La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Il falso mito della crescita infinita: Luca Mercalli alla Statale di Milano

Scritto da – 1 Giugno 2012 – 15:373 commenti

Siamo in crisi? Eccome se lo siamo. Stampa e televisione lo ricordano quotidianamente, tanto che perfino un bambino ce lo potrebbe confermare: c’è la crisi economica. Se invece ponessimo la domanda a Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, riceveremmo come risposta un elenco, quello delle tante crisi che contemporaneamente interessano (anche se forse non ce ne rendiamo conto) i nostri giorni: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Nella quarta di copertina del suo ultimo libro (“Prepariamoci”, pubblicato da Chiarelettere), Mercalli colloca la crisi economica dei mercati soltanto all’ultimo posto dell’elenco. E non si tratta di un climax, come chiarisce l’autore nelle prime pagine: “Ovunque si sente parlare della crisi, quella economico-finanziaria, la meno importante”.

Il climatologo torinese è stato ospite di un’intervista-dibattito tenutasi presso il Settore didattico di via Celoria dell’Università degli Studi di Milano intitolata “Che ambiente che farà”, in riferimento alla trasmissione di Raitre “Che tempo che fa” che lo ha fatto conoscere al grande pubblico. L’incontro, organizzato da Sinistra Universitaria, ha aperto la rassegna “Voglia di Scienza” e ha visto la partecipazione dei professori Claudio Smiraglia (già presidente del Comitato Glaciologico Italiano) e Gabriele Caiati (docente di Economia ambientale).

Dopo una breve introduzione affidata alla professoressa Claudia Sorlini, Mercalli, con l’immancabile papillon, è subito salito in cattedra. Ad ascoltarlo una nutrita platea di studenti provenienti da facoltà diverse, non esclusivamente scientifiche. Un fatto positivo, secondo il climatologo: “Per uscire dall’empasse, dobbiamo coniugare il sapere scientifico con aspetti diversi, che attingono dalle scienze umane e dalla filosofia – ha subito chiarito -. Quello di cui abbiamo bisogno non sono dei dogmi, bensì un dialogo attraverso il quale individuare delle proposte alternative circa la strada da percorrere”.

E il primo assioma da abbandonare è quello secondo cui occorre puntare a ogni costo sulla crescita: “priorità alla crescita” è il leitmotiv del Presidente del Consiglio Mario Monti e del governo tutto. Mercalli non la pensa così: “Oggi siamo prigionieri di crescita e lavoro. Sembra più difficile cambiare le ‘leggette’ economiche da noi ideate piuttosto che quelle della natura che, invece, non possiamo proprio mutare. Ma chi l’ha detto che il fine dell’uomo è il lavoro? Il lavoro può essere appagante, ma non è una ragione di vita. La Costituzione americana, in maniera saggia, dice che il fine dell’uomo è la felicità (peccato che poi la si voglia raggiungere attraverso i soldi). Maggior ricchezza non si traduce con un miglioramento della qualità della vita personale. Io non voglio tornare a un’economia minimalista, ma preferirei un mondo in cui vengano soddisfatti i bisogni primari e si rifletta sui desideri”.

Prepariamoci”, come si legge sulla copertina del libro pubblicato lo scorso anno, “a vivere in un mondo con meno risorse, meno energia, meno abbondanza… e forse più felicità”. Una felicità che ha ben poco a che fare con la crescita. Anzi, Mercalli mette in relazione quest’ultima con l’attuale crisi, affidandosi alle parole dell’editorialista del New York Times Thomas Friedman, che tre anni fa scriveva: “E se la crisi del 2008 rappresentasse qualcosa di molto più radicale di una profonda depressione? E se ci stesse dicendo che l’intero modello basato sulla crescita che abbiamo creato negli ultimi cinquant’anni è semplicemente insostenibile economicamente ed ecologicamente e che il 2008 è stato quando abbiamo sbattuto contro il muro, quando Madre Natura e il mercato hanno entrambi detto ‘basta così’?”.

Anche a qualcun altro, diversi anni prima delle riflessioni di Friedman, era sorto qualche dubbio in proposito: Aurelio Peccei in pieno boom economico si rese conto che il “miracolo” degli anni Cinquanta e Sessanta non poteva che rappresentare un periodo transitorio. Insistendo su certi ritmi – sosteneva – l’umanità avrebbe raggiunto i suoi limiti, ma non venne preso in considerazione.

I suoi studi sono stati riproposti nel 2004 con il libro “I nuovi limiti dello sviluppo”, passato inosservato. “Negli ultimi anni, sull’onda della crisi finanziaria, qualcuno ha cominciato a considerare queste riflessioni – ha osservato Mercalli -. Ma ancora oggi, governo in primis, la parola d’ordine è solo e comunque ‘crescita’”.

Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all’infinito in un mondo finito o è un pazzo, oppure è un economista”, sentenziò nel 1966 Kenneth E. Boulding, economista e poeta. Meno estremo ma non troppo distante il pensiero del professor Caiati, economista ambientale: “Il problema è proprio come coniugare i limiti ambientali e naturali con la continua crescita – ha spiegato -. L’economia per lungo tempo non si è occupata dei beni ambientali, perché non passano per il mercato. Ma senza questi non può esserci vita né produzione. Per poter crescere sempre, occorre modificare il nostro tipo di crescita. L’economia deve tutelare gli aspetti ambientali e sociali, evitando di badare esclusivamente al dio-Pil; si può fare, basta volerlo. Ci sono dei costi ma anche dei benefici, a partire dal fatto che lo sviluppo economico in senso ambientale può produrre lavoro, soprattutto per chi frequenta facoltà scientifiche”.

Caiati ha presentato uno schema su cui riflettere: “Centrale è il discorso della sensibilità ambientale, strettamente legato alle informazioni di cui la gente dispone relativamente a questi temi. Essa determina la domanda di qualità ambientale, che costringe i politici a cercare di soddisfare l’elettorato. Quindi, la sensibilità ambientale comporta una pressione politica che mette in moto un atteggiamento di un certo tipo che coinvolge anche le imprese, indotte a comportarsi in maniera eco-compatibile”.

Il professor Smiraglia ha riportato l’attenzione su questa bene/maledetta “crescita continua”: “Ma continua per chi? – si è domandato – Quanti fra i sette miliardi di persone sul pianeta possono magiare tutti i giorni? L’università dovrebbe dare agli studenti l’opportunità di vivere per qualche giorni nelle condizioni di tre quarti dell’umanità. Non voglio certo estendere quelle situazioni a tutti, ma non possiamo andare avanti così”.

Andare avanti così significa spremere all’inverosimile il pianeta: “Stiamo usando 1,3 volte la Terra – ha denunciato Mercalli -. Bisogna tornare a sfruttarne una, l’unica che abbiamo. Il fatto che stiamo vivendo oltre i nostri limiti è rintracciabile nei cambiamenti climatici e nella distruzione della biodiversità. Sia chiaro, comunque, che non dobbiamo salvare il pianeta, che in qualche modo evolverà da sé, bensì dobbiamo difendere l’uomo. La vita media si è allungata, ma non la vita ‘buona’, quella senza malattie”.

“Il cambiamento deve partire dalle nostre case (più coibentate) – scrive Mercalli – dalle nostre abitudini, più sane ed economiche (dal consumo d’acqua ai trasporti, dai rifiuti alle energie rinnovabili, dall’orto all’impegno civile). Oggi non possiamo più aspettarci soluzioni miracolistiche: meglio dunque tenere il cervello sempre acceso, le luci solo quando serve”.

Schematicamente, i punti su cui concentrarsi da qui ai prossimi anni potrebbero essere: stabilizzazione demografica, abbattimento degli sperperi degli stati ricchi (il cibo attualmente sprecato basterebbe a nutrire chi oggi non mangia), tecnologie pulite per i paesi emergenti (sì ai pannelli solari, non alle centrali a carbone), conoscenza, impegno individuale e impegno politico.

Relativamente a questi ultimi tre aspetti, ognuno di noi, vincendo le comode pigrizia e ignoranza, ha la possibilità di dare il proprio contributo. Il presupposto da cui partire, ha chiosato Mercalli, resta quello di “capire che i vincoli fisici ci guardano e se ne fregano delle nostre chiacchiere”.

 

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3 commenti »

  • […] Siamo in crisi? Eccome se lo siamo. Stampa e televisione lo ricordano quotidianamente, tanto che perfino un bambino ce lo potrebbe confermare: c’è la crisi economica. Se invece ponessimo la domanda a Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana, riceveremmo come risposta un elenco, quello delle tante crisi che contemporaneamente interessano (anche se forse non ce ne rendiamo conto) i nostri giorni: clima, ambiente, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia. Nella quarta di copertina del suo ultimo libro. […] Leggi l'articolo completo su Orizzonte Universitario […]

  • Gianni Quaresima ha detto:

    Sono PERFETTAMENTE d’accordo con Mercalli, tutti i grandi economisti e politici di oggi non vedono più lontano del loro naso, il mondo del lavoro, gli sprechi ed il nostro stile di vita subiranno delle INEVITABILI ridimensionamenti, tutti i fautori della crescita a tutti i costi sono solo dei gran coglioni! Solo i paesi poveri possono sperare di crescere, noi invece è ora che mettiamo la marcia indietro. Gianni, Assisi

  • A group of nine people on their own could form an ugly mob.
    The signal is how we encode the message in our heads and broadcast it to the receiver.
    Thus, some art pieces may be adorable but it does not mean that if one speaks of art, he
    then talks about something that pleases the eyes.

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