La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

Leggi l'articolo completo »
Società

immersione esistenziale del tessuto del sociale

Politica

Dagli alti ideali ai bui sottoscala del Parlamento. Spaccato sulla sfera Politica di una Italia in declino

Scuola e Università

Vita tra le mura d’Ateneo: l’orizzonte universitario

Cultura

Arte, Musica, Letteratura. Dalle Humanae Litterae, il pane dell’Anima

Informazione

Dalla televisione alla carta stampata. Le mille sfumature del giornalismo.

Home » Politica

Finanziamento pubblico ai partiti: storia e attualità

Scritto da – 20 Settembre 2013 – 09:57Un commento

In Italia si discute da lungo tempo sull’opportunità di mantenere un finanziamento pubblico ai partiti, un tema che negli ultimi anni è diventato un punto centrale di molti programmi politici e che è stato discusso a lungo dai media e dai politologi. L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è stata inizialmente rilanciata dai molti movimenti populisti sorti negli ultimi anni, che l’hanno proposta come rimedio alla grave crisi economica che sta attraversando il nostro paese, ma anche come una sorta di “punizione” ai danni di una classe dirigente che ha sperperato il denaro pubblico. Il risentimento popolare verso i partiti, reso evidente dalle elezioni politiche di febbraio, ha spinto anche i politici ad appropriarsi dell’argomento e l’abolizione del finanziamento è ora uno dei punti centrali del nuovo governo e se ne sta discutendo in Parlamento. Il problema dell’erogazione di fondi economici statali per permettere a tutti i cittadini di partecipare all’attività politica è antico tanto quanto la democrazia, infatti la prima forma di finanziamento pubblico fu introdotta ad Atene intorno alla fine del V secolo a. C. per permettere anche ai cittadini più poveri di partecipare alla vita politica della città e consisteva nel pagamento di una cifra che corrispondeva al salario di un giorno di lavoro nei campi. L’aristocrazia ateniese avversò fortemente questa iniziativa, ma essa fu mantenuta fino alla sconfitta di Atene nella guerra del Peloponneso (404 a. C.) e permise ai cittadini di qualsiasi ceto sociale di intraprendere carriere nella magistratura e nella politica e di partecipare ai dibattiti pubblici.

Nell’Ottocento non esisteva alcuna forma di finanziamento pubblico alla politica, anche perché questa era un’attività esercitata soprattutto dai ceti più abbienti, ma nel corso del Novecento un numero sempre maggiore di paesi attuò una forma di retribuzione per i parlamentari, a cominciare dalla Gran Bretagna che la istituì nel 1911.

In Italia il finanziamento pubblico è stato introdotto nel 1974, nell’aprile di quell’anno la Camera votò la Legge Piccoli, con cui veniva istituito il finanziamento pubblico; la legge fu approvata con il consenso di quasi tutte le forze politiche, votarono contro i Liberali e la Sinistra Indipendente.Nel 1993, in piena Tangentopoli, i Radicali lanciarono un referendum sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, ottenendo un’altissima percentuale di voti a favore dell’abrogazione, ma il Parlamento votò una legge che istituì il rimborso per le spese elettorali, che è praticamente la stessa cosa.

Negli ultimi dieci anni questo fondo è stato progressivamente aumentato con l’aggiunta di nuove voci e con frequenti cambi nella legislazione, toccando l’apice nel 2008 quando i vari partiti hanno ottenuto rimborsi milionari, proprio mentre la crisi economica si aggravava sempre più. La scoperta dei nuovi scandali che hanno coinvolto i tesorieri di alcuni partiti negli ultimi anni ha riaperto il dibattito sull’utilità dell’erogazione di un fondo, anche perché i rimborsi pubblici erano utilizzati da molti politici per coprire spese personali e non connesse all’attività politica.

L’abolizione del finanziamento pubblico rischierebbe però di sottomettere la politica agli interessi di chi la potrebbe sostenere economicamente, ma avrebbe anche l’effetto di impedire alla stragrande maggioranza della popolazione l’ingresso nella vita pubblica del paese, perché la vittoria alle elezioni sarebbe legata non più ad un programma politico o alle qualità personali dei candidati, ma sarebbe determinata dalla quantità di fondi reperibili. Si potrebbe obbiettare, come fanno i sostenitori dell’abrogazione, che anche i privati potrebbero sostenere i loro partiti, ma non riuscirebbero mai a coprire tutte le spese che comporta la gestione di un’organizzazione politica, dalle campagne elettorali all’affitto delle sedi, la stampa dei programmi e dei volantini, le diarie e le spese per il personale. Gli abolizionisti contestano a ragione il cattivo uso dei fondi pubblici, ma il problema si potrebbe tranquillamente risolvere ricorrendo al metodo già introdotto in Germania, dove alle donazioni private si aggiungono sussidi statali proporzionali ai voti conseguiti nelle elezioni, ma che non possono superare un tetto massimo fissato intorno ai 130 milioni di euro. I partiti sono tenuti a rendicontare tutte le voci di spesa e a pubblicarle ogni anno, perché la massima trasparenza dei bilanci è una delle condizioni necessarie per ottenere i rimborsi elettorali. In Francia invece il finanziamento pubblico ai partiti è erogato in due quote, la prima basata sui risultati elettorali, la seconda invece proporzionale al numero dei parlamentari eletti. In Gran Bretagna, dove il finanziamento pubblico viene attribuito soltanto ai partiti di opposizione, si sta invece pensando di introdurre una forma di sussidio statale per tutti i partiti, compresi quelli al governo, per limitare l’aumento delle donazioni private, in costante crescita.

Il finanziamento pubblico ai partiti è una risorsa che permette a tutti di poter esercitare liberamente l’attività politica senza dover rispondere del proprio operato, come stabilito dal primo comma dell’art. 68 della Costituzione (“I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”) e come avviene in ogni democrazia. Uno dei pilastri di ogni sistema democratico è infatti rappresentato dal “mandato libero”, l’assoluta libertà per il parlamentare di votare senza dover sottostare alle pressioni di un elettore. Il mandato libero è contrapposto al mandato imperativo, un sistema elettorale in auge in molti stati europei durante l’Ançien Regime, in base al quale i parlamentari venivano eletti esclusivamente per tutelare o promuovere le leggi che avvantaggiavano i loro elettori, o al contrario per abolirle se ledevano i loro interessi; i rappresentati che votavano contro le richieste dei loro elettori venivano da questi destituiti dal loro incarico.

L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti getterebbe le basi di una politica sottomessa agli interessi economici ed esercitata esclusivamente da chi avrebbe i mezzi finanziari necessari per autosostenersi, ma si tratterebbe in ogni caso di una politica avulsa dai bisogni dei cittadini. È una questione di civiltà, non si possono tollerare sprechi o furti di denaro pubblico, ma si deve combattere proprio la corruzione e l’abuso senza per questo eliminare le misure che consentono a tutti i cittadini di poter autogestire la vita politica del proprio paese. L’iniziativa realmente più efficace e per questo poco discussa è quella di uno stretto controllo sul denaro concesso ai partiti, mentre la proposta di un’abrogazione del finanziamento pubblico è dannosa perché è pura demagogia.

 

Forse potrebbe interessarti:

Facebook comments:

Un commento »

  • […] In Italia si discute da lungo tempo sull’opportunità di mantenere un finanziamento pubblico ai partiti, un tema che negli ultimi anni è diventato un punto centrale di molti programmi politici e che è stato discusso a lungo dai media e dai politologi. L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è stata inizialmente rilanciata dai molti movimenti populisti sorti negli ultimi anni, che l’hanno proposta come rimedio alla grave crisi economica che sta attraversando il nostro paese, ma anche come una sorta di “punizione” ai. […] Leggi l'articolo completo su Orizzonte Universitario […]

Lascia un commento!

Aggiungi il tuo commento qui sotto, oppure esegui un trackback dal tuo sito. Puoi anche iscriverti a questi commenti via RSS.

Sii gentile, rimani in argomento. Lo spam non sarà tollerato.

È possibile utilizzare questi tag:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito web supporta i Gravatar. Per ottenere il proprio globally-recognized-avatar, registra un account presso Gravatar.