. Tuttavia, io credo che nonostante tutti i possibili interventi, se non c’è alla base una famiglia che sa educare e sa preoccuparsi della propria prole, allora è tutto inutile. A cosa serve che io faccia prevenzione se poi il ragazzino torna a casa e fa quello che vuole perché non c’è una famiglia che lo controlla e lo spinge verso la giusta direzione?
L’interrogativo con il quale si chiude l’intervista è di quelli che lasciano ampio spazio a dibattiti e discussioni. La soluzione che emerge è dunque quella di investire non tanto e non solo nel recupero, quanto piuttosto in politiche di sostegno alle famiglie, che sappiano alimentare alla base il progetto di crescita esistenziale di quel bambino che, diventato uomo, possa compiere le scelte meno dannose per sé stesso e per la società che lo circonda.
Concludiamo questa intervista con alcuni dati statistici riguardanti l’”uso e abuso” di alcol e droga in Italia e con un focus particolare nella città di Milano. Secondo l’Istat, tra il 2003 e il 2013 la percentuale dei consumatori giornalieri di bevande alcoliche scende dal 31% al 22,7%. Aumenta, invece, la quota di quanti consumano alcol occasionalmente (dal 37,6% nel 2003 al 41,2% nel 2013) e di coloro che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 24,8% al 25,8%). Secondo quanto affermato nella Relazione annuale 2013 del Dipartimento Politiche Antidroga, la cocaina segna una costante e continua contrazione della prevalenza di consumatori sino al 2012, stabilizzandosi nel 2013. Per l’eroina si osserva un costante e continuo calo del consumo sin dal 2004, anno in cui si è osservata la prevalenza di consumo più elevata nel periodo di riferimento, pur rimanendo a livelli inferiori al 2% degli studenti intervistati. Negli ultimi anni il fenomeno si è stabilizzato. L’indagine 2013 sui soggetti tra i quindici e i diciannove anni ha invece sottolineato un lieve aumento di consumatori di cannabis che hanno dichiarato di aver usato la droga almeno una volta negli ultimi dodici mesi. I consumatori di sostanze stimolanti, invece, seguono l’andamento della cocaina fino al 2011, ma negli ultimi due anni si osserva una lieve tendenza alla ripresa dei consumi soprattutto nel nord. Per quanto riguarda la prevalenza del consumo di allucinogeni, si osserva un trend in leggero aumento fino al 2008, seguito da una situazione di stabilità nel biennio successivo, con una contrazione dal 2010 al 2012; nell’ultimo anno, anche se la popolazione che li utilizza è per fortuna ancora poco consistente, si osserva però una lieve tendenza all’aumento del fenomeno. Inoltre, focalizzando l’attenzione sui giovani, l’indagine 2013 sulla popolazione studentesca (su un campione di 34.385 soggetti di età compresa tra i 15-19 anni) l’indagine ha rilevato le seguenti percentuali di consumatori (una o più volte negli ultimi 12 mesi): cannabis 21.43%, (19,4% nel 2012), cocaina 2,01% (1,86% nel 2012), eroina 0,33% (0,32% nel 2012), stimolanti metamfetamine e/o ecstasy 1,33% (1,12% nel 2012) e allucinogeni 2,08% (1,72% nel 2012). L’analisi, quindi, indica in particolare un incremento di 2,29 punti percentuale del consumo di cannabis rispetto al 2012.
Lorenza Castellani
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