La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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L’articolo 18: slalom ideologico nella politica italiana

Scritto da – 2 Ottobre 2014 – 16:07Nessun commento

L’autunno caldo prospettato qualche settimana fa dai sindacati si avvicina. E con esso, i toni della discussione politica salgono. Nell’ultimo periodo il tema centrale è diventato l’articolo 18. Da tabù inavvicinabile pare essersi trasformato in una mera questione ideologica. Ognuno ha detto la sua. Dai sindacati alla CEI, passando per gli esponenti dei partiti politici. Questa figura mistica si è trasformata in un suolo lunare, dove porre la propria ideologica bandierina davanti alle telecamere. Legge datata 1970 (l’ultima modifica è firmata Fornero), l’articolo 18 legifera in materia di licenziamenti senza giusta causa. “Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio […] ordina al datore di lavoro […] la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro”,inoltre prosegue il testo “fermo restando il diritto al risarcimento del danno, al lavoratore è data la facoltà di chiedere, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità […]”. “Le disposizioni si applicano al datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze più di 15 lavoratori […]”.Per quanto sia difficile dimostrare l’assenza di giusta causa in un licenziamento (è infatti il lavoratore che deve portare il datore davanti ad un giudice, il quale seguendo i termini di legge dovrà esprimersi sulla reintegrazione o meno del danneggiato), l’articolo18 è stato un baluardo ideologico per diversi decenni sia di una sinistra vecchio stampo che dei sindacati. Le parole di Renzi perciò fanno storcere il naso di coloro che hanno passato la vita a nascondersi dietro le barricate fatte dai commi dell’articolo.

Non è la prima volta che si tenta di cambiare lo statuto dei lavoratori, ma questa sembra essere l’occasione migliore perché ciò avvenga con un passo deciso. L’indizio più evidente è la spinta da (centro)sinistra che punta alla riforma, appoggiata anche da diversi esponenti di centrodestra (come FI). La modifica dell’articolo 18 è accompagnata da una serie di provvedimenti, raccolti nella legge delega, nota ormai come “Jobs Act”. Previa approvazione di Camera e Senato, la legge dovrebbe portare modifiche tra le altre cose agli ammortizzatori sociali, ai tipi di contatti dei neo-assunti e appunto allo statuto dei lavoratori. Nonostante il governo prema per cancellarlo definitivamente, i diversi malumori provenienti da più parti prevarranno per una cancellazione parziale. In sostanza verrà eliminato solo per i neo assunti, con delle modifiche ai contratti per garantire delle tutele (crescenti) di natura economica. Un accordo parziale che non farà contento nessuno e terrà buoni tutti, insomma.

Nonostante la grande attenzione mediatica però, il tema, seppur scottante, dell’articolo 18 non è fondamentale. Non è infatti tramite la sua eliminazione che l’economia made in Italy troverà la spinta necessaria per ripartire, che ormai si cerca disperatamente da troppo tempo. Al centro della discussione dovrebbero esserci, invece, delle proposte serie e concrete per aiutare le PMI, vero motore di un economia troppo spesso ingolfata, negli ultimi anni.L’articolo18 piuttosto rappresenta un punto di non ritorno negli screzi tra vecchia (D’alema) e nuova guardia (Renzi) all’interno del PD. Insomma è giusto discutere democraticamente, purché si giunga ad una decisone netta. Parafrasando Cacciari, la democrazia non può essere interpretata come un dibattito infinito; essa è piuttosto un confronto che si conclude con una votazione, la quale produce un risultato chiaro, davanti al quale vincitori e vinti devono regolarsi di conseguenza. Stiamo a vedere se dopo decenni di dibattiti finiti in vicoli ciechi, questa volta si arriverà ad una soluzione.

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