Basta poco che ce vò!
La ricordate la pubblicità di Giobbe Covatta? Si trovava in qualche sperduto villaggio africano e chiedeva un piccolo contributo per aiutare una miriade di bambini neri dai denti bianchissimi. E ricordate qual era la frase proverbiale che puntualmente pronunciava alla fine dello spot? Era “Basta poco che ce vò”. “Basta poco che ce vò”, che tormentone era diventato! Così efficace ed espressivo che anch’io l’avrò usato chissà quante volte nella mia infanzia. Avevo bisogno di convincere un compagnetto di scuola a farmi un favore, allora lo guardavo fisso negli occhi e veniva spontaneo: “Basta poco che ce vò”. Il concetto era chiaro: “farmi copiare i compiti per domani a te non cambia proprio nulla. Io, invece, mi evito un pomeriggio sul sussidiario”. E chi ci pensava ai tempi, che questa mezza frasetta napoletana, che pronunciavo quasi per gioco, esprimeva il precetto etico e morale alla base delle odierne campagne pubblicitarie di qualsivoglia ente benefico?
Se accendiamo la televisione abbiamo la possibilità di assistere alle varie declinazioni del ritornello covattiano; ovviamente nessuna è all’altezza dell’originale.
Certe pubblicità sono troppo tragiche, specie quelle in bianco e nero con Raul Bova che invita non perdere tempo. Alberto Angela è troppo didattico anche quando analizza i numeri di una tragedia. E Luciana Litizzetto poi? Parla delle tragedie, ma sembra che da un momento all’altro debba sparare una delle sue cazzate, tipo, strusciandosi sul tavolo più vicino, sguardo in camera: “Silvio…ci pensi tu al problema delle donne maltrattate nel mondo?? Magari ad Arcore trovi un posticino anche per loro”.
Ma l’elemento che accomuna tutti gli spot solidali è l’SMS. Sempre così. Viene chiesto di inviare un semplice messaggino per donare uno o due euro. Insomma oggi basta davvero poco, anzi meno di poco.
Un SMS e puoi salvare vite umane, puoi dire no al cancro e alla Sla. Puoi trovare una famiglia a Miguel, e puoi fare andare a scuola Alì. Puoi assicurare un futuro migliore ad una famiglia del Sudan, puoi regalare un pozzo d’acqua ad un villaggio somalo. Se ci scappa, una mano la si può dare anche ai reduci dello Tsunami nel Sud-est asiatico. E, non posso certo dimenticarlo, ci sono anche i terremotati d’Abruzzo e quelli d’Emilia. Però se ci sono loro non dobbiamo dimenticare nemmeno gli alluvionati liguri e quelli toscani.
Ah già : l’emergenza umanitaria in Darfur. Maledetti loro, sempre in emergenza. E vediamo di sbrigarci, perchè quando sarà finita la guerra civile in Siria, qualche SMS lo dovranno avere anche i siriani, figurati.
E poi, spiace, ma qualcuno dovrà restare escluso. Non è possibile accontentare tutti: mandi un messaggino all’ente dell’ex ministra Carfagna, e te ne chiede un altro Totti, poi Cafù, e alla fine arriva anche Lino Banfi. A no scusate: quella è la pubblicità di Amplifon.
Insomma, il discorso è chiaro. Durante le feste natalizie, mentre vi rimpinzate di panettone mandorlato e pistacchi, ricordate che per fare del bene basta poco più che un cazzo. Non lasciatevi scappare l’occasione.
E se in questo periodo natalizio un pò di tempo vi avanzerà, allora un pensierino rivolgetelo anche a me, che avrei voluto andare al caldo a passare le feste. Sole, mare e spiagge che non avrò, rattrappito dal gelo delle nebbie padane.
Anzi, lasciate perdere il Darfur e Mandate a me un sms di solidarietà per rallegrarmi il morale, al numero 339-8069173. “Basta poco che ce vò”.
[…] La ricordate la pubblicità di Giobbe Covatta? Si trovava in qualche sperduto villaggio africano e chiedeva un piccolo contributo per aiutare una miriade di bambini neri dai denti bianchissimi. E ricordate qual era la frase proverbiale che puntualmente pronunciava alla fine dello spot? Era "Basta poco che ce vò". "Basta poco che ce vò", che tormentone era diventato! Così efficace ed espressivo che anch'io l'avrò usato chissà quante volte nella mia infanzia. Avevo bisogno di convincere un compagnetto di scuola a farmi un favore,. […] Leggi l'articolo completo su Orizzonte Universitario […]