La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Afghanistan, 12 anni or sono

Scritto da – 5 Dicembre 2013 – 15:28Un commento

Cominciare un articolo con dei numeri. I numeri non sono opinabili, non sono pensieri o pareri, sono quanto di più preciso abbiamo se decidiamo di esprimerci matematicamente ed in maniera ineccepibilmente numerica; date e calcoli sono parte integrante della società; le date soprattutto, cosa c’è di più preciso della cronologia? Racchiudere un lasso di tempo in un determinato spazio cronologico è quanto di più importante abbiamo per collocare nello spazio degli avvenimenti. Una data in particolare riecheggia nella memoria storica e salta agli onori della cronica in questi giorni: 7 ottobre 2001, giorno in cui iniziò la guerra in Afghanistan; siamo ad ottobre 2013, sono passati 12 anni da quando Stati Uniti e Regno Unito hanno dichiarato guerra ad uno degli stati più conosciuti del Medio oriente, con lo scopo di combattere Al Qaida e l’organizzazione di attacchi terroristi da parte dei fondamentalisti islamici.

Neanche un  mese prima gli Stati Uniti erano stati colpiti da un grave attentato che vide la caduta (nel senso più letterale del termine) delle torri gemelle del World Trade Center; attentato organizzato appunto da Al Qaida e dal suo leader massimo Osama Bin Laden.

Con l’inizio della guerra, il regime talebano era stato spodestato e molti dei suoi membri fuggirono nelle vicine zone di confine col Pakistan; intanto la Nato forniva, nella fase iniziale, supporto tattico, logistico ed aereo.

L’amministrazione americana del periodo, quella di Bush, giustificò l’intervento (invasione?) in Afghanistan con la lotta al terrorismo, ma è assodato che, poco prima dello scoppio della guerra, tra gli Usa ed i Talebani ci furono vari accordi, quest’ultimi si dichiararono pubblicamente disposti a processare Bin Laden nel territorio afghano e tramite un tribunale islamico, ma dagli Stati Uniti, questa proposta fu considerata insufficiente; ora, per molti, l’atteggiamento della dirigenza statunitense di fronte alla prospettiva della guerra, la celere organizzazione delle forze militari e l’accordo raggiunto con i membri dell’Alleanza del Nord (combattenti afghani contro i Talebani) sono elementi che fanno supporre una pianificazione dell’invasione in Afghanistan ben prima degli attentati dell’11 settembre 2001.

Nonostante la prima ondata di attacchi fu condotta solo da forza britanniche ed americane, in seguito queste forze furono incrementate da truppe provenienti dall’ Australia, dalla Germania, dall’Italia, dal Canada e da tanti altri paesi, dunque a conti fatti e citando ancora dei numeri, nel 2006 in Afghanistan erano presenti circa 33.000 soldati.

Questo è dunque il cosiddetto “inquadramento storico”.

A livello sociale, la guerra ha portato e porta ancora delle conseguenze deleterie e difficilmente sanabili; a distanza di dodici anni, in Afghanistan, 1 milione e mezzo di persone si trovano nell’indigenza più totale, muoiono di fame, non hanno assistenza medica, sono vittime della guerra e delle carestie legate alla siccità.

Degno di nota un avvenimento che risale al 1 novembre del 2001, quando C-17 statunitensi lanciarono pacchi di cibo e medicine sul territorio, tra l’altro contrassegnati con una bandiera americana; severo l’intervento di Medici senza Frontiere, che definì tutto ciò una vera e propria operazione di propaganda e sottolineò il fatto che usare medicinali senza consultazione medica era più nocivo che benefico; per molti fu in effetti, una vera e propria azione di marketing.

Nonostante gli americani, all’inizio delle attività belliche, dichiararono che i bersagli degli attacchi erano soltanto militari, nel primo anno di guerra i civili uccisi furono circa 5.000.

Emblematico il massacro di Shinwar; il 4 marzo del 2007 furono uccisi 12 civili e 33 rimasero feriti in seguito ad un attacco statunitense nella provincia di Nangrahar; i militari americani, dopo un’imboscata esplosiva, colpirono con proiettili sparati da mitragliatrici, un gruppo di passanti.

Ma qual’è il vero volto di queste “missioni di pace”? Qual’è il vero senso di questa guerra? Difficile decretare giudizi in uno spazio sicuramente limitato, ma tuttavia sufficiente ad esprimere un’idea che va al di là di quello che è il contesto militare, perchè quando si parla di guerra, l’aspetto fondamentale da prendere in esame è quello umano e la sconcertante verità è che a dodici anni dall’inizio del conflitto, la popolazione sia straziata ancora da fame e malattia, elementi che non prescindono affatto dalle attività belliche e che anzi, da esse sono sicuramente state enfatizzate.

Poi ci sono gli abusi, specie contro i diritti umani, a proposito di ciò nel 2004 la Human Rights Watch, con sede negli Stati Uniti, pubblicò un rapporto dal nome “Enduring Freedom- abusi delle forze statunitensi in Afghanistan che denunciava i metodi con i quali venivano organizzati gli interrogatori; si iniziava con “semplici” percosse per poi passare alle torture vere e proprie, tra queste la più nota è il waterboarding, tecnica che consiste nel gettare acqua sulla testa del detenuto per impedirgli di respirare.

Lo studio della situazione in Afghanistan dopo dodici anni, va compiuto, in memoria di tutti quei militari (anche italiani), dei giornalisti e dei civili uccisi; si potrebbe aprire un’inchiesta dedicata a coloro che sono morti in terra straniera senza un motivo apparentemente valido ( la guerra d’altronde non è mai un motivo valido).

Il prezzo della guerra va calcolato ancora una volta in numeri: il costo che si è sobbarcato il contribuente italiano è stato di 650 milioni di euro, una cifra destinata a coprire le spese per i soldati italiani presenti in Afghanistan, inclusi carri blindati e armati, caccia bombardieri e mezzi di trasporto vari; senza contare i soldi spesi per il personale della Croce Rossa Italiana che ha operato direttamente sul territorio; spese per un totale di circa: 655.000.000.

Numeri che confondono.

Dodici anni dopo, non solo il terrorismo non è stato sconfitto, ma il bagno di sangue non è ancora stato estinto; basti pensare all’ondata di suicidi che ha colpito i reduci americani e inglesi.

Questi sono i numeri di una guerra inutile, le cui fila sono state mosse da insulsi giochi di potere mascherati da finti aiuti umanitari, portati in nome di una falsa e labile democrazia.

A seguito di tutto ciò va condannato il sistema produttivo, sociale e politico odierno che impossibilita ogni forma di equilibrio, produce guerre, miete vittime e si fa beffa di chi ritorna a casa segnato da profonde cicatrici psicologiche; senza pensare a coloro che rimangono e tentano di rimettere insieme i pezzi di un paese ormai fantasma.

Ora, dopo dodici anni le varie potenze stanno negoziando, alle spalle di coloro che si chiedono lecitamente a cosa sia servito morire per questa guerra.

 

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