La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Strage di Ustica: la svolta francese apporta uno spiraglio di verità

Scritto da – 2 Luglio 2014 – 16:09Un commento

Era la notte del 27 giugno 1980, quando un aereo Dc-9 della compagnia Itavia partì da Bologna, diretto a Palermo. Il velivolo, tuttavia, non riuscì mai a raggiungere la sua destinazione per via di uno schianto nelle acque del mar Tirreno, al largo fra le isole di Ustica e Ponza, costato la vita a ben ottantuno passeggeri. Lungi dall’essere considerata un semplice incidente, la vicenda si è imposta sin dal principio in tutta la sua problematicità, ambiguità. Nel corso della prima e seconda Repubblica, innumerevoli i tentativi di ricostruzione. L’ ipotesi preponderante individua come causa della tragedia un coivolgimento internazionale di Libia, Francia e USA. Altri hanno parlato di attentato terroristico, altri ancora di “cedimento strutturale”.

I sostenitori della prima ipotesi avrebbero individuato una colpevolezza principalmente francese, rinvenendo un collegamento della strage di Ustica con quella, immediatamente successiva, di Bologna. Era infatti nella città emiliana che perlopiù risiedevano i parenti delle vittime, i quali, insoddisfatti delle motivazioni addotte a causa dell’incidente, avevano iniziato a far pressione sulla stampa, sul mondo politico, sulla magistratura. Quello del 2 agosto, allora, sarebbe stato un atto intimidatorio di cui la classe politica del tempo fu immediatamente consapevole (anche il P2 Licio Gelli lo era), ma che per ragioni opportunistiche non fece trapelare: l’italiano medio e i libri di storia, infatti, hanno sempre parlato esclusivamente di terrorismo nero.

Nel 1982, una perizia effettuata dagli esperti dell’aeronautica italiana su scarsi resti disponibili, rinvenne tracce di C4, un esplosivo presente solitamente nelle bombe. Nuovi controlli nell’87 mostrarono ulteriori tracce di elementi chimici riconducibili all’esplosivo: il che servì ad archiviare definitivamente l’ipotesi di problemi interni al velivolo. Nello stesso anno, l’allora ministro del Tesoro, Amato, stanziò i fondi per il recupero definitivo del relitto: operazione dispendiosa e complessa, a causa della eccessiva profondità del mare. L’impresa, affidata alla ditta francese Ifremer (successivamente collegata ai servizi segreti francesi) fece scaturire dubbi e interrogativi: si trattava realmente del primo tentativo di recupero oppure qualcuno vi aveva già provato?

L’integrità degli oblò del Dc-9, appurata nel 1992, archiviò la pista di un ordigno interno all’aereo.  Nel periodo compreso fra il 1987 e il 1991 si  riuscì a recuperare il 96% circa dei resti del velivolo, poi ricomposto e rimasto a disposizione della magistratura sino al 2006, quando è avvenuto il trasferimento a Bologna, nel Museo della Memoria.

Il 2007 ha costituito un anno di svolta dal punto di vista della “strage di Ustica”: l’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga (nonché presidente del Consiglio all’epoca dei fatti), reintrodusse la pista francese, supponendo che a provocare l’esplosione sarebbe stato un missile lanciato da un caccia, volto ad intercettare l’aereo libico su cui viaggiava Gheddafi. Gli inquirenti, nel nostro Paese, avevano denunciato alcuni probabili depistaggi compiuti dai vertici dell’esercito italiano: tale accusa generò un processo iniziato nel 2000 e conclusosi nello stesso 2007 con l’assoluzione degli imputati.

Lo scorso anno, il presidente francese Hollande aveva mostrato ulteriori segni positivi rispondendo a una rogatoria della procura di Roma emessa due anni prima e mettendo a disposizione alcune fondamentali notizie circa il traffico aereo e navale di quei giorni. Di lì a poco la dichiarazione di un ex pilota Ati che, sorvolando la zona qualche ora prima la strage, avrebbe avvistato diverse navi, tra cui una portaerei. I dati raccolti non potevano che spingere verso l’ipotesi di una “guerra aerea” di cui non si conoscevano i protagonisti.

In questi ultimi giorni, alla vigilia del trentaquattresimo anniversario della strage, le dichiarazioni di ex militari appartenenti all’Armeé de l’air ,raccolte dal procuratore aggiunto Monteleone e dal sostituto Amelio, sembrerebbero apportare un cambiamento decisivo rispetto a quella che sinora è stata la versione ufficiale francese. Smentita la tesi per cui i caccia francesi della base di Solenzara avrebbero volato sino alle ore 17.00, il cerchio dal diametro infinito sembra lentamente stringersi. Ciò vorrebbe dire che gli aerei francesi erano in volo mentre avveniva lo schianto del Dc-9. Apertura non indifferente dal Paese d’oltralpe che sembrerebbe persino disposto a fornire documenti utili a ricostruire l’operato dei caccia nella zona marina  in questione, il 27 giugno 1980.

Molte ancora le incertezze, troppe le inesattezze. La pagina di storia contemporanea relativa alla “strage di Ustica”, entrata a far parte della nostra memoria collettiva, è ancora collocabile, a tutti gli effetti, nella categoria dei “grandi misteri italiani”. Essa non potrà essere voltata finchè non emergerà una spiegazione esaustiva e completa dei fatti.

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