La comunicazione politica all’epoca dei social, tra disintermediazione e orizzontalità
5 Ottobre 2023 – 17:07 | Nessun commento

E’ fenomeno orami consolidato, da almeno 10 anni a questa parte, il direttissmo comunicativo permesso ai soggetti politici dai social networks. Da questo punto di vista è possibile parlare di un fenomeno di mediatizzazione della politica o webpolitics, che garantisce una diffusione ad una platea straordinariamente più ampia del messaggio politico.La mobile revolution ha reso poi i social media straordinariamente piu’ diffusi e pervasivi, garantendo inoltre l’immediatezza del messaggio politico.In un metaverso che vede archiviata… Read more

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Diaz, omertà di Stato

Scritto da – 20 Aprile 2015 – 14:49Nessun commento

diazLa Corte europea dei diritti umani è stata chiara: “Alla Diaz vi fu tortura. I colpevoli restano impuniti, e l’Italia necessita di una legge adeguata per tale reato.” Naturalmente in un paese normale, questo creerebbe un gran scalpore. In sostanza, non solo la Polizia italiana non ha rispettato i diritti universali dell’uomo, ma l’intero paese è messo sotto accusa perché inerte dinanzi ai soprusi avvenuti in quei giorni, e perché vi è una mancanza sostanziale all’interno del diritto. Per l’Italia invece, che di normale ha ben poco, la cosa è quasi “scontata”. Tanto che oggi, i responsabili della mattanza di quei giorni, siedono dietro scrivanie di mogano, pagati profumatamente dallo stato italiano. Un nome su tutti? Giovanni De Gennaro. Capo della Polizia ai tempi del G8 di Genova, ed oggi confermato da Renzi a Presidente di Finmeccanica. Al Premier segue Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, che difende De Gennaro, affermando che l’ex capo di Polizia “Non può pagare per tutti.”
Devo dire che mi trovo pienamente d’accordo con Cantone; De Gennaro non può e non deve pagare per tutti. Questo perché TUTTI devono pagare per i loro crimini. Nessuno vuole capri espiatori. Ognuna delle personalità coinvolte nei fatti di quei giorni deve pagare per ciò che ha fatto. Ognuna, a seconda della propria responsabilità.
In realtà, come sempre accade in questo strano paese, nessuno paga. Vi è un’onda di indignazione da parte della classe politica; si promettono teste; si fanno interviste dure contro il sistema; si chiedono ordinanze parlamentari. Poi, passato un mese o due, la cosa scema, fino a tornare nel dimenticatoio. Altrimenti non si spiega perché i responsabili di quei giorni siano ancora tutti in libertà.

L’inchiesta sulla vicenda della Diaz dei Pm Enrico Zucca e Francesco Albini Cardona, ha individuato i responsabili. Eppure, ad oggi, nessuno di quei poliziotti o medici, è in carcere. E tutto ciò porta inevitabilmente ad una sfiducia da parte degli italiani nei confronti della Polizia e del potere in generale. Perché leggere frasi come ACAB (All Cops Are Bastard), è orribile. Ma è ancora peggio vedere cosa c’è dietro queste frasi. Se i responsabili pagassero per ciò che hanno fatto, la gente non proverebbe questo odio nei confronti della divisa. In realtà, accade tutto il contrario. Su 5 poliziotti, 4 fanno il loro lavoro onestamente. Ne sono certo. Il quinto però, se venisse condannato ed isolato dagli altri quattro, pagherebbe da solo per i suoi errori. Qui invece, la Polizia si chiude a riccio, difendendo la categoria a spada tratta. Accade così che si è “costretti” a generalizzare.

Il VII Nucleo della Celere che sfondò il cancello della scuola Armando Diaz, e fece irruzione per primo, si è macchiato di numerosi reati, che vanno dalla tortura all’abuso di potere. Gli 80 poliziotti che picchiarono senza logica i manifestanti all’interno della scuola, non solo non hanno pagato, ma sono stati difesi. L’omertà è tipica del sistema mafioso, eppure anche all’interno della Polizia sembra andare di moda. Così oggi ci ritroviamo uno di quegli 80 agenti, che non solo “confessa” ciò che fece quella sera, ma sottolinea che ripeterebbe ogni azione compiuta. Parliamo di Fabio Tortosa, che con un post su Facebook, ha voluto commentare così la sentenza della corte di Strasburgo: “Io sono uno degli 80 del VII nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte“. Il capo della Polizia Alessandro Pansa ha deciso di sospendere Tortosa dal servizio. E questo è ancora più assurdo; si sospende un poliziotto per un post su Facebook, e non per aver spaccato teste a degli innocenti. D’altronde, in quindici anni, Tortosa non ha mai pagato per quelle gesta di cui va così fiero. Così come non hanno pagato Vincenzo Canterini o Michelangelo Fournier, a capo della colonna romana che entrò alla Diaz. Il tutto, con le telecamere del Pertini che riprendevano l’irruzione. Naturalmente Tortosa non ha preso molto bene la decisione di Pansa, rincarando la dose con un commento anche su Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso durante il G8: “Carlo Giuliani fa schifo e fa schifo anche ai vermi sottoterra”. Insomma, un Baudelaire moderno, che non si capisce come non sia diventato capo della Polizia, visto i suoi exploit.

Negli ultimi giorni, Tortosa ha poi chiesto scusa per le frasi su Giuliani, rettificando le sue parole. Ha poi affermato che in realtà il VII Nucleo è entrato solo dopo che la mattanza era già avvenuta. Il problema è che le telecamere mostrano come siano stati loro i primi a fare irruzione. Quindi o i manifestanti si sono picchiati da soli, oppure esistono delle squadre della Polizia invisibili che si sono volatilizzate nel momento in cui Tortosa e compagni (forse meglio dire camerati), hanno fatto irruzione. La cosa, comunque, è meno assurda di quanto possa sembrare. Molte sono state le testimonianze secondo le quali, oltre la Celere romana, vi erano altri corpi speciali quella sera alla Diaz: Poliziotti in borghese, poliziotti con la pettorina “atlantica”, poliziotti del G.O.S., un gruppo speciale che nessuno ha mai saputo identificare. E’ tutto negli atti del processo.

In sunto, ad oggi, che fine hanno fatto i responsabili del massacro alla Diaz? Come abbiamo visto, De Gennaro è a capo di Finmeccanica, ma non è il solo ad aver fatto carriera. Francesco Gratteri, condannato dal tribunale per i fatti alla Diaz, negli anni è stato promosso a capo dell’antiterrorismo italiano, e poi è diventato questore a Bari. Spartaco Mortola dirigeva la Digos nei giorni del G8 di Genova e nel 2004 fu il primo poliziotto a essere condannato, ma intanto era diventato questore di Alessandria e poi questore vicario di Torino, ed attenzione: Dulcis in fundo, nel 2010 guidò le forze dell’ordine durante le manifestazioni NoTav in Val Susa. Probabilmente serviva una “mano” esperta. Giovanni Luperi invece era capo dell’Ucigos. Lavorò così bene durante quei giorni da esser promosso a capo del dipartimento analisi dell’Aisi, ovvero l’Agenzia informazioni e sicurezza interna. Filippo Ferri, era il capo della squadra mobile. Fu condannato quando era già a capo della sezione di Firenze. Dopo aver lasciato la divisa si dedicò a ben altra carriera: divenne il capo della sicurezza interna del Milan. Pietro Troiani fu colui che portò le molotov all’interno della scuola per accusare di terrorismo i manifestanti, e tra poco rientrerà in servizio (più molotov per tutti).

La lista è lunghissima. E c’è da dire come non comprenda solamente i poliziotti, ma anche i medici che a Bolzaneto non solo non curarono i manifestanti feriti, ma furono tra coloro che si divertirono a torturare gli uomini e le donne, facendoli girare nudi per i corridoi, urlandogli in faccia che “puzzavano come cani”, costringendoli a gridare “viva Hitler, viva il duce”. Per esempio, la dottoressa Zaccardi non solo ha mantenuto il posto, ma oggi da lezioni di diritti all’interno di alcune università genovesi; Giacomo Toccafondi invece è stato graziato dall’Ordine dei Medici e tra poco tornerà a lavorare.

Insomma, in questo bel paese, non solo non si paga per i propri crimini, ma si fa carriera. La regola è: più la fai grossa, più arrivi in alto. Se poi sei anche bravo a mantenere il silenzio, allora rischi davvero il colpaccio. Complimenti Stato italiano. Possiamo sempre contare su di te. Usate pure il sangue di quella sera per lavarvene le mani. Noi, comunque, non dimenticheremo mai.

Francesco Carta


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